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Food e finanza: l'abbinamento che fa gola

Quando il cibo diventa moneta

Se cercate un modo per far fruttare i vostri risparmi potrete trovare ispirazione direttamente nella vostra dispensa. Cresce, infatti, sempre più l'interesse per forme di investimento finanziario alternative a quelle classiche e legate al mondo del food.

Nasce così il "Parmesan Bond", un minibond garantito da forme di Parmigiano emesso a gennaio 2016 da 4 Madonne Caseificio dell' Emilia, una cooperativa modenese che produce 75mila forme l'anno del celebre formaggio coprendo quasi il 2% della produzione mondiale.Non si tratta di una inedita forma di ritorno all'economia del baratto, in cui lo scambio è bene su bene, al limite senza l'intermediazione del denaro, bensì di una modalità innovativa e molto efficiente di raccogliere denaro per il finanziamento di progetti di sviluppo da parte delle piccole e medie imprese. Riservata agli investitori professionali, l'obbligazione è legatanon tanto alla scadenza quanto, piuttosto, alla stagionatura, e, nel malaugurato caso di default dell'emittente, i possessori di bond si vedranno recapitare grosse forme di Parmigiano. Stavolta, per i sottoscrittori almeno il gusto sarà assicurato.

Invero, l'utilizzo del Parmigiano nella finanza non è una novità, visto che da anni Credem, l'istituto bancario più radicato nel territorio emiliano, concede aperture di credito in conto corrente ai clienti dietro garanzie molto reali, quali pegni non solo sul formaggio, ma anche sul Prosciutto di Parma, altro precedente illustre, custodendone forme nei propri caveau, tra l'altro, spesso presi di mira da bande di ladri gourmet con il fiuto degli affari (e non solo).

Ma è senza dubbio l'investimento nel settore vinicolo ad attirare di più, risultando il 160% più redditizio rispetto a quello nel settore finanziario, secondo quanto emerge da un'analisi di Mediobanca commissionata da Ornellaia e che ha coinvolto anche Censis e Liv-ex.

Si può investire nel vino comprando le etichette più pregiate, oppure acquistando azioni dei produttori quotati nel mondo. A livello mondiale - sottolinea la ricerca di Mediobanca - un euro investito in vino nel 2001 è cresciuto a 5,4 euro a inizio 2016. Lo stesso investimento su tutte le borse mondiali si sarebbe invece tradotto in un capitale finale di 1,6 euro. Ma soprattutto, dai minimi di fine 2008, il medesimo euro allocato in un portafoglio di titoli vinicoli sarebbe cresciuto fino a 3,4 euro rispetto ai 2-2,5 euro fruttati dalle Borse mondiali. A cosa si deve questa incredibile redditività? Sempre secondo l`ufficio studi di Mediobanca, nell'ultimo decennio (2005-2015), le esportazioni di vino italiano sono cresciute in quantità (+23%), ma soprattutto in valore (+84,3%). Nel medesimo periodo, il valore delle esportazioni nette della manifattura italiana è cresciuto del 67%. Ciò significa che le esportazioni di vino italiano hanno superato quelle di prodotti del manifatturiero di oltre 17 punti.

Si passa invece a vere e proprie speculazioni finanziarie con i futures agricoli, particolari strumenti finanziari coi quali si stabilisce oggi a quale prezzo comprare domani un certo bene alimentare. Questo tipo di contratti serve a garantire in anticipo un prezzo di vendita o di acquisto della merce, mettendosi al riparo da eventuali aumenti o crolli improvvisi legati all'instabilità dei raccolti. Di per sé, quindi, si tratta di uno strumento con una funzione assicurativa sia per chi vende che per chi acquista - il cosiddetto hedging. Nascono come strumenti per governare il mercato e rendere più sicuri gli operatori riducendo, appunto, la volatilità, ma la quasi totalità dei futures oggi è negoziata tra operatori, quali banche e fondi pensioni, che non hanno interesse diretto in campo agricolo: non interessa quanto costeranno i beni in una determinata data, ma solo quanti soldi è possibile guadagnarci scommettendo. Inoltre, lo scambio reale il più delle volte non avviene neppure: i contraenti stracciano i contratti prima della scadenza, scambiandosi la differenza tra prezzo indicato nel future e prezzo corrente. I futures diventano così delle vere e proprie scommesse che gli operatori usano per tentare guadagni finanziari con i capitali messi a disposizione dai risparmiatori. L'effetto è che come nei mercati finanziari salgono e scendono repentinamente i prezzi dei futures, analogamente salgono e scendono i prezzi del prodotto reale penalizzando chi al mercato ci va per davvero, ovvero piccoli contadini e popolazioni povere, dal Corno d'Africa all'America latina.

Contro la speculazione sulle derrate alimentari, considerata tra le cause principali delle impennate di prezzi agricoli che più volte, anche in anni recenti, hanno messo in ginocchio le popolazioni più povere, in Svizzera, storico centro di scambi finanziari, è stata promossa un'iniziativa referendaria. Benché l'iniziativa non abbia trovato scampo tra l'elettorato che il 28 febbraio scorso si è espresso bocciando la proposta con un 59,9% di no, il 40,1% dei sì può considerarsi un buon risultato per un testo che rimetteva in questione dei principi del libero mercato e un incoraggiamento a proseguire la riflessione sul ruolo della finanza nelle fluttuazioni del valore delle materie prime agricole.
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