Food Reporter
Allergeni nel piatto: segnalazione obbligatoria per pubblici esercizi
Informazione puntuale a disposizione dei clienti
mercoledì 17 febbraio 2016
È dal 13 dicembre 2014, con l'entrata in vigore del Regolamento UE 1169/2011, che le informazioni relative agli allergeni devono essere disponibili ai consumatori anche per le attività di somministrazione ma pochi esercenti sembrano essersene avveduti. Qualche ristorante ha scelto di inserire nell'ultima pagina dei propri menù l'elenco completo di tutti gli allergeni elencati nel Regolamento, altri hanno appeso all'ingresso del locale l'indicazione di rivolgersi al personale, altri ancora non hanno fatto assolutamente nulla, contando nella loro buona stella ma, soprattutto, nella carenza cronica di personale delle Autorità preposte ai controlli.
La questione non è da sottovalutare. La stima approssimativa dell'allergia alimentare è collocabile al 3% nella popolazione generale in Italia, con una prevalenza più elevata nei primi anni di vita, epoca nella quale l'incidenza viene stimata tra il 6 e l'8% nei primi 2 anni, mentre tende a diminuire con l'età. Non è una percentuale alta? Forse, ma con le allergie alimentari non si scherza: mangiare un prodotto al quale siamo allergici può portare a reazioni anche gravi come lo shock anafilattico che, se non viene trattato in tempi rapidi, può portare alla morte. Per un soggetto a rischio una cena al ristorante non è un momento di svago come per gli altri, c'è sempre un pizzico di preoccupazione. Ne sa qualcosa lo schermidore Aldo Montano che è finito all'ospedale per aver mangiato un banalissimo piatto di zucchine che conteneva un'impercettibile traccia di formaggio. Casi come questo accadono ogni giorno.
Certo, per i pubblici esercenti le prescrizioni europee rappresentano una novità cui non è semplice adeguarsi perché impone una adeguata formazione del personale e un minimo di programmazione e organizzazione, ma in loro soccorso è intervenuto il Ministero della Salute dettando indicazioni chiare e uniformi a livello nazionale, in stretta linearità con lo schema di linee guida a sua volta predisposto dalla Commissione europea.
La platea dei soggetti sui cui grava l'obbligo è piuttosto ampia. Non solo i pubblici esercenti ma chiunque venda o somministri alimenti, in qualsivoglia contesto, deve informare i consumatori in merito alla presenza, anche solo eventuale, di ingredienti allergenici.
Le sostanze che devono essere indicate nei menu (o in altre forme) sono solo 14: cereali che contengono glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10mg per chilo o per litro, lupini e molluschi.
La scelta circa la modalità da utilizzare è rimessa alla discrezionalità dell'operatore che sceglierà la soluzione più idonea a seconda della propria organizzazione e dimensione aziendale. Tali informazioni possono essere riportate sui menù, su appositi registri o cartelli o ancora su altro sistema equivalente, anche tecnologico, da tenere bene in vista, così da consentire al consumatore di accedervi facilmente e liberamente. È bene, però, precisare che nel caso in cui si utilizzino sistemi elettronici di tipo applicazioni per smartphone, codice a barre, codice QR etc., questi non possono essere predisposti quali unici strumenti per riportare le dovute informazioni, in quanto non facilmente accessibili a tutta la popolazione e dunque non sufficientemente idonei allo scopo.
L'obbligo sarà considerato assolto anche nei casi in cui l'operatore del settore alimentare si limiti ad indicare per iscritto, in maniera chiara ed in luogo ben visibile, una dicitura del tipo: "le informazioni circa la presenza di sostanze o di prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio", oppure,"per qualsiasi informazioni su sostanze e allergeni è possibile consultare l'apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio".
È comunque necessario che, in ciascuna delle ipotesi sopra menzionate, le informazioni dovute risultino da idonea documentazione scritta, facilmente reperibile sia per l'autorità competente sia per il consumatore finale, di cui il personale avrà preventivamente preso visione e conoscenza con contestuale approvazione per iscritto.
E' invece da ritenere definitivamente fuori legge il cartello unico degli ingredienti, perché si tratta di un'indicazione generalizzata e perciò non idonea a esprimere la pericolosità di ciascun alimento per i consumatori vulnerabili a talune sostanze.Le informazioni devono venire puntualmente riferite a ogni piatto o prodotto, e devono riportare, se del caso, attraverso la formula "può contenere", un'indicazione esatta degli ingredienti allergenici di cui trattasi, vale a dire "grano" e non "cereali contenenti glutine","noci" anziché "frutta con guscio".
In pratica ogni piatto deve essere accompagnato da una sorta di bugiardino, come per i farmaci. Una importante conquista per la tutela del consumatore e della salute pubblica. Un obbligo in più per l'operatore di settore che dovrà affrettarsi a mettersi in regola. Almeno per non incorrere in sanzioni, se proprio il discorso della salute del consumatore non gli sta a cuore.
La questione non è da sottovalutare. La stima approssimativa dell'allergia alimentare è collocabile al 3% nella popolazione generale in Italia, con una prevalenza più elevata nei primi anni di vita, epoca nella quale l'incidenza viene stimata tra il 6 e l'8% nei primi 2 anni, mentre tende a diminuire con l'età. Non è una percentuale alta? Forse, ma con le allergie alimentari non si scherza: mangiare un prodotto al quale siamo allergici può portare a reazioni anche gravi come lo shock anafilattico che, se non viene trattato in tempi rapidi, può portare alla morte. Per un soggetto a rischio una cena al ristorante non è un momento di svago come per gli altri, c'è sempre un pizzico di preoccupazione. Ne sa qualcosa lo schermidore Aldo Montano che è finito all'ospedale per aver mangiato un banalissimo piatto di zucchine che conteneva un'impercettibile traccia di formaggio. Casi come questo accadono ogni giorno.
Certo, per i pubblici esercenti le prescrizioni europee rappresentano una novità cui non è semplice adeguarsi perché impone una adeguata formazione del personale e un minimo di programmazione e organizzazione, ma in loro soccorso è intervenuto il Ministero della Salute dettando indicazioni chiare e uniformi a livello nazionale, in stretta linearità con lo schema di linee guida a sua volta predisposto dalla Commissione europea.
La platea dei soggetti sui cui grava l'obbligo è piuttosto ampia. Non solo i pubblici esercenti ma chiunque venda o somministri alimenti, in qualsivoglia contesto, deve informare i consumatori in merito alla presenza, anche solo eventuale, di ingredienti allergenici.
Le sostanze che devono essere indicate nei menu (o in altre forme) sono solo 14: cereali che contengono glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa e solfiti in concentrazioni superiori a 10mg per chilo o per litro, lupini e molluschi.
La scelta circa la modalità da utilizzare è rimessa alla discrezionalità dell'operatore che sceglierà la soluzione più idonea a seconda della propria organizzazione e dimensione aziendale. Tali informazioni possono essere riportate sui menù, su appositi registri o cartelli o ancora su altro sistema equivalente, anche tecnologico, da tenere bene in vista, così da consentire al consumatore di accedervi facilmente e liberamente. È bene, però, precisare che nel caso in cui si utilizzino sistemi elettronici di tipo applicazioni per smartphone, codice a barre, codice QR etc., questi non possono essere predisposti quali unici strumenti per riportare le dovute informazioni, in quanto non facilmente accessibili a tutta la popolazione e dunque non sufficientemente idonei allo scopo.
L'obbligo sarà considerato assolto anche nei casi in cui l'operatore del settore alimentare si limiti ad indicare per iscritto, in maniera chiara ed in luogo ben visibile, una dicitura del tipo: "le informazioni circa la presenza di sostanze o di prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio", oppure,"per qualsiasi informazioni su sostanze e allergeni è possibile consultare l'apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio".
È comunque necessario che, in ciascuna delle ipotesi sopra menzionate, le informazioni dovute risultino da idonea documentazione scritta, facilmente reperibile sia per l'autorità competente sia per il consumatore finale, di cui il personale avrà preventivamente preso visione e conoscenza con contestuale approvazione per iscritto.
E' invece da ritenere definitivamente fuori legge il cartello unico degli ingredienti, perché si tratta di un'indicazione generalizzata e perciò non idonea a esprimere la pericolosità di ciascun alimento per i consumatori vulnerabili a talune sostanze.Le informazioni devono venire puntualmente riferite a ogni piatto o prodotto, e devono riportare, se del caso, attraverso la formula "può contenere", un'indicazione esatta degli ingredienti allergenici di cui trattasi, vale a dire "grano" e non "cereali contenenti glutine","noci" anziché "frutta con guscio".
In pratica ogni piatto deve essere accompagnato da una sorta di bugiardino, come per i farmaci. Una importante conquista per la tutela del consumatore e della salute pubblica. Un obbligo in più per l'operatore di settore che dovrà affrettarsi a mettersi in regola. Almeno per non incorrere in sanzioni, se proprio il discorso della salute del consumatore non gli sta a cuore.