Biologica-Mente
Il batterio spazzino
Ecco chi aiuta a ripulire il mare inquinato
venerdì 21 giugno 2013
11.49
Nei nostri mari esistono degli spazzini naturali. È ciò che emerge dallo studio di un gruppo di ricerca internazionale guidato da Renato Fani, professore associato di Genetica presso l'Università di Firenze, in collaborazione con l'Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Milano. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Research in Microbiology.
Il batterio in questione, il cui nome scientifico è Acinetobacter venetianus VE-C3, vanta illustri natali italiani poiché è stato scoperto e descritto per la prima volta nella laguna di Venezia nel 1996 (Di Cello e al.), dove è stata individuata anche la sua straordinaria capacità di vivere in acque molto inquinate. Questo perché è in grado di metabolizzare e quindi nutrirsi degli idrocarburi presenti in questo tipo di acque. Gli idrocarburi non sono altro che composti organici composti soltanto da carbonio e idrogeno. Questa classe di composti sono i principali costituenti di comuni sostanze come petrolio, benzene, bitume, asfalto, diesel e a cui appartengono comuni gas per esempio metano, propano e butano.
La particolarità dello studio sta nel fatto che adesso si è riusciti, grazie a modernissime tecniche di sequenziamento del DNA (quelle del famoso "Next Generation Sequencing"), ad individuare la sequenza precisa del genoma di questo batterio, senza avere nessun tipo di informazione genetica precedente a riguardo. «Lo studio del genoma di Acinetobacter venetianus VE-C3 - spiega Marco Fondi, ricercatore dell'Università di Firenze - fornisce importanti informazioni sui meccanismi messi in atto dai batteri per adattarsi al particolare ambiente biologico in cui vivono; permette di comprendere i meccanismi alla base del metabolismo degli alcani e dell'adesione dei batteri alle gocce di idrocarburi e di resistenza ai metalli pesanti». Il batterio è risultato essere geneticamente molto differente da altri tipi di batteri appartenenti alla specie Acinetobacter e spesso causa di infezioni per l'uomo.
Queste preziose informazioni ricavate dal DNA potranno essere utilizzate per sfruttare questo tipo di microrganismo e per l'invenzione di nuove tecnologie al fine di ripulire acque inquinate e contaminate per esempio da petrolio, attraverso il cosiddetto bio-risanamento.
Il batterio in questione, il cui nome scientifico è Acinetobacter venetianus VE-C3, vanta illustri natali italiani poiché è stato scoperto e descritto per la prima volta nella laguna di Venezia nel 1996 (Di Cello e al.), dove è stata individuata anche la sua straordinaria capacità di vivere in acque molto inquinate. Questo perché è in grado di metabolizzare e quindi nutrirsi degli idrocarburi presenti in questo tipo di acque. Gli idrocarburi non sono altro che composti organici composti soltanto da carbonio e idrogeno. Questa classe di composti sono i principali costituenti di comuni sostanze come petrolio, benzene, bitume, asfalto, diesel e a cui appartengono comuni gas per esempio metano, propano e butano.
La particolarità dello studio sta nel fatto che adesso si è riusciti, grazie a modernissime tecniche di sequenziamento del DNA (quelle del famoso "Next Generation Sequencing"), ad individuare la sequenza precisa del genoma di questo batterio, senza avere nessun tipo di informazione genetica precedente a riguardo. «Lo studio del genoma di Acinetobacter venetianus VE-C3 - spiega Marco Fondi, ricercatore dell'Università di Firenze - fornisce importanti informazioni sui meccanismi messi in atto dai batteri per adattarsi al particolare ambiente biologico in cui vivono; permette di comprendere i meccanismi alla base del metabolismo degli alcani e dell'adesione dei batteri alle gocce di idrocarburi e di resistenza ai metalli pesanti». Il batterio è risultato essere geneticamente molto differente da altri tipi di batteri appartenenti alla specie Acinetobacter e spesso causa di infezioni per l'uomo.
Queste preziose informazioni ricavate dal DNA potranno essere utilizzate per sfruttare questo tipo di microrganismo e per l'invenzione di nuove tecnologie al fine di ripulire acque inquinate e contaminate per esempio da petrolio, attraverso il cosiddetto bio-risanamento.