Belle quattro parole
Voglio fare io?
La cortesia degli andriesi
domenica 31 marzo 2013
11.42
L'andriese gentile è una persona molto generosa, si prodiga continuamente in favori e soccorsi al momento opportuno, proponendosi: «Voglio andare io?» «voglio fare io?». Chi ascoltasse potrebbe pensare ad un amletico colloquio con se stessi, invece queste domande sono sempre poste ad un interlocutore vivo e vegeto e il favore non lo fanno alla grammatica.
Il verbo volere è un verbo servile il che non significa che serva sempre, ma che serve ossia che accompagna altri verbi (se non usato con valore assoluto) per indicare la determinazione a fare qualche cosa: voglio andare, voglio passare, voglio mangiare e così via. Nelle domande su citate il verbo volere non ha questo significato ma invita l'interlocutore ad esprimere il suo volere, pertanto è più corretto che si usi il congiuntivo: «Vuoi che lo faccia io?» o «vuoi che ci vada io?».
Un dettaglio: i verbi servili richiedono come ausiliare quello del verbo all'infinito che li segue, in soldoni non diremo "ha voluto andare" ma "è voluto andare".
In una città in cui vige la legge del più forte, l'arroganza è vista come un merito e si è tronfi della propria ineducazione perché riluttanti al confronto, tuttavia la gentilezza resta sempre un gran valore con o senza la grammatica.
Il verbo volere è un verbo servile il che non significa che serva sempre, ma che serve ossia che accompagna altri verbi (se non usato con valore assoluto) per indicare la determinazione a fare qualche cosa: voglio andare, voglio passare, voglio mangiare e così via. Nelle domande su citate il verbo volere non ha questo significato ma invita l'interlocutore ad esprimere il suo volere, pertanto è più corretto che si usi il congiuntivo: «Vuoi che lo faccia io?» o «vuoi che ci vada io?».
Un dettaglio: i verbi servili richiedono come ausiliare quello del verbo all'infinito che li segue, in soldoni non diremo "ha voluto andare" ma "è voluto andare".
In una città in cui vige la legge del più forte, l'arroganza è vista come un merito e si è tronfi della propria ineducazione perché riluttanti al confronto, tuttavia la gentilezza resta sempre un gran valore con o senza la grammatica.