Belle quattro parole
Passare la notte in bianco
Il colore dell'insonnia
domenica 16 marzo 2014
9.17
Nel presepe vivente della notte si muovono coloro che hanno in quelle ore un turno di lavoro, aleggiano le preoccupazioni di chi un lavoro non ce l'ha più, risuonano le urla di un litigio, le rughe increspano il viso crucciato di qualche innamorato respinto o deluso, si diffonde il calore di coloro ai quali non basta una giornata per amarsi, si vedono sfrecciare automobili che traboccano di giovani ebbri di vita notturna, le strade sono imperlate di brina e profumano di cornetto e caffè, la luce dietro i vetri descrive le ombre degli studenti troppo ansiosi o di quelli troppo impreparati, dei malati in ospedale, delle mamme che cullano i bimbi e degli insonni.
C'è un modo di dire che accomuna tutti i personaggi di questo presepe nell'esito della loro storia: passare la notte in bianco. I primi a trascorrere così le ore più buie della giornata furono i cavalieri medievali. Il cavaliere o milites era colui che aveva la capacità, sia tecnica che economica, di combattere a cavallo, al servizio di un nobile locale cui prometteva fedeltà e appunto aiuto militare.
L'educazione per divenire cavalieri richiedeva un lungo e duro tirocinio. I rampolli non primogeniti di nobili casate che non volevano intraprendere una carriera ecclesiastica, erano mandati come paggi all'età di sette o otto anni, nelle dimore di altri signori per imparare a stare in società e a cavalcare. Quando raggiungeva i quattordici anni, il futuro cavaliere diveniva scudiero di un altro e già affermato cavaliere. Imparava in questo modo l'arte della guerra, ad accudire il cavallo e a custodire l'equipaggiamento militare del suo signore (non a caso il compito iniziale era quello di portare lo scudo del cavaliere, da qui il nome scudiero). Accompagnava il cavaliere in battaglia, aiutandolo a indossare l'armatura e soccorrendolo quando era in difficoltà. Alla fine di questo tirocinio, intorno ai ventuno anni, riceveva la sospirata investitura a cavaliere che avveniva con una solenne cerimonia.
A questo momento risale l'origine del nostro modo di dire: la sera prima dell'investitura il futuro cavaliere veniva lavato e rasato. Vestito con una tunica bianca (simbolo di purezza), un manto rosso (emblema del sangue che era disposto a versare in nome di Dio) e una cotta nera (che rappresentava la Morte di cui non doveva aver timore), veniva condotto in una cappella, dove avrebbe trascorso la notte sveglio e pregando. Terminata la veglia notturna, il giovane indossava i suoi abiti migliori per recarsi nella sala più importante della dimora del signore, oppure nella principale chiesa del posto, dove lo attendevano il sacerdote, il feudatario stesso e i parenti per la cerimonia che lo avrebbe consacrato cavaliere
dopo il giuramento di fedeltà al signore, la vestizione e la consegna della spada.
A partire dal Medioevo il bianco della tunica del cavaliere è dunque rimasto il colore delle notti insonni.
C'è un modo di dire che accomuna tutti i personaggi di questo presepe nell'esito della loro storia: passare la notte in bianco. I primi a trascorrere così le ore più buie della giornata furono i cavalieri medievali. Il cavaliere o milites era colui che aveva la capacità, sia tecnica che economica, di combattere a cavallo, al servizio di un nobile locale cui prometteva fedeltà e appunto aiuto militare.
L'educazione per divenire cavalieri richiedeva un lungo e duro tirocinio. I rampolli non primogeniti di nobili casate che non volevano intraprendere una carriera ecclesiastica, erano mandati come paggi all'età di sette o otto anni, nelle dimore di altri signori per imparare a stare in società e a cavalcare. Quando raggiungeva i quattordici anni, il futuro cavaliere diveniva scudiero di un altro e già affermato cavaliere. Imparava in questo modo l'arte della guerra, ad accudire il cavallo e a custodire l'equipaggiamento militare del suo signore (non a caso il compito iniziale era quello di portare lo scudo del cavaliere, da qui il nome scudiero). Accompagnava il cavaliere in battaglia, aiutandolo a indossare l'armatura e soccorrendolo quando era in difficoltà. Alla fine di questo tirocinio, intorno ai ventuno anni, riceveva la sospirata investitura a cavaliere che avveniva con una solenne cerimonia.
A questo momento risale l'origine del nostro modo di dire: la sera prima dell'investitura il futuro cavaliere veniva lavato e rasato. Vestito con una tunica bianca (simbolo di purezza), un manto rosso (emblema del sangue che era disposto a versare in nome di Dio) e una cotta nera (che rappresentava la Morte di cui non doveva aver timore), veniva condotto in una cappella, dove avrebbe trascorso la notte sveglio e pregando. Terminata la veglia notturna, il giovane indossava i suoi abiti migliori per recarsi nella sala più importante della dimora del signore, oppure nella principale chiesa del posto, dove lo attendevano il sacerdote, il feudatario stesso e i parenti per la cerimonia che lo avrebbe consacrato cavaliere
dopo il giuramento di fedeltà al signore, la vestizione e la consegna della spada.
A partire dal Medioevo il bianco della tunica del cavaliere è dunque rimasto il colore delle notti insonni.