Belle quattro parole
Lo strano caso di lei e voi
Come rivolgersi agli altri
domenica 20 gennaio 2013
7.15
Riprendiamo oggi il tema trattato la scorsa settimana a proposito del rispetto che si può dimostrare attraverso i saluti, parlando dei pronomi allocutivi, cioè delle parole con cui ci rivolgiamo agli altri: il lei, il voi, il tu.
Oggi si assiste ad un uso dilagante e disarmante del tu rivolto a chicchessia; quel tu che individua un interlocutore familiare, con cui si ha un rapporto confidenziale o alla pari.
Gli antichi Romani davano a tutti del tu, gli imperatori del I secolo d.C. iniziarono ad utilizzare il voi per gli altri, il noi (maestatico) per se stessi. L'uso del voi per rivolgersi ad un anziano, ad una persona cui si riconosceva una superiorità morale o di grado restò in auge fino al 1400 circa, venendo poi integrato dal pronome lei per l'influenza sulla lingua italiana della dominazione spagnola, cosicché nella lingua italiana si ebbe un sistema tripartito tu/voi/ lei. Nel 1938 il segretario del partito fascista Starace in onore alle consuetudini dell'impero romano emanò un "Foglio d'ordini" che imponeva l'uso esclusivo del voi, motivo per cui dopo la Liberazione tale pronome di cortesia venne messo al bando.
L'Italia, anche da questo punto di vista, resta ancora oggi divisa tra il nord del lei ed il sud del voi, considerato quest'ultimo ormai tipico di parlate locali o eccessivamente reverenziali; tuttavia si assiste a pressioni volte al ritorno dell'uso del voi (sul modello della lingua francese ed inglese che usano i pronomi tu e voi a seconda dell'interlocutore) poiché lo si ritiene meno indaginoso del lei. Senza entrare nel merito di tali discussioni di linguistica, si può dire che l'uso del giusto pronome di cortesia nel rivolgersi agli altri segna una distanza sociale che non è giusto abbattere arbitrariamente, perché è più facile: dare del lei o del voi ad una persona più anziana, o che si conosce poco, o che ha una carica importante non è un mero esercizio di grammatica, vuol dire riconoscere e rispettare l'esperienza, il sapere, il ruolo proprio e degli altri.
Oggi si assiste ad un uso dilagante e disarmante del tu rivolto a chicchessia; quel tu che individua un interlocutore familiare, con cui si ha un rapporto confidenziale o alla pari.
Gli antichi Romani davano a tutti del tu, gli imperatori del I secolo d.C. iniziarono ad utilizzare il voi per gli altri, il noi (maestatico) per se stessi. L'uso del voi per rivolgersi ad un anziano, ad una persona cui si riconosceva una superiorità morale o di grado restò in auge fino al 1400 circa, venendo poi integrato dal pronome lei per l'influenza sulla lingua italiana della dominazione spagnola, cosicché nella lingua italiana si ebbe un sistema tripartito tu/voi/ lei. Nel 1938 il segretario del partito fascista Starace in onore alle consuetudini dell'impero romano emanò un "Foglio d'ordini" che imponeva l'uso esclusivo del voi, motivo per cui dopo la Liberazione tale pronome di cortesia venne messo al bando.
L'Italia, anche da questo punto di vista, resta ancora oggi divisa tra il nord del lei ed il sud del voi, considerato quest'ultimo ormai tipico di parlate locali o eccessivamente reverenziali; tuttavia si assiste a pressioni volte al ritorno dell'uso del voi (sul modello della lingua francese ed inglese che usano i pronomi tu e voi a seconda dell'interlocutore) poiché lo si ritiene meno indaginoso del lei. Senza entrare nel merito di tali discussioni di linguistica, si può dire che l'uso del giusto pronome di cortesia nel rivolgersi agli altri segna una distanza sociale che non è giusto abbattere arbitrariamente, perché è più facile: dare del lei o del voi ad una persona più anziana, o che si conosce poco, o che ha una carica importante non è un mero esercizio di grammatica, vuol dire riconoscere e rispettare l'esperienza, il sapere, il ruolo proprio e degli altri.