Belle quattro parole
Il nostro latinorum
Modi di dire
domenica 7 luglio 2013
14.42
«Si piglia gioco di me? Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?» risponde Renzo a Don Abbondio nei Promessi Sposi. Il prete gli ha appena sciorinato un elenco in latino di impedimenti che causerebbero il rinvio del matrimonio con Lucia. Il giovane non comprende una lingua che crede usata per confondere ed imbrogliare un uomo umile come lui. Il latino oggi non è compreso più da molti, non solo dagli umili, ed è ritenuto invece una lingua morta che gli stessi addetti del mondo della scuola vorrebbero sparisse dai programmi di studio.
Nel linguaggio corrente, tuttavia, piace a tante persone utilizzare locuzioni latine tramandate nei secoli, talvolta però pronunciandole in modo sbagliato oppure scrivendole in forma errata. Riportiamo le più ricorrenti, tutti le conosceranno, ma come dicevano i latini: repetita iuvant. Esclamando per uno scampato pericolo o un problema risolto diremo Deo Gratias, per i titoli accademici concessi per meriti speciali useremo ad honorem o honoris causa, mai ad honoris causa; una tantum significa una volta soltanto e non una volta ogni tanto; pecunia non olet è un'espressione che riguarda gli amanti del denaro per i quali esso non puzza mai nemmeno se è di provenienza ambigua; candida è omnia munda mundis, tutte le cose sono pure per i puri; un incitamento a non perdersi d'animo è per aspera ad astra (attraverso le asperità si arriva alle stelle) perché la strada che porta al successo è irta di difficoltà; mutatis mutandis, ossia cambiato ciò che bisogna cambiare la situazione rimane tale e quale, così obtorto collo, cioè controvoglia, ci tocca andare avanti. Ogni giorno c'è un casus belli, un pretesto per fare la guerra, così ci aiutiamo con il do ut des, ti do affinché tu mi dia, insomma uno scambio di favori, così per stare tranquilli. Errare humanum est, perseverare diabolicum e se prendiamo le cattive notizie cum grano salis, non alla lettera cioè, ci ritroveremo ad maiora, ossia a raggiungere risultati sempre migliori.
L'espressione più discussa resta condicio sine qua non, come vogliono i puristi e non conditio sine qua non (pure attestata a partire dal Medioevo), per indicare il vincolo, la condizione necessaria perché qualcosa accada; occupare lo stesso posto nella classifica di una gara, vuol dire essersi piazzati a pari merito cioè ex aequo (e non ex equo che vuol dire dal cavallo).
Nel linguaggio corrente, tuttavia, piace a tante persone utilizzare locuzioni latine tramandate nei secoli, talvolta però pronunciandole in modo sbagliato oppure scrivendole in forma errata. Riportiamo le più ricorrenti, tutti le conosceranno, ma come dicevano i latini: repetita iuvant. Esclamando per uno scampato pericolo o un problema risolto diremo Deo Gratias, per i titoli accademici concessi per meriti speciali useremo ad honorem o honoris causa, mai ad honoris causa; una tantum significa una volta soltanto e non una volta ogni tanto; pecunia non olet è un'espressione che riguarda gli amanti del denaro per i quali esso non puzza mai nemmeno se è di provenienza ambigua; candida è omnia munda mundis, tutte le cose sono pure per i puri; un incitamento a non perdersi d'animo è per aspera ad astra (attraverso le asperità si arriva alle stelle) perché la strada che porta al successo è irta di difficoltà; mutatis mutandis, ossia cambiato ciò che bisogna cambiare la situazione rimane tale e quale, così obtorto collo, cioè controvoglia, ci tocca andare avanti. Ogni giorno c'è un casus belli, un pretesto per fare la guerra, così ci aiutiamo con il do ut des, ti do affinché tu mi dia, insomma uno scambio di favori, così per stare tranquilli. Errare humanum est, perseverare diabolicum e se prendiamo le cattive notizie cum grano salis, non alla lettera cioè, ci ritroveremo ad maiora, ossia a raggiungere risultati sempre migliori.
L'espressione più discussa resta condicio sine qua non, come vogliono i puristi e non conditio sine qua non (pure attestata a partire dal Medioevo), per indicare il vincolo, la condizione necessaria perché qualcosa accada; occupare lo stesso posto nella classifica di una gara, vuol dire essersi piazzati a pari merito cioè ex aequo (e non ex equo che vuol dire dal cavallo).