Belle quattro parole
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Le persone non cambiano
domenica 23 febbraio 2014
L'espressione «il lupo perde il pelo ma non il vizio» che ben si adattava come morale alla favola de Il lupo e il pastore del precedente numero, per la prima volta compare nel capitolo sedicesimo della Vita dei Cesari dello storico latino del I secolo d.C. Svetonio.
In questo capitolo si parla dell'imperatore Vespasiano e dell'unico difetto a lui imputabile: l'avidità. Vespasiano speculava comprando merci all'ingrosso per rivenderle più care al dettaglio, intascava denaro per conferire le magistrature ai candidati e le grazie agli accusati, utilizzava gli agenti del tesoro più rapaci per farli arricchire e subito dopo arrestarli, come fossero spugne che da secche si imbibiscono e da piene d'acqua si strizzano. A causa di questa sua estrema avidità venne accusato da un bovaro che lo aveva pregato, ottenendo il suo diniego, di concedergli la libertà a titolo gratuito di essere «una volpe che cambia il pelo, ma non il vizio» (la versione di Svetonio riporta «vulpem pilum mutare, non mores» riferendosi cioè ai costumi, alle abitudini più radicate).
Nel Medioevo questo proverbio è stato ripreso diventando però «lupus pilum mutat, non mentem» (l'indole), cambiando il protagonista, è stato poi tramandato in varie lingue e variato ancora; oggi, infatti, in spagnolo ed in inglese «il lupo perde i denti e non il vizio».
In questo capitolo si parla dell'imperatore Vespasiano e dell'unico difetto a lui imputabile: l'avidità. Vespasiano speculava comprando merci all'ingrosso per rivenderle più care al dettaglio, intascava denaro per conferire le magistrature ai candidati e le grazie agli accusati, utilizzava gli agenti del tesoro più rapaci per farli arricchire e subito dopo arrestarli, come fossero spugne che da secche si imbibiscono e da piene d'acqua si strizzano. A causa di questa sua estrema avidità venne accusato da un bovaro che lo aveva pregato, ottenendo il suo diniego, di concedergli la libertà a titolo gratuito di essere «una volpe che cambia il pelo, ma non il vizio» (la versione di Svetonio riporta «vulpem pilum mutare, non mores» riferendosi cioè ai costumi, alle abitudini più radicate).
Nel Medioevo questo proverbio è stato ripreso diventando però «lupus pilum mutat, non mentem» (l'indole), cambiando il protagonista, è stato poi tramandato in varie lingue e variato ancora; oggi, infatti, in spagnolo ed in inglese «il lupo perde i denti e non il vizio».