Belle quattro parole
Avere la coda di paglia
Una favola e una battaglia
domenica 30 marzo 2014
La nascondiamo, l'attorcigliamo, la camuffiamo, ce la scordiamo: è la coda di paglia che copre i nostri piccoli e grandi segreti. Avere la coda di paglia vuol dire non avere la coscienza tranquilla, temere che qualcosa di cui ci vergogniamo salti fuori, vivere un senso di colpa per qualcosa che si è commesso e di cui non si va fieri.
Una favola di Esopo racconta di una volpe che incappa in una tagliola; l'arnese le recide la coda e con essa tutta la bellezza. La volpe, vergognandosi terribilmente per la perdita subita, rimedia con una coda posticcia fatta di paglia. La voce della «volpe con la coda di paglia» giunge attraverso un gallo ai contadini, i quali iniziano ad accendere fuochi presso i pollai in modo che la volpe non possa più minacciare le loro galline, per paura che la coda prenda fuoco e il suo segreto venga svelato.
Un'altra spiegazione più recente di questo modo di dire fa riferimento alla pratica medievale di umiliare gli sconfitti o i condannati attaccando loro una coda di paglia con la quale dovevano sfilare per la città a rischio che qualcuno gliela incendiasse come gesto di ulteriore scherno (un episodio specifico è quello che riguarda i pavesi cacciati dalla loro città con delle code di paglia attaccate in fondo alla schiena dopo essere stati sconfitti dai milanesi nel Trecento). Portare una coda di paglia simboleggiava aver perso lo status di uomo ed essere degradati a quello di animale.
Il giudizio su chi ha la coda di paglia è negativo, condanna la mancata trasparenza; in realtà una volta lette sia la favola che la storia della battaglia (visto che non siamo milanesi) mi è venuta fuori una sorta di solidarietà nei confronti dei protagonisti che questa coda di paglia sono costretti a portarsela dietro. Ai moralisti l'ardua sentenza, gli altri stiano ben attenti ai galli!
Una favola di Esopo racconta di una volpe che incappa in una tagliola; l'arnese le recide la coda e con essa tutta la bellezza. La volpe, vergognandosi terribilmente per la perdita subita, rimedia con una coda posticcia fatta di paglia. La voce della «volpe con la coda di paglia» giunge attraverso un gallo ai contadini, i quali iniziano ad accendere fuochi presso i pollai in modo che la volpe non possa più minacciare le loro galline, per paura che la coda prenda fuoco e il suo segreto venga svelato.
Un'altra spiegazione più recente di questo modo di dire fa riferimento alla pratica medievale di umiliare gli sconfitti o i condannati attaccando loro una coda di paglia con la quale dovevano sfilare per la città a rischio che qualcuno gliela incendiasse come gesto di ulteriore scherno (un episodio specifico è quello che riguarda i pavesi cacciati dalla loro città con delle code di paglia attaccate in fondo alla schiena dopo essere stati sconfitti dai milanesi nel Trecento). Portare una coda di paglia simboleggiava aver perso lo status di uomo ed essere degradati a quello di animale.
Il giudizio su chi ha la coda di paglia è negativo, condanna la mancata trasparenza; in realtà una volta lette sia la favola che la storia della battaglia (visto che non siamo milanesi) mi è venuta fuori una sorta di solidarietà nei confronti dei protagonisti che questa coda di paglia sono costretti a portarsela dietro. Ai moralisti l'ardua sentenza, gli altri stiano ben attenti ai galli!