Bambini per crescere
Di calcio non si parla
Un assist di classe
sabato 28 giugno 2014
Succede, a volte, che una strana concomitanza di eventi ci costringe a qualcosa che avevamo a lungo rimandato.
Sarà stato l'amaro sapore della sconfitta della Nazionale. Sarà stata l'espressione sorpresa di un bambino di quattro anni che, alla mia domanda «Sei di Andria?», ha risposto con una disarmante sicurezza «No, io sono dell'Italia!». Forse perché da tempo sto ipotizzando e progettando un lavoro "di squadra". O forse perché rimango sempre affascinata e incuriosita da quelle persone che mi chiedono uno sforzo di concentrazione perché sono certa che mi lasceranno il segno. Sarà per tutti questi motivi che ho iniziato a leggere Di calcio non si parla di Francesca Serafini, edito da Bompiani. Un libro che non parla espressamente dell'infanzia, ma che è molto legato ad essa, in quanto racconta la passione per uno sport attraverso le immagini e le emozioni che, ancora oggi, eguagliano l'intensità di quelle vissute da bambini. Infatti, se grazie all'incipit, vi incuriosirete subito, proprio perché contiene dei riferimenti all'infanzia dell'autrice, potrà succedere che, nel capitolo successivo, siate tentati ad abbandonare il libro. Vi troverete dinnanzi ad un corposo rimando ad avvenimenti storici e calcistici, citazioni, nomi, luoghi, punteggiatura ostica ma del tutto inedita. L'autrice chiede «un altro sforzo di concentrazione» ritenendo si debba «diffidare di chi non ve ne chiede nessuno». Non mollate! Sarete ripagati.
Una lettura emozionante, colta, piena di punti di vista interessanti: una strepitosa riflessione sull'uso del gergo calcistico nella politica; un'analisi densa e concisa della passione per la maglia; un'esaltazione del calcio come celebrazione della vita e come forma della grande narrazione di tutti i tempi. E se tutta questa maestria non vi bastasse, ne dubito, leggete il capitolo finale. In base ad una teoria, da me condivisa, secondo cui un testo non è altro che una porta per entrare nella dimensione di un altro ancora, l'autrice ci trasmette tutto il suo entusiasmo di lettrice attraverso una serie di preziosi consigli bibliografici e cinematografici.
Di calcio non si parla è un'emozionante partita che si conclude con la vittoria dell'autrice e del suo editore e con la sconfitta di chi non è in grado di fare scelte coraggiose e di tutta quella narrativa che, non chiedendo sforzi di concentrazione, spara contro ogni fiducia possibile nei confronti della nostra curiosità e capacità di comprensione.
Impossibile non fare il tifo per questo libro.
Sarà stato l'amaro sapore della sconfitta della Nazionale. Sarà stata l'espressione sorpresa di un bambino di quattro anni che, alla mia domanda «Sei di Andria?», ha risposto con una disarmante sicurezza «No, io sono dell'Italia!». Forse perché da tempo sto ipotizzando e progettando un lavoro "di squadra". O forse perché rimango sempre affascinata e incuriosita da quelle persone che mi chiedono uno sforzo di concentrazione perché sono certa che mi lasceranno il segno. Sarà per tutti questi motivi che ho iniziato a leggere Di calcio non si parla di Francesca Serafini, edito da Bompiani. Un libro che non parla espressamente dell'infanzia, ma che è molto legato ad essa, in quanto racconta la passione per uno sport attraverso le immagini e le emozioni che, ancora oggi, eguagliano l'intensità di quelle vissute da bambini. Infatti, se grazie all'incipit, vi incuriosirete subito, proprio perché contiene dei riferimenti all'infanzia dell'autrice, potrà succedere che, nel capitolo successivo, siate tentati ad abbandonare il libro. Vi troverete dinnanzi ad un corposo rimando ad avvenimenti storici e calcistici, citazioni, nomi, luoghi, punteggiatura ostica ma del tutto inedita. L'autrice chiede «un altro sforzo di concentrazione» ritenendo si debba «diffidare di chi non ve ne chiede nessuno». Non mollate! Sarete ripagati.
Una lettura emozionante, colta, piena di punti di vista interessanti: una strepitosa riflessione sull'uso del gergo calcistico nella politica; un'analisi densa e concisa della passione per la maglia; un'esaltazione del calcio come celebrazione della vita e come forma della grande narrazione di tutti i tempi. E se tutta questa maestria non vi bastasse, ne dubito, leggete il capitolo finale. In base ad una teoria, da me condivisa, secondo cui un testo non è altro che una porta per entrare nella dimensione di un altro ancora, l'autrice ci trasmette tutto il suo entusiasmo di lettrice attraverso una serie di preziosi consigli bibliografici e cinematografici.
Di calcio non si parla è un'emozionante partita che si conclude con la vittoria dell'autrice e del suo editore e con la sconfitta di chi non è in grado di fare scelte coraggiose e di tutta quella narrativa che, non chiedendo sforzi di concentrazione, spara contro ogni fiducia possibile nei confronti della nostra curiosità e capacità di comprensione.
Impossibile non fare il tifo per questo libro.