Cronaca
Zone Franche Urbane: una storia lunga sette anni
Andria è uno dei 44 comuni d'Italia a rientrare nel decreto attuativo del 19 marzo scorso. Le ZFU, in forma leggermente diversa, furono già previste nel 2006
Andria - sabato 1 giugno 2013
9.43
E' uno dei tanti paradossi italiani: un'idea che stava ben funzionando in Francia, una legge approvata e messa a disposizione delle città italiane, uno strumento utile a far ripartire gli investimenti in zone più svantaggiate, delle agevolazioni fiscali semplicissime per rilanciare l'economia. Si parla di Zona Franca Urbana o ZFU che spesso in Città, ad Andria, è tornata di attualità con i vari cambi di Governo centrale. La scelta fu dell'allora Governo Prodi che inserì l'attuazione delle ZFU nella Finanziaria del 2007 con decreto legge del 2006. Andria partecipò alla realizzazione progettuale e fu uno dei 22 comuni italiani a conquistarsi il diritto di poter divenire Zona Franca Urbana. Parte del centro storico e tutta l'area comprensiva dei quartieri di "Camaggio" e "San Valentino" per una popolazione interessata di circa 20mila cittadini, avrebbero potuto contare sulla possibilità di importanti agevolazioni fiscali nel caso di nuovi insediamenti di attività commerciali. Risollevare quel pezzo di città attirando investimenti anche da altre località per rendere beneficio a tutta la comunità cittadina.
Alla base del progetto proprio questo obiettivo. Ma la storia, si sa, non è mai stata lineare. Ed allora cambio di Governo e blocco dei decreti attuativi, passaggi sempre più lenti sino alla ipotizzata cancellazione del provvedimento per questioni meramente campanilistiche tra nord e sud Italia. Ma il 18 ottobre 2012 il Governo Monti riprende in mano la ZFU e con decreto legge riprogrammò le agevolazioni fiscali immaginate da quel provvedimento prevedendo, a favore delle piccole e micro imprese localizzate nelle Regioni Convergenza (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia), l'esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell'Irap, dell'IMU e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente. Ma cosa è accaduto? Sono mancati i decreti attuativi ancora una volta e pur avendo aumentato le città alle quali concedere le agevolazioni il provvedimento è rimasto lettera morta sino al 19 marzo scorso quando un decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico ha tracciato con più concretezza regole e luoghi.
In Puglia sono Andria, Lecce, Taranto, Barletta, Foggia, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, San Teramo in Colle i comuni interessati dalle agevolazioni fiscali (Nel 2008 furono solo Andria, Lecce e Taranto). Il decreto ha previsto che possano accedere alle agevolazioni fiscali le micro e piccole imprese a patto che siano state già costituite prima dell'istanza e siano attive all'interno della zona franca designata. Non devono essere in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali. La piccola impresa deve avere almeno un dipendente che svolga a tempo pieno o parziale in loco (cioè nella zona franca) la totalità delle ore lavorate. La stessa impresa deve dimostrare inoltre di realizzare nella ZFU almeno un quarto del volume d'affari complessivo. Gli incentivi e le agevolazioni, nonché le modalità e i termini delle agevolazioni saranno concesse secondo il regime "de minimis", con tetto cioè fissato a 200 mila euro.
Ma qual è il nuovo stop? Ora manca la copertura finanziaria del provvedimento. I finanziamenti dovevano esser recuperati dalla riprogrammazione dei Fondi Europei del periodo 2007-2013 in via di scadenza e dalla terza fase della riprogrammazione del Piano di azione e coesione che ha già liberato a fine 2012 ben 377 milioni di euro. Ma ad ora tutto tace ed il rischio è che ancora una volta si perda l'opportunità di tracciare uno strumento utilizzato in diverse parti d'Europa dopo l'esperimento francese, e che ha già dato risultati molto positivi.
Alla base del progetto proprio questo obiettivo. Ma la storia, si sa, non è mai stata lineare. Ed allora cambio di Governo e blocco dei decreti attuativi, passaggi sempre più lenti sino alla ipotizzata cancellazione del provvedimento per questioni meramente campanilistiche tra nord e sud Italia. Ma il 18 ottobre 2012 il Governo Monti riprende in mano la ZFU e con decreto legge riprogrammò le agevolazioni fiscali immaginate da quel provvedimento prevedendo, a favore delle piccole e micro imprese localizzate nelle Regioni Convergenza (Puglia, Campania, Calabria e Sicilia), l'esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell'Irap, dell'IMU e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente. Ma cosa è accaduto? Sono mancati i decreti attuativi ancora una volta e pur avendo aumentato le città alle quali concedere le agevolazioni il provvedimento è rimasto lettera morta sino al 19 marzo scorso quando un decreto attuativo del Ministero dello Sviluppo Economico ha tracciato con più concretezza regole e luoghi.
In Puglia sono Andria, Lecce, Taranto, Barletta, Foggia, Lucera, Manduria, Manfredonia, Molfetta, San Severo, San Teramo in Colle i comuni interessati dalle agevolazioni fiscali (Nel 2008 furono solo Andria, Lecce e Taranto). Il decreto ha previsto che possano accedere alle agevolazioni fiscali le micro e piccole imprese a patto che siano state già costituite prima dell'istanza e siano attive all'interno della zona franca designata. Non devono essere in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali. La piccola impresa deve avere almeno un dipendente che svolga a tempo pieno o parziale in loco (cioè nella zona franca) la totalità delle ore lavorate. La stessa impresa deve dimostrare inoltre di realizzare nella ZFU almeno un quarto del volume d'affari complessivo. Gli incentivi e le agevolazioni, nonché le modalità e i termini delle agevolazioni saranno concesse secondo il regime "de minimis", con tetto cioè fissato a 200 mila euro.
Ma qual è il nuovo stop? Ora manca la copertura finanziaria del provvedimento. I finanziamenti dovevano esser recuperati dalla riprogrammazione dei Fondi Europei del periodo 2007-2013 in via di scadenza e dalla terza fase della riprogrammazione del Piano di azione e coesione che ha già liberato a fine 2012 ben 377 milioni di euro. Ma ad ora tutto tace ed il rischio è che ancora una volta si perda l'opportunità di tracciare uno strumento utilizzato in diverse parti d'Europa dopo l'esperimento francese, e che ha già dato risultati molto positivi.