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Via Crucis: la Chiesa in uscita che "medita" su Dante e Che Guevara

Nella processione del Venerdì Santo un contributo laico. Don Ettore: "Crediamo nel dialogo con tutti"

Ad Andria, come è accaduto in Vaticano per volere di Papa Francesco, la processione dei misteri del Venerdì Santo è stata accompagnata da meditazioni "laiche". A Roma sono state scritte da un gruppo di giovani studenti, da noi la "sfida" è stata affidata ad un professionista, un uomo, un marito ed un padre impegnato nel sociale.

Tutto è nato da un incontro casuale avvenuto alcuni mesi fa tra don Ettore Lestingi, a capo dell'Ufficio liturgico della Diocesi, e Filippo Galentino, il presidente di Vite in Ballo onlus, l'associazione che ha portato avanti diversi progetti in favore della casa di accoglienza "Santa Maria Goretti". In quella occasione don Ettore ha avuto modo di ascoltare alcune riflessioni di un "non addetto ai lavori", uno, per così dire, "non del mestiere", ed è così che ha deciso di lanciargli questa "sfida": scrivere le meditazioni per la Via Crucis. Filippo l'ha colta.

"Ho accettato questa 'sfida' - spiega Galentino - perché avevo una grande opportunità: evidenziare la Via Crucis, la Passione che tante persone ancora oggi affrontano e che spesso vengono ignorate proprio dagli stessi fedeli che seguono, affranti, la Via Crucis di Gesù Cristo. Il mio punto di vista, per quanto laico, non credo si discosti da quello strettamente cristiano: riconoscere Gesù Cristo nel volto di ogni uomo".

"Era un'idea che avevo in mente da un po' di tempo e che ho potuto concretizzare da quando ricopro questo incarico all'Ufficio liturgico", ci racconta don Ettore.

I due così hanno cominciato a lavorare in tempi, per così dire, non sospetti; solo dopo, infatti, si è diffusa la notizia che il Papa avrebbe affidato le riflessioni sulle stazioni della Via Crucis in Vaticano a quattordici studenti. Tra i temi scelti ad Andria quello della giustizia, dell'empatia, citando alcune parole di Ernesto Che Guevara "Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo" ed ancora quello del dolore "cantato" anche da Dante nel Paradiso. Trova spazio nelle meditazioni il concetto dell'umiliazione, ricordando la storia di un uomo di cinquant'anni di Andria con problemi psichici che viene legato ad un albero con del nastro adesivo e deriso sui social.

"Nulla di eclatante - conclude don Ettore - è stata una scelta dettata dal fatto che credo nel dialogo con tutti, una maniera per ricondurre il trascendente all'umano". Un mezzo per non restare chiusi in un recinto ma per "dare voce all'uomo" nell'ottica della "Chiesa in uscita" pensata proprio da Papa Francesco.

Riportiamo il testo integrale delle meditazioni della Via Crucis per chiunque volesse continuare a riflettere.


"Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv. 12,32)


Prima Stazione: Gesù è condannato a morte.
Tutto il popolo disse: «Il Suo Sangue ricada sopra noi e sopra i nostri figli!». Allora Pilato liberò Barabba e consegnò Gesù ai soldati perché fosse crocifisso (Mt. 27, 25-26).

IL CAPRO ESPIATORIO E LA GIUSTIZIA
Trovare un capro espiatorio, questo è l'esercizio più diffuso quando è smarrita ogni virtù, personale e sociale. E Gesù Cristo è letteralmente capro espiatorio, agnello sacrificale, immolato dai suoi simili, una vittima sacrificata a se stessa. La folla cerca sempre un colpevole per autoassolversi, a prescindere dalla giustezza dell'accusa. Compito di chi ha un ruolo di guida (il politico, il genitore, il parroco, l'insegnante) è di agire con giustizia, non di assecondare la volontà della massa. "Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti", disse Martin Luther King: tutte le volte che non ci sporcheremo le mani nei meandri difficoltosi della giustizia, avremo permesso al male di avere il sopravvento.


Seconda Stazione: Gesù è caricato della Croce
Presero dunque Gesù e lo condussero via. Ed Egli, portando la Croce, uscì verso il luogo chiamato Calvario, in ebraico Golgota (Gv. 19,16-17).

L'INIQUITÀ E LA CROCE
Il bullismo tra i ragazzi, il mobbing sul lavoro, l'arroganza di chi è più forte, la violenza che pretende d'essere strumento di giustizia: il peso dell'iniquità ricade sui più deboli, in ogni angolo del mondo e della storia. Chi sa di agire nel bene, non ha paura di farsi carico di questo peso né di portare quello di altri, che siano o meno colpevoli. Così, quello che era un simbolo di infamia, diventa simbolo del Cristianesimo. Una linea orizzontale, terrena, umana, egualitaria. Una linea verticale, divina, che dalla terra punta all'alto, che si eleva verso il cielo.


Terza Stazione: La prima caduta.
Il Signore fece ricadere su di Lui l'iniquità di noi tutti ed Egli ha portato il peccato della moltitudine (Isaia 15, 6 e 12).

L'EMPATIA
Chi si carica oggi di questo peso? Chi lo fa per amore, per legame con l'uomo, e non per tornaconto personale? Il peccato del mondo è l'iniquità e ci si adopera per contrastarla solo quando è a proprio sfavore. Ernesto Che Guevara, rivolgendosi ai propri figli, disse loro: "Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo."

Quarta Stazione: Gesù incontra sua Madre.
Guardate e vedete se c'è un dolore simile al mio! (Lam. 1, 12).

IL DOLORE
Il dolore di tutte le vittime di ingiustizie, il dolore di una madre che vede soffrire e morire il proprio figlio, il dolore di un bambino privato dell'affetto, della presenza, dell'amore di un suo genitore. Ognuno vede ciò che conosce, ovvero riconosce. Riconoscere il dolore altrui è impresa ardua quando non lo si è provato.
"Tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura" (Dante, Paradiso – Canto XXXIII)
Maria può riconoscere il dolore di Cristo, perché di quel dolore è Figlia e di quel dolore è Madre.

Quinta Stazione: Gesù aiutato da Simone di Cirene.
Nell'uscire trovarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e i soldati lo costrinsero a portare la Croce di Lui (Mt. 27, 1-32).

L'ASCOLTO E IL DONO
La richiesta di aiuto di un amico, di un parente, ma anche di un estraneo, spesso è silenziosa, discreta, timida. Siamo capaci di udire questo richiamo? E dopo, siamo capaci di predisporci all'ascolto? L'ascolto non è una funzione passiva, bensì un dono, un atto "verso" qualcuno.
Donare il proprio sangue o decidere di donare i propri organi alla fine della vita, ancora oggi, è segno di massima condivisione con l'umanità: doniamo senza ricevere nulla in cambio, doniamo senza conoscere il destinatario. Un atto d'amore che potrebbe anche essere inconsapevolmente rivolto a chi magari avversiamo. Simone non chiede chi sia il condannato, non chiede quale sia la sua colpa, non giudica, non prende parte. Simone è un uomo che aiuta un uomo.

Sesta Stazione: La Veronica asciuga il Volto di Gesù.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori, familiare con il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia (Isaia, 53, 2-3).

LA DIGNITÀ
Veronica è una donna che non ha paura del diverso, sfida l'autorità, rischiando la vita. Una donna che non può aiutare, fisicamente, quell'uomo, così come aveva fatto Simone, ma che gli restituisce dignità e ne consola il dolore.
Spesso distogliamo lo sguardo dalla sofferenza altrui, dal mendicante, dall'ammalato, da chi fugge dalla propria terra, ma anche da chi soffre per proprie colpe. La paura e la codardia permettono il gioco dei mandanti di ingiustizia.

Settima Stazione: La seconda caduta.
Io sono prostrato nella polvere; dammi vita secondo la tua parola! (Sal 118, 25).

LA SOLITUDINE E LA POLVERE
Destino comune degli "ultimi" e dei grandi uomini è quello di restare soli, di essere emarginati. L'onnipotente diventa più terreno che mai, cadendo nella polvere.
Sporchi di polvere sono i volti dei bambini in guerra, sporche di polvere sono le mani della vittima del caporalato, polvere rossa letale ricopre il quartiere Tamburi a Taranto, polvere da sparo è nelle mani delle baby gang nelle periferie dimenticate delle città, polvere bianca altera le menti di generazioni che rifuggono la realtà, nella polvere annegano esausti i corpi dei migranti che attraversano a piedi il deserto, nella polvere strisciano i corpi ridotti a pelle e ossa del Terzo e del Quarto Mondo.

Ottava Stazione: Gesù incontra le pie donne.
Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltatosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma su voi stesse e sui vostri figli» (Lc. 23, 2729)

LE DONNE E LA PACE
Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre del 2017, migliaia di donne, israeliane e palestinesi, del movimento Women Wage Peace (Le donne portano la pace), hanno marciato da Sderot fino a Gerusalemme per quindici giorni, attraversando le terre di Israele e della Cisgiordania, per chiedere la pace tra i due popoli in eterno conflitto. Donne che hanno pianto e piangevano ancora la morte dei loro figli, dei loro mariti, dei loro fratelli, dei loro genitori. Tra queste donne c'era Michal Frouman, madre di famiglia che vive nella colonia di Tekoa, in Cisgiordania, accoltellata da un palestinese mentre era incinta del suo quinto figlio, nel gennaio 2016. A conclusione della marcia Michal ha affermato di voler continuare a credere nella pace: «In quanto donna credente, io dico che non credere nella pace significa non credere in Dio».

Nona Stazione: La terza caduta.
Gesù Cristo, pur essendo di natura divina umiliò se stesso, rendendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce: per questo Dio lo ha esaltato (Fil. 21 5-9).

L'UMILTÀ E LA TERRA
Ecco la grande rivoluzione del messaggio cristiano: Dio si rende vulnerabile, non è più solo l'Onnipotente. Gesù Cristo rovescia i valori e rovesciando i potenti, innalza gli umili.
La parola latina humus è radice comune dei termini umiltà e uomo, ovvero di ciò che è legato alla terra, così come Cristo in questo momento. L'umiltà è tra le più grandi virtù dell'uomo, in particolar modo dell'uomo potente. Il politico senta il bisogno dell'ultimo dei cittadini, il padrone della fabbrica avverta il dramma dell'operaio che perde il lavoro, la chiesa dei palazzi senta il gelo dell'uomo che dorme per strada, il padre ascolti i bisogni del figlio più debole, il leader si mescoli tra la folla affinché questa segua il suo esempio, non il suo comando.

Decima Stazione: Gesù spogliato delle vesti.
Io sono un verme e non un uomo, infamia degli uomini e rifiuto del mio popolo. Quelli che mi vedono mi scherniscono, mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte (Sal 21).

L'UMILIAZIONE E L'HANDICAP
Settembre 2015, Andria: un uomo di cinquant'anni con problemi psichici viene legato ad un albero con del nastro adesivo. Viene burlato, umiliato, fotografato ed esposto al pubblico ludibrio sui social network.
Il grado di civiltà di una società si misura con l'attenzione che riserva nei confronti dei più deboli. L'ambizione di svolgere un lavoro, la libertà di usufruire del progresso, l'opportunità di potersi confrontare con la vita allo stesso livello degli altri, la salvaguardia della propria intimità e dei propri sentimenti, sono condizioni imprescindibili per smettere di considerare alcuni uomini, donne e bambini dei "diversi".

Undecima Stazione: Gesù è inchiodato alla Croce.
E giunsero al luogo detto Golgota, che tradotto significa luogo del teschio. Gli offersero del vino con mirra, ma Egli non ne prese. Poi lo crocifissero. Era l'ora terza quando lo crocifissero. Gesù diceva. «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!» (Mc. 15, 22-25; Lc. 23, 34).

IL PERDONO
Il perdono è un atto di coraggio, sublime soluzione contro il male. Interroghiamoci quando chiediamo giustizia, che sia a Dio, che sia alla legge, che sia a noi stessi: stiamo chiedendo giustizia o stiamo chiedendo vendetta? Finché non abbandoneremo i sentimenti di vendetta, nel mondo non cesseranno i conflitti, nel lavoro continueranno le dispute, tra amici si alimenteranno i litigi, in famiglia aumenteranno i rancori. "Occhio per occhio rende il mondo cieco", disse Mahatma Gandhi. La soluzione sociale sia la giustizia, la soluzione personale e intima sia il perdono.


Dodicesima Stazione: Gesù muore in Croce.
Era verso mezzogiorno quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!». E, detto questo, spirò (Lc. 23, 45-46).

LA FIDUCIA E LA PAURA DELLA MORTE
Mi fido di te, padre, e a te mi affido. Mi fido di te madre, di te fratello, di te amico, di te politico, di te sacerdote, di te insegnante e a voi mi affido. Di fronte ad ogni paura (e quella della morte è la paura più grande), i bambini si affidano a qualcuno. Tradire la loro fiducia significa abbandonarli alla paura, renderli scettici e diffidenti, a loro volta inaffidabili. Significa creare una società sempre più egoistica, in cui nessuno potrà contare su nessuno.

Tredicesima Stazione: Gesù è deposto dalla Croce.
Uno dei soldati gli trafisse il costato con la lancia: e subito ne uscì sangue e acqua... Poi Giuseppe d' Arimatea, comprato un lenzuolo, calò Gesù dalla Croce (Gv. 19, 34; Mc. 15, 46).

L'UGUAGLIANZA
Di fronte alla morte siamo tutti uguali. Questo è il senso che dovremmo dare anche alla vita. Ogni differenza, di stato sociale, di colore della pelle, di cultura, di religione, si annulla di fronte alla nostra comune appartenenza ad un'unica razza, quella umana. Siamo tutti fatti di sangue e di acqua, elementi essenziali per la vita. Ogni uomo è un'esistenza e ogni esistenza ha lo stesso identico valore.

Quattordicesima Stazione: Gesù è sepolto.
Giuseppe d'Arimatea, avvolse Gesù nel lenzuolo e lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro (Mc. 15,46).

LA VITA
Come il seme sotterrato germoglia e dà i suoi frutti, così il Sepolcro diviene grembo della Vita.
Una madre che porta in grembo un figlio non è solo "in attesa" di una vita, ma nel trascorrere dei mesi la alimenta e la prepara all'esistenza terrena. Così noi, nell'attesa della Pasqua di Risurrezione, non poniamoci solo in attesa, ma
alimentiamo la nuova vita in cui crediamo. Che sia il riscatto da un'ingiustizia, il raggiungimento di un obiettivo, il sogno di un mondo migliore o di una vita personale migliore, facciamo sì che non sia solo attesa, ma rendiamoci partecipi e fautori di questa rinascita.
  • Diocesi di Andria
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