Via Montefaraone: deceduto un 56enne senegalese in una tenda
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Vita di città

Tendopoli Monte Faraone, Don Geremia: «Tanta disinformazione e incompetenza»

Il responsabile di Casa Accoglienza invita a mettere in atto soluzioni concrete

Il responsabile di Casa Accoglienza, Don Geremia Acri, è intervenuto sulla questione inerente la tendopoli di via Monte Faraone, ammonendo fortemente chi con voci poco costruttive e confusionarie non è riuscito a trovare soluzioni concrete, ma creato solo tanta disinformazione.

«Suscita sentimenti di stupore e incredulità constatare la centralità, della vicenda relativa alla tendopoli di via Monte Faraone, nell'agenda di tanti attivisti, o pseudo tali, della città dell'olio. Risulta opportuno fornire a questi ultimi, e a quanti fossero realmente interessati alla vicenda, gli strumenti necessari per coglierne il merito, senza alcun tipo di moto propagandistico. E' perentorio quindi riportare la questione nell'alveo luminoso della verità. La tendopoli di Via Monte Faraone sorge nel lontano 2008: anno durante il quale un gruppo di uomini e donne, di diverse nazionalità, occupavano sine titulo terreni ubicati a ridosso dell'arteria stradale, meglio conosciuta come ex SS. 98. A tutto questo si aggiungono anche "riflessioni" fuori posto da parte di personaggi disinformati e incompetenti, che mettono in palcoscenico tutto il loro sapere zotico fortemente privo di contezza. La vicenda, è approdata più volte in importanti e autorevoli assise le quali, evitando di intraprendere la strada solo apparentemente agevole della propaganda, hanno cercato di individuare soluzioni pragmatiche atte a porre un virtuoso argine agli effetti nefasti derivanti da una situazione fortemente emergenziale. Spiace constatare che in questo scenario, improntato appunto sulla ricerca di soluzioni concrete, irrompano voci poco costruttive e anzi portatrici sane di confusione; quest'ultima generata, solo ed esclusivamente, da una disinformazione totale e a tratti imbarazzante. Questa presenza costante riguarda una centinaia di persone, molte delle quali titolari di protezione internazionale rilasciati dalle competenti autorità, provenienti, prevalentemente, dal Ghana; dal Sudan; dal Senegal e dalla Nigeria, altri invece dal Maghreb (Marocco-Tunisia-Algeria) e giunte, nel territorio andriese, per serrare le fila dei lavoratori stagionali - assunti a nero, non da loro connazionali, bensì da imprenditori andriesi che andrebbero pesantemente sanzionati per questa attività illegale e di sfruttamento, da impiegare principalmente nell'attività di raccolta delle olive. Risulta, altresì, importante rammentare che tanti "ospiti" della tendopoli ricevono aiuti da singoli cittadini e varie organizzazioni e associazioni offrendo cibo, vestiti, coperte, controlli sanitari e così via. Molti quindi sono sul campo tutti i giorni cercando, concretamente, di porre rimedio alle lacune umanitarie provocate da una presenza , poco costante, degli enti pubblici. Del resto, pensare che questi migranti spariscano dall'oggi al domani è semplicemente assurdo e ridicolo.Questo è il frutto di una mancanza di strategia e di progettualità a livello europeo e nazionale e uno scollamento tra i poteri politici (Governo, Regioni, Comuni) e i servizi dello Stato che dovrebbero essere erogati a livello locale. Certo ognuno cerca di fare il suo "pezzettino" di dovere, la Prefettura monitora la situazione, le forze dell'ordine cercano di garantire la sicurezza e preservare l'ordine pubblico (a dir il vero in collaborazione con un ente presente sul territorio: i volontari di Casa Accoglienza "S. M. Goretti" e dell'Ufficio per le Migrazioni della Diocesi di Andria e con altre associazioni umanitarie) e preservare l'ordine pubblico, il Comune, come tanti comuni italiani privi di risorse e spazi idonei è impossibilitato a mettere in campo ed in atto soluzioni idonee. Che fare? Bisogna saper pensare in modo concreto, agire in modo concreto non delegando ad altri o a chi è presente sul territorio per altri motivi o peggio ancora mistificando la realtà e addossando la responsabilità a chi non ne ha. La civile convivenza è solidarietà, è ri-dare ad ogni persona dignità e i propri diritti e doveri. Che società costruiamo se neghiamo tutto ciò? Dinanzi all'indifferenza e al primato della burocrazia sulla ragione e sull'umanità come possiamo dire che l'Italia è migliore di altri Paesi, dove quotidianamente sono schiacciati i minimi diritti civili?»
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