Cronaca
Strage di Parigi, Rossana e Leonardo: «Terrore e paura»
Le testimonianze di lavoratori e studenti andriesi all'ombra della Torre Eiffel
Andria - sabato 14 novembre 2015
11.53
«Io ero rientrata da lavoro e dovevo uscire poi ho deciso di restare sul sofà a guardare un documentario e ad un tratto verso le 22.10 circa ho sentito l'elicottero seguito dalle sirene di vigili del fuoco, polizia e ho subito capito che stava succedendo qualcosa di grave». Inizia così la testimonianza di Rossana, giovane lavoratrice andriese che opera proprio nella città di Parigi e che ieri sera ha vissuto in prima persona quanto accaduto: «Alle 22.30 un amico ci ha allarmato con un sms - prosegue nel racconto ancora scosso Rossana - Subito chiamate ai familiari ed amici, Tg che cominciava a diffondere notizie, ma non si capiva bene cosa stesse succedendo. Prima due "Fusillades" (sparatoie) una in un ristorante "Le Petit Cambodge" e l'altra fuori dallo "Stade de France". Poi kamikaze che sparavano a vista per strada e due che si sono fatti esplodere. Subito dopo terza "Fusillade" a Bataclan con morti. Caos totale e si capiva benissimo che erano attentati terroristici». Poi il racconto prosegue: «Avevo sentito poco prima Francesco, un mio amico giornalista, e sapevo che era in quella zona per una rimpatriata con amici. Così panico anche perchè nessuno rispondeva ne alle chiamate ne agli sms. Mentre loro pensavano a rifugiarsi in palazzi e case di sconosciuti di là "portouvert" (porte aperte x la gente che scappava). Quando hanno dato la notizia che stavano ammazzando ad uno ad uno gli ostaggi abbiamo solo pregato che non ci fossero ulteriori morti che la polizia riuscisse a neutralizzare gli attentatori. In teatro solo violenza! Il concerto a Bataclan era iniziato da 45 minuti quindi la sala era piena e i due terroristi erano vestiti normalmente quando tra la folla hanno iniziato a sparare con i kalashnikov». Poi il social che ha giocato un ruolo importantissimo in questa vicenda: «Facebook - prosegue Rossana - si è subito attivato con un applicazione chiedendo a tutte le persone (che nel loro stato hanno città attuale Parigi) se stavano bene. Questa è stata una bellissima iniziativa perchè di venerdì sera tutti sono fuori ed una notizia del genere sconvolge tutti». Stamane la situazione resta di massima allerta: «I francesi sono per strada soprattutto negli ospedali stamattina per le donazioni. I francesi non restano a casa rinchiusi questo è sicuro! I francesi aprono le proprie case a sconosciuti e scendono in strada. Ma qui c'è tanta agitazione e paura questo senza dubbio».
Anche Leonardo, giovanissimo studente andriese, si trova a Pairigi in questo momento all'interno di un collegio: «Non siamo ancora riusciti a realizzare bene cosa sia successo e che cosa sta ancora accadendo. Svegliarsi così non è bello. Aprendo la finestra ti accorgi di un silenzio molto strano, irreale. Non siamo ovviamente ancora tornati alla normalità: la metro, i RER, i bus ed i tram funzionano a singhiozzo ma nessuno si sogna di avventurarsi per strada in quella che oggi è una città fantasma, ferita nel profondo, ancora sporca di sangue. L'abbiamo vissuta davvero molto male. Mai e ripeto mai prima d'ora ciò che si vede in tv è entrato così forte e prepotentemente nelle nostre giornate, nella nostra vita. Abbiamo passato la notte tutti vicini di fronte alla tv ascoltando il telegiornale e le parole di Hollande. Fuori l'inferno. Prima uno. Due. Tre. Quattro. Non li contavamo più. Vedevamo solo la mappa di Parigi arricchirsi di puntini rossi. Alcuni amici bloccati in locali in Rue Mouffetarde: impossibile uscire e tornare a casa. Altri bloccati non si sa dove. Telefoni che squillavano all'impazzata, genitori e amici ansiosi di capire come stavamo, dove stavamo, cosa stava succedendo. L'hashtag "#portesouvertes" correva veloce. Alcuni amici che erano qui per cena son rimasti con noi per la notte. Poi le notizie rassicuranti degli amici che tornavano a casa». Ma la sensazione è quella che non sia finita: «Si dice sia finita ma la paura è ancora tanta - ha detto Leonardo stamane - Non si son sentiti spari o bombe qui, solo sirene e sirene, il cielo sopra Parigi era ed è ancora pieno di aerei ed elicotteri. "Tutto bloccato, frontiere chiuse" ci dicono. Siamo in stato di guerra e siamo proprio nell'occhio del ciclone. Siamo qui tutti insieme: tutti i colori, tutte le razze, tutte le religioni, tutti abbracciati. Tutti condanniamo unanimemente quello che è successo. Non si deve morire così in nome di nessun ideale al mondo. Ce la caveremo, siamo vivi, fortunatamente non eravamo in nessuno di quei luoghi al momento degli attentati ma, ovviamente, sono luoghi che frequentiamo tutti i giorni, è casa nostra. Una notte difficile, che non dimenticheremo facilmente».
Anche Leonardo, giovanissimo studente andriese, si trova a Pairigi in questo momento all'interno di un collegio: «Non siamo ancora riusciti a realizzare bene cosa sia successo e che cosa sta ancora accadendo. Svegliarsi così non è bello. Aprendo la finestra ti accorgi di un silenzio molto strano, irreale. Non siamo ovviamente ancora tornati alla normalità: la metro, i RER, i bus ed i tram funzionano a singhiozzo ma nessuno si sogna di avventurarsi per strada in quella che oggi è una città fantasma, ferita nel profondo, ancora sporca di sangue. L'abbiamo vissuta davvero molto male. Mai e ripeto mai prima d'ora ciò che si vede in tv è entrato così forte e prepotentemente nelle nostre giornate, nella nostra vita. Abbiamo passato la notte tutti vicini di fronte alla tv ascoltando il telegiornale e le parole di Hollande. Fuori l'inferno. Prima uno. Due. Tre. Quattro. Non li contavamo più. Vedevamo solo la mappa di Parigi arricchirsi di puntini rossi. Alcuni amici bloccati in locali in Rue Mouffetarde: impossibile uscire e tornare a casa. Altri bloccati non si sa dove. Telefoni che squillavano all'impazzata, genitori e amici ansiosi di capire come stavamo, dove stavamo, cosa stava succedendo. L'hashtag "#portesouvertes" correva veloce. Alcuni amici che erano qui per cena son rimasti con noi per la notte. Poi le notizie rassicuranti degli amici che tornavano a casa». Ma la sensazione è quella che non sia finita: «Si dice sia finita ma la paura è ancora tanta - ha detto Leonardo stamane - Non si son sentiti spari o bombe qui, solo sirene e sirene, il cielo sopra Parigi era ed è ancora pieno di aerei ed elicotteri. "Tutto bloccato, frontiere chiuse" ci dicono. Siamo in stato di guerra e siamo proprio nell'occhio del ciclone. Siamo qui tutti insieme: tutti i colori, tutte le razze, tutte le religioni, tutti abbracciati. Tutti condanniamo unanimemente quello che è successo. Non si deve morire così in nome di nessun ideale al mondo. Ce la caveremo, siamo vivi, fortunatamente non eravamo in nessuno di quei luoghi al momento degli attentati ma, ovviamente, sono luoghi che frequentiamo tutti i giorni, è casa nostra. Una notte difficile, che non dimenticheremo facilmente».