Associazioni
Sostegno alle donne e mamme per l'emergenza Covid-19: le Amiche per le Amiche scrivono ad Emiliano
La lettera dell'avv. Francesca Magliano, presidente onorario e fondatrice, a nome dell'intera associazione
Andria - lunedì 11 maggio 2020
10.15
Dubbi e preoccupazioni aleggiano sul futuro lavorativo delle donne e mamme andriesi, a causa dell'emergenza sanitaria in corso ormai da due mesi. Per questa ragione, il sodalizio cittadino delle "Amiche per le Amiche" scrive al Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, chiedendo interventi che possano favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia. La lettera è a cura dell'avv. Francesca Magliano, presidente onorario e fondatrice delle "Amiche", a nome dell'intera associazione.
«Preg.mo Presidente,
"Le Amiche per le Amiche" rappresentano un network di solidarietà al femminile che da cinque anni, autofinanziandosi, opera nel nostro territorio con un'attività continua e concreta, al fine di promuovere la cultura delle "pari opportunità"; di valorizzare i talenti, le professionalità e le competenze delle "Amiche"; di sostenere ed aiutare le "Amiche" in difficoltà (amiche vittime di violenza, amiche malate, amiche indigenti).
Sappiamo che gestire questa emergenza è stata, è e sarà cosa ardua, ma facciamo appello alla Sua sensibilità ed al suo pragmatismo nell'essere accanto alle donne e mamme pugliesi, ad oggi "invisibili" agli occhi della politica, perché la nostra "battaglia" vuole essere una battaglia di civiltà, da perseguire non contro gli uomini, ma accanto a quelli che credono nel nostro valore, nelle nostre competenze, nella necessità che possiamo e dobbiamo contribuire, senza discriminazioni di genere (purtroppo, ad oggi molto radicate) alla "rinascita" del Paese e della nostra amata Puglia.
Noi donne, in questo periodo, non abbiamo esitato un attimo "a fare quello si deve fare": ci stiamo improvvisando (le più fortunate, con l'aiuto dei propri compagni) insegnanti, animatrici, psicologhe, oltre a pulire, lavare, stirare, cucinare, il tutto mentre cerchiamo di lavorare in smart working e di attenuare le tensioni dovute alla convivenza forzata h 24, alle difficoltà economiche, alla condivisione dei tempi e degli spazi. Ora, però, è arrivato il momento in cui non possiamo più essere "invisibili", perché dinanzi al silenzio delle istituzioni e a proposte confusionarie, servono risposte concrete sia sul futuro scolastico dei nostri figli sia sul nostro futuro lavorativo, imprenditoriale e professionale. Tantissime sono le domande che ci assillano con ansia, su queste due problematiche che possono gravemente compromettere anche il nostro equilibrio familiare.
Ad oggi, con prudenza, per garantire la salute dei nostri bimbi, il Governo ha deciso di non riaprire le scuole. Scelta condivisibile, perché la salute dei nostri figli viene prima di tutto, ma molte di noi si chiedono: se la curva pandemica continuerà a migliorare, a settembre le scuole saranno pronte per consentire il rientro in sicurezza? Si potrà procedere ad una regionalizzazione delle aperture delle nostre scuole a seconda della curva pandemica, come si sta facendo per altri settori? Perché, in questi mesi, snellendo annosi iter burocratici, non ci si è adoperati per riorganizzare gli spazi delle nostre "aule pollaio", per implementare l'organico didattico e per interventi immediati di edilizia scolastica, idonei ad una revisione delle modalità organizzative ai fine della preminente tutela della salute?
Come a Lei certamente noto, tutto questo lo stanno già facendo in Cina ed in altri Stati Europei, Paesi in cui il rientro a scuola degli studenti è stato fin da subito considerato una priorità, non solo per non "bloccare" la crescita culturale, psichica, didattica e sociale degli alunni, ma anche per permettere ai genitori il rientro al lavoro con serenità. In realtà, il nostro Paese sta pagando a caro prezzo politiche che hanno investito sempre meno nell'istruzione e nella cultura. La nostra vita, ormai, non sarà più quella di prima e, purtroppo, dobbiamo imparare a convivere con il Covid-19, adottando tutti i necessari protocolli di sicurezza sanitaria per ogni settore. Questo vale anche per la scuola. La dad ha rappresentato una risposta all'emergenza ed insegnanti, bimbi e genitori hanno cercato di fare del loro meglio tra mille difficoltà, ma non può proseguire ad oltranza, non può sostituirsi alla scuola.
Nel frattempo le famiglie vanno supportate, sostenute, perché, soprattutto in quelle con più figli, i genitori non riescono a seguirli tutti con la dad. E' necessaria una nuova alleanza territoriale tra le autonomie scolastiche, Comuni e terzo settore per aiutare queste famiglie anche attraverso educatori di prossimità, per impedire un aumento della dispersione scolastica e l'accentuarsi della discriminazione sociale ed economica tra gli alunni. All'uopo servirebbe ampliare le risorse comunali presenti nel Fondo per la Lotta alla povertà minorile. Il parternariato territoriale potrebbe rappresentare una risposta seria e concreta in questo momento a tutte le difficoltà della dad, fino a quando non riaprono le scuole.
Non meno rilevanti sono le conseguenze della mancanza di un piano strategico a supporto dell'occupazione femminile. Ci chiediamo: chi rimarrà a casa con i nostri figli, se in questi giorni dobbiamo tornare a lavorare? Questa domanda nel nostro Paese è, purtroppo, retorica. Anzi, è una domanda che chi ha gestito questa pandemia (praticamente solo uomini) non si è neanche posto, perché è scontato che a casa rimarremo noi donne! La criticità di questa situazione è ancor più evidente per le donne "partite IVA", per le quali non lavorare significa non percepire reddito. Che importa se abbiamo studiato anni, faticato, sudato, resistito a tante difficoltà pur di realizzarci nella nostra vita lavorativa, professionale ed imprenditoriale ed essere finalmente "libere" grazie alla nostra indipendenza economica. Per un anacronistico retaggio culturale, nel nostro Paese la cura della casa e dei figli è affidata, nella maggior parte dei casi, alle donne. Quante lotte in questi anni per migliorare il gender gap, quante battaglie, ma ora si rischia di vanificare tutti i progressi fatti e di ricadere in un'epoca buia per la nostra autodeterminazione ed emancipazione. Questo Governo ci sta obbligando ad una "non scelta", perché senza baby sitter, senza nonni e senza la scuola, sarà impossibile conciliare vita familiare e lavoro.
Un senso di angoscia e di spavento ci assale in questi giorni, perché il mancato e tempestivo intervento del governo nel fronteggiare questa emergenza sociale, potrebbe determinare la fuoriuscita definitiva dal mondo del lavoro da parte della maggioranza delle donne. Un problema condiviso anche dai padri, che però hanno mantenuto il legame con il proprio lavoro perché, comunque, si sa che guadagnano di più delle mogli.
Ecco le soluzioni proposte finora:
- Smart working. Va benissimo ed è auspicabile per una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia, ma in questo periodo per noi donne è complicatissimo. Come conciliare lo smart working con la dad, soprattutto se hai più figli e magari anche piccoli?
- Bonus baby sitter. Questo bonus oggi è pari ad € 600,00. Forse potrebbe aumentare, ma per i prossimi mesi sarebbe insufficiente senza un preciso protocollo sanitario. Chi di noi è disposta a far entrare una persona estranea in casa, esponendosi al rischio epidemiologico?
- Congedo parentale straordinario. Un congedo di quindici giorni, con decurtazione dello stipendio, da poter condividere con il papà, ma quando termina il congedo che alternativa c'è? E per le donne "partita iva" che se non lavorano non percepiscono redditi, che si fa?
Presidente Emiliano, ci appelliamo ad un Suo intervento immediato, perché se non vogliamo fare passi indietro sulla conciliazione lavoro-famiglia, se non vogliamo che esplodano sempre più numerose crisi di coppia, se non vogliamo donne sempre più "dipendenti" dai loro compagni, perché prive di indipendenza economica, se non vogliamo madri frustrate, urge un piano strategico di intervento anche a livello regionale. Occorrono provvedimenti per la famiglia (sarebbe auspicabile l'assegno universale per ogni figlio proposto dalla ministra Bonetti); programmare la fase estiva con l'elaborazione di un protocollo di sicurezza sanitaria che consenta la riapertura di centri estivi, servizi educativi per l'infanzia, progetti per attività fisica e ludica, attraverso una revisione delle modalità organizzative; occorre ripensare a spazi e momenti di socialità, magari da svolgersi solo all'aperto nei parchi, cortili, nelle masserie didattiche, con piccoli gruppi di bambini; occorre finanziare i comuni per bandi che coinvolgano il terzo settore. Indispensabile è la costituzione immediata di un tavolo tecnico che anche a livello regionale possa affrontare con concretezza questa problematica.
Dalle difficoltà nascono le opportunità. Questa può essere l'occasione per ripensare a strumenti che possano spingere sulla leva dell'occupazione femminile, per rivedere il nostro sistema di welfare alla luce di una "cultura" più rispettosa dei diritti di noi donne. Abbiamo fatto tanto, ma ora dobbiamo tornare alle nostre professioni, aziende, esercizi commerciali.
Auspicando che queste nostre osservazioni e proposte possano sollecitare un Suo interessamento ed intervento, La salutiamo cordialmente».
Le Amiche per le Amiche
«Preg.mo Presidente,
"Le Amiche per le Amiche" rappresentano un network di solidarietà al femminile che da cinque anni, autofinanziandosi, opera nel nostro territorio con un'attività continua e concreta, al fine di promuovere la cultura delle "pari opportunità"; di valorizzare i talenti, le professionalità e le competenze delle "Amiche"; di sostenere ed aiutare le "Amiche" in difficoltà (amiche vittime di violenza, amiche malate, amiche indigenti).
Sappiamo che gestire questa emergenza è stata, è e sarà cosa ardua, ma facciamo appello alla Sua sensibilità ed al suo pragmatismo nell'essere accanto alle donne e mamme pugliesi, ad oggi "invisibili" agli occhi della politica, perché la nostra "battaglia" vuole essere una battaglia di civiltà, da perseguire non contro gli uomini, ma accanto a quelli che credono nel nostro valore, nelle nostre competenze, nella necessità che possiamo e dobbiamo contribuire, senza discriminazioni di genere (purtroppo, ad oggi molto radicate) alla "rinascita" del Paese e della nostra amata Puglia.
Noi donne, in questo periodo, non abbiamo esitato un attimo "a fare quello si deve fare": ci stiamo improvvisando (le più fortunate, con l'aiuto dei propri compagni) insegnanti, animatrici, psicologhe, oltre a pulire, lavare, stirare, cucinare, il tutto mentre cerchiamo di lavorare in smart working e di attenuare le tensioni dovute alla convivenza forzata h 24, alle difficoltà economiche, alla condivisione dei tempi e degli spazi. Ora, però, è arrivato il momento in cui non possiamo più essere "invisibili", perché dinanzi al silenzio delle istituzioni e a proposte confusionarie, servono risposte concrete sia sul futuro scolastico dei nostri figli sia sul nostro futuro lavorativo, imprenditoriale e professionale. Tantissime sono le domande che ci assillano con ansia, su queste due problematiche che possono gravemente compromettere anche il nostro equilibrio familiare.
Ad oggi, con prudenza, per garantire la salute dei nostri bimbi, il Governo ha deciso di non riaprire le scuole. Scelta condivisibile, perché la salute dei nostri figli viene prima di tutto, ma molte di noi si chiedono: se la curva pandemica continuerà a migliorare, a settembre le scuole saranno pronte per consentire il rientro in sicurezza? Si potrà procedere ad una regionalizzazione delle aperture delle nostre scuole a seconda della curva pandemica, come si sta facendo per altri settori? Perché, in questi mesi, snellendo annosi iter burocratici, non ci si è adoperati per riorganizzare gli spazi delle nostre "aule pollaio", per implementare l'organico didattico e per interventi immediati di edilizia scolastica, idonei ad una revisione delle modalità organizzative ai fine della preminente tutela della salute?
Come a Lei certamente noto, tutto questo lo stanno già facendo in Cina ed in altri Stati Europei, Paesi in cui il rientro a scuola degli studenti è stato fin da subito considerato una priorità, non solo per non "bloccare" la crescita culturale, psichica, didattica e sociale degli alunni, ma anche per permettere ai genitori il rientro al lavoro con serenità. In realtà, il nostro Paese sta pagando a caro prezzo politiche che hanno investito sempre meno nell'istruzione e nella cultura. La nostra vita, ormai, non sarà più quella di prima e, purtroppo, dobbiamo imparare a convivere con il Covid-19, adottando tutti i necessari protocolli di sicurezza sanitaria per ogni settore. Questo vale anche per la scuola. La dad ha rappresentato una risposta all'emergenza ed insegnanti, bimbi e genitori hanno cercato di fare del loro meglio tra mille difficoltà, ma non può proseguire ad oltranza, non può sostituirsi alla scuola.
Nel frattempo le famiglie vanno supportate, sostenute, perché, soprattutto in quelle con più figli, i genitori non riescono a seguirli tutti con la dad. E' necessaria una nuova alleanza territoriale tra le autonomie scolastiche, Comuni e terzo settore per aiutare queste famiglie anche attraverso educatori di prossimità, per impedire un aumento della dispersione scolastica e l'accentuarsi della discriminazione sociale ed economica tra gli alunni. All'uopo servirebbe ampliare le risorse comunali presenti nel Fondo per la Lotta alla povertà minorile. Il parternariato territoriale potrebbe rappresentare una risposta seria e concreta in questo momento a tutte le difficoltà della dad, fino a quando non riaprono le scuole.
Non meno rilevanti sono le conseguenze della mancanza di un piano strategico a supporto dell'occupazione femminile. Ci chiediamo: chi rimarrà a casa con i nostri figli, se in questi giorni dobbiamo tornare a lavorare? Questa domanda nel nostro Paese è, purtroppo, retorica. Anzi, è una domanda che chi ha gestito questa pandemia (praticamente solo uomini) non si è neanche posto, perché è scontato che a casa rimarremo noi donne! La criticità di questa situazione è ancor più evidente per le donne "partite IVA", per le quali non lavorare significa non percepire reddito. Che importa se abbiamo studiato anni, faticato, sudato, resistito a tante difficoltà pur di realizzarci nella nostra vita lavorativa, professionale ed imprenditoriale ed essere finalmente "libere" grazie alla nostra indipendenza economica. Per un anacronistico retaggio culturale, nel nostro Paese la cura della casa e dei figli è affidata, nella maggior parte dei casi, alle donne. Quante lotte in questi anni per migliorare il gender gap, quante battaglie, ma ora si rischia di vanificare tutti i progressi fatti e di ricadere in un'epoca buia per la nostra autodeterminazione ed emancipazione. Questo Governo ci sta obbligando ad una "non scelta", perché senza baby sitter, senza nonni e senza la scuola, sarà impossibile conciliare vita familiare e lavoro.
Un senso di angoscia e di spavento ci assale in questi giorni, perché il mancato e tempestivo intervento del governo nel fronteggiare questa emergenza sociale, potrebbe determinare la fuoriuscita definitiva dal mondo del lavoro da parte della maggioranza delle donne. Un problema condiviso anche dai padri, che però hanno mantenuto il legame con il proprio lavoro perché, comunque, si sa che guadagnano di più delle mogli.
Ecco le soluzioni proposte finora:
- Smart working. Va benissimo ed è auspicabile per una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia, ma in questo periodo per noi donne è complicatissimo. Come conciliare lo smart working con la dad, soprattutto se hai più figli e magari anche piccoli?
- Bonus baby sitter. Questo bonus oggi è pari ad € 600,00. Forse potrebbe aumentare, ma per i prossimi mesi sarebbe insufficiente senza un preciso protocollo sanitario. Chi di noi è disposta a far entrare una persona estranea in casa, esponendosi al rischio epidemiologico?
- Congedo parentale straordinario. Un congedo di quindici giorni, con decurtazione dello stipendio, da poter condividere con il papà, ma quando termina il congedo che alternativa c'è? E per le donne "partita iva" che se non lavorano non percepiscono redditi, che si fa?
Presidente Emiliano, ci appelliamo ad un Suo intervento immediato, perché se non vogliamo fare passi indietro sulla conciliazione lavoro-famiglia, se non vogliamo che esplodano sempre più numerose crisi di coppia, se non vogliamo donne sempre più "dipendenti" dai loro compagni, perché prive di indipendenza economica, se non vogliamo madri frustrate, urge un piano strategico di intervento anche a livello regionale. Occorrono provvedimenti per la famiglia (sarebbe auspicabile l'assegno universale per ogni figlio proposto dalla ministra Bonetti); programmare la fase estiva con l'elaborazione di un protocollo di sicurezza sanitaria che consenta la riapertura di centri estivi, servizi educativi per l'infanzia, progetti per attività fisica e ludica, attraverso una revisione delle modalità organizzative; occorre ripensare a spazi e momenti di socialità, magari da svolgersi solo all'aperto nei parchi, cortili, nelle masserie didattiche, con piccoli gruppi di bambini; occorre finanziare i comuni per bandi che coinvolgano il terzo settore. Indispensabile è la costituzione immediata di un tavolo tecnico che anche a livello regionale possa affrontare con concretezza questa problematica.
Dalle difficoltà nascono le opportunità. Questa può essere l'occasione per ripensare a strumenti che possano spingere sulla leva dell'occupazione femminile, per rivedere il nostro sistema di welfare alla luce di una "cultura" più rispettosa dei diritti di noi donne. Abbiamo fatto tanto, ma ora dobbiamo tornare alle nostre professioni, aziende, esercizi commerciali.
Auspicando che queste nostre osservazioni e proposte possano sollecitare un Suo interessamento ed intervento, La salutiamo cordialmente».
Le Amiche per le Amiche