Cronaca
Sentenza Eternit di Torino: un viaggio nell'amianto in Città
Nel 2009 l'adozione di un regolamento ed un caso isolato di un cinquantina di contributi. Quasi dieci anni fa la mappatura del "pericolo" a cura di Andria Città Sana
Andria - mercoledì 5 giugno 2013
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Da ieri c'è uno strumento in più di lotta al pericolo generato da eternit ed amianto, due sostanze altamente tossiche e cancerogene, che hanno provocato numerosissimi decessi in tutto il mondo. Il Tribunale di Torino, infatti, ha condannato a 18 anni di carcere Stephan Schmidheiny per disastro doloso e omissione di cautele antinfortunistiche per la strage dell'amianto. Oltre 2000 le parti offese che hanno portato avanti una battaglia giudiziaria comune contro i proprietari svizzeri di diverse fabbriche ubicate nei comuni di Casale Monferrato, Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera. Il secondo grado è stato più duro del primo con l'aumento di due anni di carcere per l'88enne.
Ma la situazione in Puglia ed in particolar modo ad Andria resta a livelli di guardia: il 25 marzo del 2009, infatti, l'allora amministrazione Zaccaro approvò il regolamento cittadino per la concessione di contributi per la rimozione e lo smaltimento dell'amianto. Otto articoli nei quali vengono indicati i beneficiari di interventi di bonifica sia di fabbricati per uso civile che di uso produttivo. I contributi vanno da 800 euro a 1200 in base alle dimensioni delle superfici da bonificare. Nel 2009 la dotazione finanziaria per questo provvedimento fu di 50mila euro e le pratiche evase furono una cinquantina. Dopo quel tentativo di incentivazione alla bonifica, in realtà, molto poco è stato fatto ed un passo indietro è d'uopo sino a giungere alla mappatura dei siti inquinati da amianto che è giunta quasi dieci anni fa grazie all'impegno dell'Associazione "Andria Città Sana". Quella mappatura, tuttora disponibile, servì a bonificare luoghi pubblici come la palestra della Scuola Media "Vaccina" od il Padiglione del reparto di Ostetricia dell'Ospedale "Bonomo" od alcuni siti produttivi ubicati in Via Barletta e nella zona del Cimitero.
Quest'anno, poi, una nuova spinta alla rimozione della pericolosissima sostanza cancerogena è giunta dalla Regione Puglia, che finalmente dopo vent'anni ha adottato un suo "Piano Amianto" (Articolo AndriaViva 16 gennaio 2013). In città, tuttavia, capannoni industriali ed abitazioni civili restano ancora piene di questa sostanza e dai dati di Legambiente, infatti, in Italia sono ben 75mila gli ettari di terreno ancora da bonificare. Ma i soldi sono pochi ed i costi sono altissimi. La salute umana, tuttavia, dovrebbe essere una priorità.
Ma la situazione in Puglia ed in particolar modo ad Andria resta a livelli di guardia: il 25 marzo del 2009, infatti, l'allora amministrazione Zaccaro approvò il regolamento cittadino per la concessione di contributi per la rimozione e lo smaltimento dell'amianto. Otto articoli nei quali vengono indicati i beneficiari di interventi di bonifica sia di fabbricati per uso civile che di uso produttivo. I contributi vanno da 800 euro a 1200 in base alle dimensioni delle superfici da bonificare. Nel 2009 la dotazione finanziaria per questo provvedimento fu di 50mila euro e le pratiche evase furono una cinquantina. Dopo quel tentativo di incentivazione alla bonifica, in realtà, molto poco è stato fatto ed un passo indietro è d'uopo sino a giungere alla mappatura dei siti inquinati da amianto che è giunta quasi dieci anni fa grazie all'impegno dell'Associazione "Andria Città Sana". Quella mappatura, tuttora disponibile, servì a bonificare luoghi pubblici come la palestra della Scuola Media "Vaccina" od il Padiglione del reparto di Ostetricia dell'Ospedale "Bonomo" od alcuni siti produttivi ubicati in Via Barletta e nella zona del Cimitero.
Quest'anno, poi, una nuova spinta alla rimozione della pericolosissima sostanza cancerogena è giunta dalla Regione Puglia, che finalmente dopo vent'anni ha adottato un suo "Piano Amianto" (Articolo AndriaViva 16 gennaio 2013). In città, tuttavia, capannoni industriali ed abitazioni civili restano ancora piene di questa sostanza e dai dati di Legambiente, infatti, in Italia sono ben 75mila gli ettari di terreno ancora da bonificare. Ma i soldi sono pochi ed i costi sono altissimi. La salute umana, tuttavia, dovrebbe essere una priorità.