Religioni
Risollevatevi e alzate il capo…
Riflessione di don Ettore Lestingi, Presidente della Commissione Liturgica della Diocesi di Andria
Andria - domenica 28 novembre 2021
Miei Cari,
con la Prima Domenica di Avvento inizia un nuovo Anno liturgico, che viviamo al di qua di un tempo in cui ci è parso di vedere realizzate le parole di Gesù riportate dal Vangelo di Luca: "Ci sarà angoscia di popoli in ansia …, mentre gli uomini moriranno per la paura". La pandemia da Covid 19 ha piegato le nostre spalle, ma non ci ha spezzati, ha reso smorta la fiamma della nostra speranza, ma non l'ha spenta, ci ha posti di fronte ad una verità tante volte da noi rimossa e rinnegata: passa la scena di questo mondo! Ma se è vero che tutto ciò che viviamo accade sotto l'egida della caducità e della precarietà, non è così per coloro che ripongono la loro fiducia in Colui senza il quale non possiamo fare nulla.
Il tempo liturgico dell'Avvento che da Domenica prossima inizieremo a vivere manifesta ancora una volta la volontà di Dio che, nel deserto della vita, apre una nuova strada che è la via del riscatto, della liberazione, del ritorno al canto e alla danza, perché all'intera umanità viene ridata "la gloria e lo splendore di prima". Il periodo di grande prova che abbiamo vissuto con lo sconvolgimento delle potenze dei cieli, ci ha fatto sperimentare quanto fragili sono le nostre forze e inutili i nostri progetti: le torri di Babele che il nostro orgoglio innalza fino a sfidare il cielo, risultano castelli di carta, i nostri sistemi economici, politici e religiosi, sono giganti di ferro con i piedi di argilla, basta un lieve movimento sismico che crollano e la loro rovina è grande, i nostri progetti, per quanto belli e affascinanti sono case costruite sulla sabbia che non riescono a sostenere tempeste di vento e di pioggia che subito cadano.
E su tutto e su tutti regna l'incertezza e la paura. Ma l'incertezza e la paura non sono le ultime parole del vocabolario dell'esistenza umana, né tantomeno di chi si gloria del nome cristiano. Oltre ogni limite e sofferenza c'è un tempo di speranza di cui già sentiamo l'eco che torna da antiche valli come ci ricorda un bellissimo canto liturgico:
"L'eco torna d'antiche valli,
la sua voce non porta più
ricordo di sommesse lacrime
di esili in terre lontane.
Ora è tempo di gioia
non ve ne accorgete?
Ecco faccio una cosa nuova,
nel deserto una strada aprirò.
Come l'onda che sulla sabbia
copre le orme e poi passa e va,
così nel tempo si cancellano
le ombre scure del lungo inverno.
Fra i sentieri dei boschi il vento
con i rami ricomporrà
nuove armonie che trasformano
i lamenti in canti di festa.
Con l'Avvento Dio torna a ripeterci: "Ecco faccio una cosa nuova". L'attesa che si compia questa beata speranza deve indurre tutti a risollevarci ed alzare il capo per contemplare cieli nuova e terra nuova. E così poter gridare a quanti faticano a riprendere il cammino: "Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio! Verrà egli stesso a salvarvi». Ma tutto ciò sarà possibile sperimentare ad una condizione: se finalmente riusciamo a riempire di silenzi le nostre giornate e vincere il chiasso di rumori ed umori che ormai spaccano le orecchie del nostro cuore. Il silenzio per imparare ad ascoltare innanzitutto le voci del cuore, il grido del povero e la voce di Dio che crea, agisce, rinnova, risana l'uomo "mentre un profondo silenzio avvolge tutte le cose".
Buon cammino.
con la Prima Domenica di Avvento inizia un nuovo Anno liturgico, che viviamo al di qua di un tempo in cui ci è parso di vedere realizzate le parole di Gesù riportate dal Vangelo di Luca: "Ci sarà angoscia di popoli in ansia …, mentre gli uomini moriranno per la paura". La pandemia da Covid 19 ha piegato le nostre spalle, ma non ci ha spezzati, ha reso smorta la fiamma della nostra speranza, ma non l'ha spenta, ci ha posti di fronte ad una verità tante volte da noi rimossa e rinnegata: passa la scena di questo mondo! Ma se è vero che tutto ciò che viviamo accade sotto l'egida della caducità e della precarietà, non è così per coloro che ripongono la loro fiducia in Colui senza il quale non possiamo fare nulla.
Il tempo liturgico dell'Avvento che da Domenica prossima inizieremo a vivere manifesta ancora una volta la volontà di Dio che, nel deserto della vita, apre una nuova strada che è la via del riscatto, della liberazione, del ritorno al canto e alla danza, perché all'intera umanità viene ridata "la gloria e lo splendore di prima". Il periodo di grande prova che abbiamo vissuto con lo sconvolgimento delle potenze dei cieli, ci ha fatto sperimentare quanto fragili sono le nostre forze e inutili i nostri progetti: le torri di Babele che il nostro orgoglio innalza fino a sfidare il cielo, risultano castelli di carta, i nostri sistemi economici, politici e religiosi, sono giganti di ferro con i piedi di argilla, basta un lieve movimento sismico che crollano e la loro rovina è grande, i nostri progetti, per quanto belli e affascinanti sono case costruite sulla sabbia che non riescono a sostenere tempeste di vento e di pioggia che subito cadano.
E su tutto e su tutti regna l'incertezza e la paura. Ma l'incertezza e la paura non sono le ultime parole del vocabolario dell'esistenza umana, né tantomeno di chi si gloria del nome cristiano. Oltre ogni limite e sofferenza c'è un tempo di speranza di cui già sentiamo l'eco che torna da antiche valli come ci ricorda un bellissimo canto liturgico:
"L'eco torna d'antiche valli,
la sua voce non porta più
ricordo di sommesse lacrime
di esili in terre lontane.
Ora è tempo di gioia
non ve ne accorgete?
Ecco faccio una cosa nuova,
nel deserto una strada aprirò.
Come l'onda che sulla sabbia
copre le orme e poi passa e va,
così nel tempo si cancellano
le ombre scure del lungo inverno.
Fra i sentieri dei boschi il vento
con i rami ricomporrà
nuove armonie che trasformano
i lamenti in canti di festa.
Con l'Avvento Dio torna a ripeterci: "Ecco faccio una cosa nuova". L'attesa che si compia questa beata speranza deve indurre tutti a risollevarci ed alzare il capo per contemplare cieli nuova e terra nuova. E così poter gridare a quanti faticano a riprendere il cammino: "Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio! Verrà egli stesso a salvarvi». Ma tutto ciò sarà possibile sperimentare ad una condizione: se finalmente riusciamo a riempire di silenzi le nostre giornate e vincere il chiasso di rumori ed umori che ormai spaccano le orecchie del nostro cuore. Il silenzio per imparare ad ascoltare innanzitutto le voci del cuore, il grido del povero e la voce di Dio che crea, agisce, rinnova, risana l'uomo "mentre un profondo silenzio avvolge tutte le cose".
Buon cammino.