Religioni
Riconoscimento Fondazione Intesa Sanpaolo per il restauro delle ante reliquario del Museo Diocesano San Riccardo
Effettuato dai restauratori Luigi Valerio Iaccarino e Giuseppe Zingaro, titolari dello "Studio Arte Restauro" di Andria
Andria - domenica 19 maggio 2024
12.07
Nell'ambito della 29° edizione del Salone del Restauro che si è svolto quest'anno a Ferrara, durante le "Giornate del Restauro e del Patrimonio Culturale", la Fondazione Intesa Sanpaolo ha presentato il convegno "Progetto Restituzioni", selezionando cinque interventi di restauro finanziati e considerati di importante considerazione storica e artistica .
Il restauro delle ante reliquario appartenenti al Museo Diocesano San Riccardo, di Andria, è stato selezionato e i restauratori Luigi Valerio Iaccarino e Giuseppe Zingaro, titolari dello "Studio Arte Restauro" di Andria, hanno partecipato al convegno relazionando sugli interventi di restauro delle preziose opere andriesi.
Le ante reliquiario, ascrivibili al XIV- XV secolo, misurano cm 240x130, per uno spessore di cm 2,60. Si tratta di due ante che chiudevano l'armadio reliquiario posto sull'altare maggiore della Cappella di San Riccardo, nella Cattedrale di "Santa Maria Assunta" di Andria.
Il suddetto reliquiario era diviso in tre parti: una parte restava fissa mentre le altre due si richiudevano. Sulla parte esterna delle due porte erano posizionate le due tavole raffiguranti il Redentore e la Vergine, oggi conservate presso il Museo Diocesano. Ognuna delle due ante laterali, realizzate in legno, ha al suo interno 483 reliquie di Santi, chiuse in altrettante teche circolari di rame argentato chiuse da sottilissime lamine di osso trasparente, utilizzato al posto del cristallo. Tra un clipeo e un altro sono dei vaghi di rame argentato intervallati da pietre dure di colore diverso.
Le ante reliquario erano collocate originariamente sul retro delle tavole dipinte raffiguranti il Redentore e la Vergine, ed erano poste ad ornare l'altare della Cappella di San Riccardo, nella Cattedrale di Andria. L'originale armadio reliquiario si componeva di una terza parete fissa entro cui erano altri reliquiari e busti di Santi che furono depredati alla fine del XVIII secolo.
Le ante superstiti, prima di essere trasportate presso il Museo Diocesano, erano visibili entro il Cappellone di San Riccardo fino agli anni '60 del XX secolo.
Il restauro delle ante reliquario appartenenti al Museo Diocesano San Riccardo, di Andria, è stato selezionato e i restauratori Luigi Valerio Iaccarino e Giuseppe Zingaro, titolari dello "Studio Arte Restauro" di Andria, hanno partecipato al convegno relazionando sugli interventi di restauro delle preziose opere andriesi.
Le ante reliquiario, ascrivibili al XIV- XV secolo, misurano cm 240x130, per uno spessore di cm 2,60. Si tratta di due ante che chiudevano l'armadio reliquiario posto sull'altare maggiore della Cappella di San Riccardo, nella Cattedrale di "Santa Maria Assunta" di Andria.
Il suddetto reliquiario era diviso in tre parti: una parte restava fissa mentre le altre due si richiudevano. Sulla parte esterna delle due porte erano posizionate le due tavole raffiguranti il Redentore e la Vergine, oggi conservate presso il Museo Diocesano. Ognuna delle due ante laterali, realizzate in legno, ha al suo interno 483 reliquie di Santi, chiuse in altrettante teche circolari di rame argentato chiuse da sottilissime lamine di osso trasparente, utilizzato al posto del cristallo. Tra un clipeo e un altro sono dei vaghi di rame argentato intervallati da pietre dure di colore diverso.
Le ante reliquario erano collocate originariamente sul retro delle tavole dipinte raffiguranti il Redentore e la Vergine, ed erano poste ad ornare l'altare della Cappella di San Riccardo, nella Cattedrale di Andria. L'originale armadio reliquiario si componeva di una terza parete fissa entro cui erano altri reliquiari e busti di Santi che furono depredati alla fine del XVIII secolo.
Le ante superstiti, prima di essere trasportate presso il Museo Diocesano, erano visibili entro il Cappellone di San Riccardo fino agli anni '60 del XX secolo.