Religioni
Reliquia del Beato Giacomo da Bitetto presso la parrocchia San Luigi a Castel del Monte
In occasione del 525° anniversario della sua morte
Andria - sabato 24 luglio 2021
15.41
Domenica 25 Luglio 2021, dalle ore 10.00 alle ore 12.30 e dalle ore 18.00 alle ore 20.30, presso la parrocchia San Luigi a Castel del Monte sarà venerata la reliquia del dito del Beato Giacomo da Bitetto, in occasione del 525^ Anniversario della sua morte, con la presenza del Rettore del Santuario, Fra Antonio Cifaratti, con la partecipazione di alcuni fedeli del Santuario.
Giacomo Varinger, il Beato da Bitetto, detto anche "Illirico" da Illiria, l'antica provincia romana oggi individuata tra il Montenegro e l'Albania, includeva la terra d'origine nei primi del '400.
Il passaggio di Giacomo in Puglia fu favorito dalla circostanza di alcuni mercanti del suo Paese, che facevano domicilio da queste parti. Arrivato in Puglia a Bitetto conosce la fraternità francescana, del convento del Santo di Assisi. Attirato dall'ideale di Francesco, Giacomo vestì l'abito francescano proprio a Bitetto intorno al 1437.
La presenza del frate laico nel convento bitettese può considerarsi certa sino al 1463, anno in cui, si sarebbe trasferito secondo al tradizione a Bari presso il convento francescano e presso altri conventi a Cassano Murge e Conversano.
Alla popolazione non fece mancare il suo conforto materiale e spirituale, prodigandosi nella preghiera, nella cura e nell'assistenza agli appestati.
La memoria di tale tragica circostanza e della presenza del Beato tra gli appestati, è rimasta indelebile nel vissuto storico della cittadina.
Nel 1656 imperversò nuovamente la peste nel Regno di Napoli, ma questa volta Bitetto rimase immune da essa. Il popolo attribuì il merito dello scampato pericolo al Beato Giacomo, "che quasi visibilmente parve tenere distesa la mano in aria per trattenere l'ira di Dio", e lo elesse suo compatrono.
Fra Giacomo muore a Bitetto nel 1496.
La reliquia del dito
Nel 1619, come si tramanda, è Donna Felice di Sanseverino, duchessa di Gravina, a farsi aprire l'urna per baciare la mano del Beato e in tale circostanza ne stacca con un morso un dito al fine di procurarsi una reliquia personale ma, come efficacemente descritto da un breve cenno storico del Giannelli, dinanzi al "terribile temporale" che impedisce di partire, confessa la sua colpa e restituisce il frammento sottratto, per la conservazione del quale dona poi un piccolo reliquario d'argento.
E' detta reliquia che ancor oggi viene riportata in processione. I festeggiamenti, sempre sontuosi in onore del Beato rivelano un attaccamento ininterrotto e nel tempo.
Giacomo Varinger, il Beato da Bitetto, detto anche "Illirico" da Illiria, l'antica provincia romana oggi individuata tra il Montenegro e l'Albania, includeva la terra d'origine nei primi del '400.
Il passaggio di Giacomo in Puglia fu favorito dalla circostanza di alcuni mercanti del suo Paese, che facevano domicilio da queste parti. Arrivato in Puglia a Bitetto conosce la fraternità francescana, del convento del Santo di Assisi. Attirato dall'ideale di Francesco, Giacomo vestì l'abito francescano proprio a Bitetto intorno al 1437.
La presenza del frate laico nel convento bitettese può considerarsi certa sino al 1463, anno in cui, si sarebbe trasferito secondo al tradizione a Bari presso il convento francescano e presso altri conventi a Cassano Murge e Conversano.
Alla popolazione non fece mancare il suo conforto materiale e spirituale, prodigandosi nella preghiera, nella cura e nell'assistenza agli appestati.
La memoria di tale tragica circostanza e della presenza del Beato tra gli appestati, è rimasta indelebile nel vissuto storico della cittadina.
Nel 1656 imperversò nuovamente la peste nel Regno di Napoli, ma questa volta Bitetto rimase immune da essa. Il popolo attribuì il merito dello scampato pericolo al Beato Giacomo, "che quasi visibilmente parve tenere distesa la mano in aria per trattenere l'ira di Dio", e lo elesse suo compatrono.
Fra Giacomo muore a Bitetto nel 1496.
La reliquia del dito
Nel 1619, come si tramanda, è Donna Felice di Sanseverino, duchessa di Gravina, a farsi aprire l'urna per baciare la mano del Beato e in tale circostanza ne stacca con un morso un dito al fine di procurarsi una reliquia personale ma, come efficacemente descritto da un breve cenno storico del Giannelli, dinanzi al "terribile temporale" che impedisce di partire, confessa la sua colpa e restituisce il frammento sottratto, per la conservazione del quale dona poi un piccolo reliquario d'argento.
E' detta reliquia che ancor oggi viene riportata in processione. I festeggiamenti, sempre sontuosi in onore del Beato rivelano un attaccamento ininterrotto e nel tempo.