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Rapporto "Smart city": Andria in fondo al tunnel

La città federiciana è tra le meno "intelligenti" per una lunga serie di parametri

"Il rapporto "ICity Rate 2017" di FPA classifica le smart city italiane tra 106 comuni capoluogo. Smart City cioè città intelligente dove ad essere analizzati sono i parametri relativi a povertà, istruzione, aria e acqua, energia, crescita economica, occupazione, turismo e cultura, ricerca e innovazione, trasformazione digitale e trasparenza, mobilità sostenibile, rifiuti, verde pubblico, suolo e territorio, legalità e sicurezza, partecipazione dei cittadini nella gestione dei beni comuni, inclusione, governance.

Obiettivi globali che mettono a dura prova le realtà locali, soprattutto del Mezzogiorno d'Italia che, anche per questo Rapporto 2017, si dimostrano essere le più arretrate, sempre in coda alla classifica. Mentre infatti Milano è la Smart City più avanzata d'Italia, confermandosi al primo posto in assoluto per l'ennesima volta, nello sviluppo della Smart City è netto il ritardo delle città del Sud Italia".

Lo dichiara Savino Montaruli, in una lunga analisi svolta quale presidente provinciale di Unimpresa.

"Dall'analisi dei dati forniti nel rapporto "ICity Rate 2017", il rapporto annuale realizzato da FPA, società del gruppo Digital360 per fotografare la situazione delle città italiane nel percorso per diventare "smart", ovvero più vicine ai bisogni dei cittadini, più inclusive e più vivibili, dei 106 capoluoghi italiani oggetto di indagine la coda della classifica è interamente occupata dalle città meridionali".

"In uno degli ultimissimi posti si trova la città di Andria, - prosegue Unimpresa Bat - che evidentemente indossa la maglia nera del fallimento inglobando anche l'intero territorio della provincia Bat. Infatti nonostante il dinamismo generale delle città medie italiane Andria non riesce neppure a restare in questo trend di accelerazione manifestando apertamente tutti i suoi problemi che in più circostanze sono stati oggetto di nostri interventi pubblici ed a mezzo stampa, soprattutto per alcune negatività quali: assenza di politiche occupazionali e del lavoro; politiche clientelari ed assistenziali di disincentivazione alla produzione di reddito; innalzamento degli indici di povertà ed assenza di politiche di Governance con la mortificazione degli istituti di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica ed alla gestione dei beni comuni.

Relativamente alla Povertà la città federiciana si posiziona al posto 102 sui 106 comuni capoluogo italiani mentre per la Governance e Partecipazione dei Cittadini la città dei tre campanili si posiziona addirittura ultima in Italia, al 106° posto in classifica. Una mortificazione per la democrazia e per i diritti dei cittadini ad essere parte e componente attiva della società e della comunità locale.

Per quanto riguarda Acqua e Aria Andria si posiziona al posto nr. 81 su 106 e per la Crescita Economica ancora sul fondo del fondo alla posizione nr. 106 su 106, quindi ultima in Italia. Anche per l'Occupazione non va meglio. Infatti la posizione in classifica è la numero 105 su 106. Per Istruzione siamo al posto nr. 97 mentre per Cultura e Turismo al 73° posto.

Una condizione drammatica che boccia tutti, non solo una classe politica incapace ed approssimativa ma un intero sistema univoco e policolluso che ha generato solamente inettitudine ed inerzia, facendo sprofondare questo territorio in quel baratro più volte ufficialmente certificato, se mai ce ne fosse stato bisogno.

Verrebbe da dire: nulla di nuovo perché nonostante il disinteresse e la leggerezza politica ed istituzionale di fronte a dati che non sono nuovi in una realtà territoriale completamente priva di politiche attive, nei nostri rapporti periodici abbiamo sottolineato da tempo con preoccupazione queste forme di degrado e di decrescita, sempre sottovalutate. Il Rapporto parla chiarissimo come parlano chiaro le tabelle che fotografano un territorio assolutamente impresentabile, amministrato malissimo con l'aggravante che ad una classe politica inadeguata se ne accosta una dirigente, sindacale, di rappresentanza assolutamente inefficiente, servile, spesso asservita e comunque non in grado di assumere iniziative che dovrebbero esser prerogativa principale e motore di sviluppo per un'azione coinvolgente e non escludente. Se i risultati delle politiche di lobbies sempre protese alla salvaguardia di interessi di gruppi, se non personali, sono questi allora la storia economica, sociale, politica, amministrativa, sindacale, organizzativa di questo territorio non è più da riparare ma da ricostruire completamente da zero.

Sarebbero dunque in tanti a dover togliere il disturbo", conclude Unimpresa.
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