Territorio
Quasi la metà dei pugliesi è a rischio povertà
Lo stima l'Istat. L'istituto di statistica parla di un italiano su quattro in Italia, al Sud la media si alza
Andria - martedì 6 dicembre 2016
13.27
Quasi 1 su 2 ovvero quasi la metà dei residenti nel Mezzogiorno risulta a rischio povertà o esclusione sociale. Lo stima l'Istat calcolando che nel 2015 la percentuale di esposizione nell'Italia meridionale è pari al 46,4%, in rialzo sul 2014 (45,6%) e notevolmente maggiore rispetto alla media nazionale (28,7%). Al Centro, infatti, la soglia si ferma al 24% e al Nord al 17,4%. «I livelli sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati - spiega l'Istat - in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%).
In Italia l'Istat stima che nel 2015 siano 17 milioni 469 mila le persone a rischio, oltre uno su quattro, il 28,7% delle persone residenti. Si tratta di una quota, scrive l'Istituto, «sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%)». Il risultato è sintesi di «un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)». Resta invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)».
Le famiglie dove i disagi si fanno sentire di più sono quelle più numerose. E le criticità si fanno ancora più forti se ci sono bambini. «Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono - rileva l'Istat - quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori».
Negli ultimi anni in Italia la forbice dei redditi si è allargata. Ecco che, divisa la popolazione in cinque fette, l'Istat stima che «dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle
famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere».
Allargando lo sguardo all'Europa, l'indice di Gini (una delle misure principali per valutare la disuguaglianza tra i redditi) in Italia risulta pari a 0,324, sempre con riferimento al 2014. Un valore che si colloca «sopra la media europea di 0,310, ma stabile rispetto all'anno precedente».
Più nel dettaglio, sottolinea l'Istat, «nella graduatoria dei Paesi dell'Ue l'Italia occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito. Distribuzioni del reddito più diseguali rispetto all'Italia si rilevano in altri Paesi dell'area mediterranea quali Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346)".
In Italia l'Istat stima che nel 2015 siano 17 milioni 469 mila le persone a rischio, oltre uno su quattro, il 28,7% delle persone residenti. Si tratta di una quota, scrive l'Istituto, «sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%)». Il risultato è sintesi di «un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)». Resta invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%)».
Le famiglie dove i disagi si fanno sentire di più sono quelle più numerose. E le criticità si fanno ancora più forti se ci sono bambini. «Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono - rileva l'Istat - quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori».
Negli ultimi anni in Italia la forbice dei redditi si è allargata. Ecco che, divisa la popolazione in cinque fette, l'Istat stima che «dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali cala più per le famiglie appartenenti al 20% più povero, ampliando la distanza dalle
famiglie più ricche il cui reddito passa da 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere».
Allargando lo sguardo all'Europa, l'indice di Gini (una delle misure principali per valutare la disuguaglianza tra i redditi) in Italia risulta pari a 0,324, sempre con riferimento al 2014. Un valore che si colloca «sopra la media europea di 0,310, ma stabile rispetto all'anno precedente».
Più nel dettaglio, sottolinea l'Istat, «nella graduatoria dei Paesi dell'Ue l'Italia occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito. Distribuzioni del reddito più diseguali rispetto all'Italia si rilevano in altri Paesi dell'area mediterranea quali Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346)".