Commento
L’industria delle api e del miele nel XVIII secolo in Andria
Una preziosa ed inedita ricerca curata dal dottor Giuseppe D'Ambrosio
Andria - lunedì 23 ottobre 2023
5.59
Che la piccola industria delle api e del miele fosse fiorente nel nostro territorio tra XVIII e il XIX secolo è cosa risaputa e ampiamente documentata in diversi trattati dell'epoca.
L'apicoltura e la produzione del miele erano strettamente legate alla presenza nel nostro territorio di alcune piante come il timo, il ramerino e il Citiso "il di cui fiore è di pascolo gratissimo alle Api" e non c'era alveare che "circondato non fosse" da queste preziose piante. "Tanti e tanti non esitano assegnare per le api una porzione di terreno, cingerla di muro, e formarne de' chiusi" e "Il miele che indi si ricavava non cedeva a qualunque altro del Regno in sapore, e in nitidezza e le cere fono assai ferme, e durevoli".
La produzione del miele in Andria nel XVIII secolo era considerevole: "essa sola introitava ogni anno, niente meno che quattro in cinque cento cantaja di mele e di cera".
Mons Lombardi, in quei tempi, Vescovo di Andria, nella sua Masseria della Mensa Vescovile detta "Guardiola" aveva costruito un "chiuso" dove vi erano circa cinquecento arnie: "Tal' è il superbo chiuso, che ha nella Guardiola Mons. Lombardi Vescovo di Andria, ove conta anch'esso le quattrocento arnie, e le cinquecento...". Mons Lombardi, a causa dei numerosi impegni ecclesiastici "uomo impegnato, com'è noto, non meno pel Divin Culto che per la felicità pubblica" era coadiuvato nella cura delle arnie e nella raccolta del miele e della cera da Fra Francesco Antonio Raimondi, Laico Conventuale, "uomo in Andria a niuno il secondo in quest' economia". Nel clero, ove questo mercato era maggiormente praticato anche il Canonico D. Paolo Tafuri che con le sue ottocento casse ( arnie ) ne ricavava un profitto di oltre "venti cantaja". Altrettante casse avevano i PP Carmelitani e da otto a novecento i PP. Domenicani e i Conventuali. Anche il Signore Carafa, Duca di Andria, "n' aveva da sei in settecento casse" e quantità ancora n'avevano altri particolari Cittadini, così pure i Signori Spagnoletti, che "ne aumentarono tra lo spazio di anni, sopra i trecento".
Note: le "casse" sono le arnie; il "ramerino" è il rosmarino; il "chiuso" è uno spazio chiuso da murature, luogo dove poter posizionare le arnie; "cantaja ( o cantara ) è una misura di peso, frequentemente usata nel napoletano sin dal 1480, equivalente a circa novanta chilogrammi.
Da alcuni trattati sul modo di governare le api del XVIII secolo.
L'apicoltura e la produzione del miele erano strettamente legate alla presenza nel nostro territorio di alcune piante come il timo, il ramerino e il Citiso "il di cui fiore è di pascolo gratissimo alle Api" e non c'era alveare che "circondato non fosse" da queste preziose piante. "Tanti e tanti non esitano assegnare per le api una porzione di terreno, cingerla di muro, e formarne de' chiusi" e "Il miele che indi si ricavava non cedeva a qualunque altro del Regno in sapore, e in nitidezza e le cere fono assai ferme, e durevoli".
La produzione del miele in Andria nel XVIII secolo era considerevole: "essa sola introitava ogni anno, niente meno che quattro in cinque cento cantaja di mele e di cera".
Mons Lombardi, in quei tempi, Vescovo di Andria, nella sua Masseria della Mensa Vescovile detta "Guardiola" aveva costruito un "chiuso" dove vi erano circa cinquecento arnie: "Tal' è il superbo chiuso, che ha nella Guardiola Mons. Lombardi Vescovo di Andria, ove conta anch'esso le quattrocento arnie, e le cinquecento...". Mons Lombardi, a causa dei numerosi impegni ecclesiastici "uomo impegnato, com'è noto, non meno pel Divin Culto che per la felicità pubblica" era coadiuvato nella cura delle arnie e nella raccolta del miele e della cera da Fra Francesco Antonio Raimondi, Laico Conventuale, "uomo in Andria a niuno il secondo in quest' economia". Nel clero, ove questo mercato era maggiormente praticato anche il Canonico D. Paolo Tafuri che con le sue ottocento casse ( arnie ) ne ricavava un profitto di oltre "venti cantaja". Altrettante casse avevano i PP Carmelitani e da otto a novecento i PP. Domenicani e i Conventuali. Anche il Signore Carafa, Duca di Andria, "n' aveva da sei in settecento casse" e quantità ancora n'avevano altri particolari Cittadini, così pure i Signori Spagnoletti, che "ne aumentarono tra lo spazio di anni, sopra i trecento".
Note: le "casse" sono le arnie; il "ramerino" è il rosmarino; il "chiuso" è uno spazio chiuso da murature, luogo dove poter posizionare le arnie; "cantaja ( o cantara ) è una misura di peso, frequentemente usata nel napoletano sin dal 1480, equivalente a circa novanta chilogrammi.
Da alcuni trattati sul modo di governare le api del XVIII secolo.