Commento
L’importanza del Giorno del Ricordo contro giustificazionisti e riduzionisti
Nota del dott. Barchetta, referente Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Andria - sabato 10 febbraio 2018
"Quest'anno il Giorno del Ricordo si carica di un particolare significato perché riferibile a due importanti anniversari".
E' il dott. Andrea Barchetta, referente di Andria dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia a spiegare il contenuto di questa ricorrenza.
"In primo luogo infatti, proprio quest'anno ricorrono i cent'anni dalla fine della Prima guerra mondiale, che per tanti irredentisti giuliani, fiumani, dalmati e nel Regno d'Italia fu, per cos' dire, una sorta di Quarta guerra d'indipendenza, la quale concluse il processo risorgimentale con l'unione in un unico Stato nazionale di tutte le terre in cui risiedevano popolazioni di lingua, cultura e tradizione italica. Questo momento storico è importante perché ci ricorda la profondità del legame fra la Venezia Giulia, il Carnaro, la Dalmazia ed il resto d'Italia, un legame radicato nei secoli, che fu violentato dalla pulizia etnica perpetrata dai soldati di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale e che costrinse il 90% della comunità italiana alla triste via dell'esodo dopo le stragi delle foibe.
In secondo luogo, ricorrono quest'anno i 70 anni della Dichiarazione con la quale Stati Uniti, Inghilterra e Francia, alla vigilia delle prime elezioni politiche dell'Italia repubblicana del 18 aprile 1948, si adoperarono per la restituzione alla piena sovranità italiana del non ancora costituito Territorio Libero di Trieste nella sua interezza. La contrarietà sovietica e jugoslava a questa iniziativa avrebbe condizionato la prestazione elettorale del Partito comunista italiano, il quale subordinava la tutela degli interessi nazionali all'osservanza delle direttive del Cremlino. La successiva uscita di Tito dal Cominform avrebbe trasformato il dittatore jugoslavo in un interlocutore del blocco occidentale nell'ambito della Guerra fredda e la Dichiarazione rimase lettera morta, vanamente sbandierata dagli esuli nelle loro rivendicazioni.
Ricordare questi episodi -prosegue Barchetta- serve a contestualizzare la vicenda delle foibe e dell'esodo in un quadro storico più complesso, il quale permette di comprendere ancor meglio la portata della sciagura che colpì le comunità italiane dell'Adriatico orientale. Un'ampia panoramica storica serve anche a demolire le fastidiose iniziative di riduzionisti e giustificazionisti delle stragi nelle foibe e dell'esodo.
L'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia auspica che la nuova maggioranza che uscirà dalle urne il 4 marzo sappia non solo risolvere le tante problematiche degli esuli ancora aperte, a partire da quella degli indennizzi per i beni abbandonati, ma anche sostenere con efficacia e convinzione l'opera di ricerca storica e di divulgazione riguardo una corretta ricostruzione della complessa vicenda del confine orientale".
E' il dott. Andrea Barchetta, referente di Andria dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia a spiegare il contenuto di questa ricorrenza.
"In primo luogo infatti, proprio quest'anno ricorrono i cent'anni dalla fine della Prima guerra mondiale, che per tanti irredentisti giuliani, fiumani, dalmati e nel Regno d'Italia fu, per cos' dire, una sorta di Quarta guerra d'indipendenza, la quale concluse il processo risorgimentale con l'unione in un unico Stato nazionale di tutte le terre in cui risiedevano popolazioni di lingua, cultura e tradizione italica. Questo momento storico è importante perché ci ricorda la profondità del legame fra la Venezia Giulia, il Carnaro, la Dalmazia ed il resto d'Italia, un legame radicato nei secoli, che fu violentato dalla pulizia etnica perpetrata dai soldati di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale e che costrinse il 90% della comunità italiana alla triste via dell'esodo dopo le stragi delle foibe.
In secondo luogo, ricorrono quest'anno i 70 anni della Dichiarazione con la quale Stati Uniti, Inghilterra e Francia, alla vigilia delle prime elezioni politiche dell'Italia repubblicana del 18 aprile 1948, si adoperarono per la restituzione alla piena sovranità italiana del non ancora costituito Territorio Libero di Trieste nella sua interezza. La contrarietà sovietica e jugoslava a questa iniziativa avrebbe condizionato la prestazione elettorale del Partito comunista italiano, il quale subordinava la tutela degli interessi nazionali all'osservanza delle direttive del Cremlino. La successiva uscita di Tito dal Cominform avrebbe trasformato il dittatore jugoslavo in un interlocutore del blocco occidentale nell'ambito della Guerra fredda e la Dichiarazione rimase lettera morta, vanamente sbandierata dagli esuli nelle loro rivendicazioni.
Ricordare questi episodi -prosegue Barchetta- serve a contestualizzare la vicenda delle foibe e dell'esodo in un quadro storico più complesso, il quale permette di comprendere ancor meglio la portata della sciagura che colpì le comunità italiane dell'Adriatico orientale. Un'ampia panoramica storica serve anche a demolire le fastidiose iniziative di riduzionisti e giustificazionisti delle stragi nelle foibe e dell'esodo.
L'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia auspica che la nuova maggioranza che uscirà dalle urne il 4 marzo sappia non solo risolvere le tante problematiche degli esuli ancora aperte, a partire da quella degli indennizzi per i beni abbandonati, ma anche sostenere con efficacia e convinzione l'opera di ricerca storica e di divulgazione riguardo una corretta ricostruzione della complessa vicenda del confine orientale".