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Vita di città
L'andriese Gianluca Leonetti tra i restauratori della "Maestà" di Cimabue
Intervista all'operatore culturale, studente presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna
Andria - domenica 27 dicembre 2015
11.35
Da qualche settimana un'equipe di maestri restauratori, guidata dal prof. Camillo Tarozzi, è impegnata nel recupero di un'importante opera d'arte, conservata presso la raccolta Lercaro di Bologna. Si tratta della "Maestà" di Cimabue, pittore italiano vissuto nel XIII sec. e considerato maestro del celeberrimo Giotto. A questo progetto, finalizzato alla conservazione dell'immenso patrimonio culturale felsineo, sta partecipando anche il giovane andriese Gianluca Leonetti, studente del corso di Restauro presso l'Accademia delle Belle Arti del capoluogo emiliano. «E' per me un onore - ci ha spiegato lo stesso Gianluca - poter svolgere questo tirocinio accademico in una galleria dal valore inestimabile e con una squadra altamente professionale. Dando per scontata la bellezza dell'oggetto del nostro lavoro, sono estremamente felice della fiducia che il prof. Tarozzi ha riposto in me, da quando mi ha invitato ad effettuare il primo ritocco sul Cimabue fino ad oggi. La responsabilità è stata enorme, ma ho potuto vivere diversi momenti carichi di emozione». I lavori saranno ripresi dopo la sosta natalizia e, al termine del restauro, saranno presentate pubblicamente tutte le fasi della straordinaria operazione.
Nello scorso mese di maggio, prima di prendere parte all'intervento sulla "Maestà", Gianluca Leonetti ha collaborato al progetto di restauro delle chiuse del Naviglio di Milano. Il complesso sistema di canali irrigui e navigabili, con baricentro la città ambrosiana, fu progettato da Leonardo Da Vinci e fu costruito per collegare il lago Maggiore, quello di Como ed il basso Ticino. «Dopo aver partecipato - ha continuato Leonetti - ad un corso trimestrale sulla doratura per il restauro, durante il quale ogni sabato mi spostavo da Bologna in Lombardia, ho avuto il piacere di essere coinvolto in questo lavoro. Mi sono occupato della pulizia dei legni massello delle due grandi chiuse, operando con spatole speciali, aspirapolveri e particolari bisturi. E' stato un lavoro di estrema applicazione e, allo stesso tempo, di grande gratificazione».
In una società consumistica come quella contemporanea, dove gli oggetti diventano vecchi in maniera repentina e nella quale spesso si preferiscono materiali usa e getta a beni durevoli, le tradizionali figure artigianali, come calzolai ed arrotini, vivono una drastica fase di contrazione degli affari. Non si può dire la stessa cosa dei restauratori, considerato che il patrimonio storico-culturale italiano rappresenta ancora la maggiore ricchezza del Belpaese. «Fino a qualche decennio fa - ha precisato il giovane andriese - la nostra figura era assimilata quasi a quella del mago, che fantastica sigillato nella sua bottega. Oggi non è più così, anzi, chi vuole fare il restauratore non può prescindere da un'acuta fase di studio. Prima di intervenire sulle opere, risulta fondamentale analizzare scientificamente i materiali utilizzati dall'autore, affinché si possa comprendere le motivazioni che hanno indotto l'artista ad utilizzare una tecnica di lavoro piuttosto che un'altra. Putroppo nel nostro settore, in alcune situazioni, capita ancora di sottovalutare lo studio della Storia dell'Arte, che invece ritengo fondamentale per poter eseguire al meglio un'operazione culturale. Detto ciò, sicuramente la nostra categoria sta facendo evidenti passi in avanti, ma mi auguro che non ci si fermi».
Infine abbiamo chiesto a Gianluca se, tra i suoi progetti futuri, ci sia anche il desiderio di tornare a casa e di mettere le sue conoscenze al servizio del territorio natale. «Dopo gli studi - ha concluso Gianluca - mi piacerebbe accumulare un po di esperienza, magari internazionale. Se penso al mio avvenire, devo ammettere che mi piacerebbe restare qui non solo per qualche giorno di vacanza. Questa terra abbonda di risorse culturali, ma spesso non ce ne accorgiamo. Ci emozioniamo visitando Roma, Firenze o Bologna, eppure non riusciamo a scorgere la bellezza delle nostre chiese e dei nostri palazzi. Siamo profondamente ricchi, dobbiamo soltanto diventarne consapevoli».
Nello scorso mese di maggio, prima di prendere parte all'intervento sulla "Maestà", Gianluca Leonetti ha collaborato al progetto di restauro delle chiuse del Naviglio di Milano. Il complesso sistema di canali irrigui e navigabili, con baricentro la città ambrosiana, fu progettato da Leonardo Da Vinci e fu costruito per collegare il lago Maggiore, quello di Como ed il basso Ticino. «Dopo aver partecipato - ha continuato Leonetti - ad un corso trimestrale sulla doratura per il restauro, durante il quale ogni sabato mi spostavo da Bologna in Lombardia, ho avuto il piacere di essere coinvolto in questo lavoro. Mi sono occupato della pulizia dei legni massello delle due grandi chiuse, operando con spatole speciali, aspirapolveri e particolari bisturi. E' stato un lavoro di estrema applicazione e, allo stesso tempo, di grande gratificazione».
In una società consumistica come quella contemporanea, dove gli oggetti diventano vecchi in maniera repentina e nella quale spesso si preferiscono materiali usa e getta a beni durevoli, le tradizionali figure artigianali, come calzolai ed arrotini, vivono una drastica fase di contrazione degli affari. Non si può dire la stessa cosa dei restauratori, considerato che il patrimonio storico-culturale italiano rappresenta ancora la maggiore ricchezza del Belpaese. «Fino a qualche decennio fa - ha precisato il giovane andriese - la nostra figura era assimilata quasi a quella del mago, che fantastica sigillato nella sua bottega. Oggi non è più così, anzi, chi vuole fare il restauratore non può prescindere da un'acuta fase di studio. Prima di intervenire sulle opere, risulta fondamentale analizzare scientificamente i materiali utilizzati dall'autore, affinché si possa comprendere le motivazioni che hanno indotto l'artista ad utilizzare una tecnica di lavoro piuttosto che un'altra. Putroppo nel nostro settore, in alcune situazioni, capita ancora di sottovalutare lo studio della Storia dell'Arte, che invece ritengo fondamentale per poter eseguire al meglio un'operazione culturale. Detto ciò, sicuramente la nostra categoria sta facendo evidenti passi in avanti, ma mi auguro che non ci si fermi».
Infine abbiamo chiesto a Gianluca se, tra i suoi progetti futuri, ci sia anche il desiderio di tornare a casa e di mettere le sue conoscenze al servizio del territorio natale. «Dopo gli studi - ha concluso Gianluca - mi piacerebbe accumulare un po di esperienza, magari internazionale. Se penso al mio avvenire, devo ammettere che mi piacerebbe restare qui non solo per qualche giorno di vacanza. Questa terra abbonda di risorse culturali, ma spesso non ce ne accorgiamo. Ci emozioniamo visitando Roma, Firenze o Bologna, eppure non riusciamo a scorgere la bellezza delle nostre chiese e dei nostri palazzi. Siamo profondamente ricchi, dobbiamo soltanto diventarne consapevoli».