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Cronaca

In Puglia il 2,8% delle famiglie non ha un impianto di riscaldamento

La rilevazione a cura del Centro Studi di Confartigianato Imprese su dati Istat

In Puglia, il 97,2 per cento delle famiglie ha installato un impianto di riscaldamento, mentre il 2,8 per cento ne è privo. A rilevarlo è il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Istat. Il sistema di riscaldamento più diffuso è l'impianto autonomo, utilizzato dall'82,9 per cento delle famiglie; seguito dalle apparecchiature singole fisse o portatili (14,1 per cento) e dall'impianto centralizzato (appena il tre per cento delle famiglie). La principale fonte energetica di alimentazione degli impianti di riscaldamento nelle abitazioni pugliesi è il metano, utilizzato dal 78,7 per cento delle famiglie; seguono le biomasse con il 11,5 per cento, l'energia elettrica con il 3,6 per cento, il gpl con il 3,4 per cento e il gasolio con il 2,8 per cento. Oltre la metà delle famiglie pugliesi (57 su 100) non possiede un sistema ausiliario di riscaldamento dell'abitazione, mentre il 43 per cento delle famiglie ha un impianto aggiuntivo a quello principale. La tipologia più diffusa è quella degli apparecchi singoli fissi, utilizzata dal 27,5 per cento, seguita dagli apparecchi singoli portatili (15,5 per cento) e dal sistema centralizzato o autonomo (5,6 per cento).

La quasi totalità delle famiglie possiede un sistema di riscaldamento dell'acqua, solo lo 0,4 per cento delle famiglie non ne dispone. La tipologia di dotazione (unica o prevalente) più comune è l'impianto autonomo (83 per cento), seguito dagli apparecchi singoli, come scaldabagni o scaldacqua (14,9 per cento) e dall'impianto centralizzato (2,1 per cento). Si rileva che il 76 per cento delle famiglie adotta lo stesso sistema per riscaldare l'abitazione e l'acqua, con una prevalenza dell'impianto autonomo su quello centralizzato. I climatizzatori caldo/freddo a pompa di calore sono utilizzati dal 68,8 per cento delle famiglie con un impianto di condizionamento dell'aria, quelli per il solo raffreddamento dal 29,5 per cento e i sistemi centralizzati o autonomi dall'1,7 per cento. Il 17,4 per cento delle famiglie pugliesi fa uso di legna per scopi energetici, consumando mediamente 2,8 tonnellate all'anno (per un totale di 763.505 tonnellate). Una quota molto più bassa, l'1,4 per cento delle famiglie, utilizza i pellets a fini energetici, con un consumo medio annuo di 1,3 tonnellate per famiglia (per un totale di 28.870 tonnellate).

Nel settore dell'Installazione di impianti elettrici, idraulici ed altri lavori di costruzione e installazione si contano 7.107 imprese artigiane, di cui 2.964 nella provincia di Bari, 1.928 in quella di Lecce, 908 in quella di Foggia, 655 in quella di Taranto e 652 in quella di Brindisi. Rappresentano il 5,5 per cento del totale nazionale (129.054). Gli addetti sono ben 14.897, di cui 9.291 nella provincia di Bari, 5.950 in quella di Lecce, 3.033 in quella di Foggia, 2.866 in quella di Taranto e 2.093 in quella di Brindisi. Corrispondono al 5,2 per cento del totale nazionale (284.652). «L'approfondimento effettuato dal nostro Centro Studi regionale – commenta Paolo Lattarulo, presidente degli impiantisti e manutentori termoidraulici di Confartigianato Puglia - fornisce un quadro di dettaglio sulla situazione degli impianti di riscaldamento domestico nella nostra regione: un tema di emergente attualità considerato quanto successo nelle ultime settimane in tante città italiane a causa degli elevati livelli di inquinanti in atmosfera. La larghissima diffusione di impianti di tipo autonomo – spiega il presidente – rende cruciale il ruolo delle numerose imprese pugliesi operanti nel settore dell'installazione e della manutenzione. La periodica e puntuale esecuzione dei controlli da parte di una ditta qualificata non è solo un obbligo di legge: è un passaggio imprescindibile ai fini del mantenimento degli standard di funzionamento e della sostenibilità ambientale degli impianti. Tuttavia, sono troppe le unità non censite o al di fuori di ogni monitoraggio e ciò rappresenta non solo un rischio per la salute pubblica, ma un pericolo concreto per le persone che le utilizzano».
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