Religioni
III Domenica di Quaresima: “Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?”
Riflessioni di don Ettore Lestingi, Direttore dell'Ufficio Liturgico Diocesano e parroco della chiesa Madonna della Grazia
Andria - domenica 15 marzo 2020
E' il grido di ribellione che il popolo d'Israele, durante i 40 anni nel deserto, sperimentando la durezza, la fatica e l'arsura del cammino, rivolse a Mosè, per la mancanza dell'acqua. In quest'ora, in cui stiamo vivendo momenti di smarrimento e di paura e rischiamo di perdere non solo la speranza, ma anche la fede, i nostri cuori sono inquieti e profondi e reali sono interrogativi di senso, nella speranza che qualcuno ci ascolti e ci risponda. Anche noi oggi gridiamo: "Il Signore è in mezzo a noi, sì o no?". Ore di smarrimento in cui forte e reale è la percezione della nostra vulnerabilità, della nostra fragilità. Ci aggrappiamo a tutto e a tutti, perché non è possibile vivere una guerra dove il nemico è invisibile, ti circonda, ti aggredisce, ti colpisce e non sai come difenderti.
Stiamo vivendo lo smarrimento che il popolo visse ai tempi del Profeta Geremia, i cui sentimenti li ritroviamo nel cap. 14: "I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare. Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene, l'ora della salvezza ed ecco il terrore! Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, l'iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. Ma per il tuo nome non abbandonarci, non render spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi".
L'ora presente ci induce ad andare in profondità e con Gesù e la Samaritana, anche noi, stanchi ed oppressi, sediamo al pozzo di Sicar. Abbiamo sete di una presenza e di una parola che ci consoli. Nel lungo colloquio che la Samaritana ebbe con Gesù c'è una domanda che è attualissima alla situazione presente: "Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Nel momento in cui le nostre Chiese sono chiuse molti pongono questa domanda, chiaramente in termini diversi. Si avverte la tristezza di non potersi recare in Chiesa anche per una preghiera personale. E ci sentiamo in esilio.
Mi vengono in mente le parole del salmo 137: Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!». Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.
Questa domanda, che, a pochi giorni da misure restrittive, evidenzia la nostalgia di un luogo molto caro alla nostra gente, e cioè le nostre e loro chiese, ascoltiamo la Parola di Cristo che rispondendo alla Samaritana dice: "Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità".
Adorare Dio in spirito e verità significa che Cristo è il vero tempio in cui si celebra l'incontro di Dio con l'uomo. Non è uno spazio, il luogo dell'incontro, ma la carne di Gesù, unico Mediatore tra Dio e l'umanità. Le nostre Chiese possono essere anche chiuse, ma non è mai preclusa la nostra possibilità di incontrare Cristo che ha detto:" Non temete, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo". Viviamo allora quest'ora nella speranza, perché, come ci ricorda San Paolo: "La speranza non delude mai".
Buona Domenica!
Stiamo vivendo lo smarrimento che il popolo visse ai tempi del Profeta Geremia, i cui sentimenti li ritroviamo nel cap. 14: "I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare. Hai forse rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpito, e non c'è rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c'è alcun bene, l'ora della salvezza ed ecco il terrore! Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità, l'iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te. Ma per il tuo nome non abbandonarci, non render spregevole il trono della tua gloria. Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi".
L'ora presente ci induce ad andare in profondità e con Gesù e la Samaritana, anche noi, stanchi ed oppressi, sediamo al pozzo di Sicar. Abbiamo sete di una presenza e di una parola che ci consoli. Nel lungo colloquio che la Samaritana ebbe con Gesù c'è una domanda che è attualissima alla situazione presente: "Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Nel momento in cui le nostre Chiese sono chiuse molti pongono questa domanda, chiaramente in termini diversi. Si avverte la tristezza di non potersi recare in Chiesa anche per una preghiera personale. E ci sentiamo in esilio.
Mi vengono in mente le parole del salmo 137: Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, canzoni di gioia, i nostri oppressori: «Cantateci i canti di Sion!». Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia.
Questa domanda, che, a pochi giorni da misure restrittive, evidenzia la nostalgia di un luogo molto caro alla nostra gente, e cioè le nostre e loro chiese, ascoltiamo la Parola di Cristo che rispondendo alla Samaritana dice: "Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità".
Adorare Dio in spirito e verità significa che Cristo è il vero tempio in cui si celebra l'incontro di Dio con l'uomo. Non è uno spazio, il luogo dell'incontro, ma la carne di Gesù, unico Mediatore tra Dio e l'umanità. Le nostre Chiese possono essere anche chiuse, ma non è mai preclusa la nostra possibilità di incontrare Cristo che ha detto:" Non temete, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo". Viviamo allora quest'ora nella speranza, perché, come ci ricorda San Paolo: "La speranza non delude mai".
Buona Domenica!