Territorio
I pugliesi non spendono: crescono i risparmi
I depositi bancari in Puglia superano i 51 miliardi di euro. Pubblicato il report di Confartigianato
Puglia - venerdì 5 aprile 2013
14.07
I pugliesi non spendono. E crescono i risparmi. Aumentano, infatti, i depositi bancari in Puglia: oltre 51 miliardi di euro, custoditi sotto forma o di conti correnti o di buoni fruttiferi o di certificati di deposito o di assegni bancari interni o di depositi cauzionali costituiti da terzi. E' quanto emerge da un report del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia.
In un anno, da gennaio 2012 a gennaio scorso, i depositi sono cresciuti del 4,8 per cento. Una percentuale in controtendenza rispetto ad altre regioni italiane, dove la capacità di accumulare risparmio si è ridotta a causa dell'acuirsi della crisi. In Puglia, da 48 miliardi 717 milioni di euro si sale a 51 miliardi 41 milioni. L'incremento è di due miliardi 324 milioni. In dettaglio, l'88,2 per cento appartiene alle famiglie (45 miliardi), il 7,8 per cento alle imprese (3,9 miliardi), appena l'1,9 per cento alle amministrazioni pubbliche (964 milioni), lo 0,9 per cento alle istituzioni senza scopo di lucro (473 milioni) e lo 0,5 per cento a società finanziarie (237 milioni).
In particolare, i risparmi delle famiglie (consumatrici e produttrici) sono aumentati del 7 per cento (da 42 a 45 miliardi). Il dato è senz'altro da interpretare: le possibili spiegazioni vanno ricercate nell'incertezza economica che ha frenato gli acquisti e gli investimenti, nonché nella maggiore preoccupazione per l'introduzione di nuove imposte e tasse. Così, molte famiglie hanno pensato di mettere da parte i propri risparmi. In economia, però, non è sempre un bene. Anzi, può, avere conseguenze negative sul tessuto produttivo locale.
Un grande economista britannico, John Maynard Keynes, sosteneva che: «ogni volta che risparmiate cinque scellini, togliete a un uomo il lavoro di una giornata». Questo "paradosso" riferito al risparmio spiega come una delle più classiche virtù (che è quella di accumulare denaro di scorta) può creare «danni», se lo stesso risparmio non viene fatto più ri-circolare nel grande circuito dei movimenti di spesa e di acquisti. Perciò, considerata la contrazione dei consumi sempre più marcata, continuare a risparmiare e spendere meno vuol dire fare ancora più male all'economia di quanto non ne possano provocare le decisioni del Governo e l'inasprimento della pressione fiscale.
«L'incertezza economica - spiega il presidente di Confartigianato Imprese Puglia, Francesco Sgherza - spinge le famiglie a risparmiare. Occorrono scelte chiare a favore del rilancio dei consumi, altrimenti non si riuscirà ad innescare l'agognata ripresa della produttività e dell'economia reale». Per il presidente, «è necessaria la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sui lavoratori, che ha frenato, soprattutto a livello psicologico, i consumi».
Intanto, i depositi della pubblica amministrazione sembrano finiti in una spirale. Nello stesso periodo, infatti, sono diminuiti del 39,7 per cento (da 1,6 miliardi a 964 milioni). Una contrazione che «certifica», in modo chiaro, lo stato di grave difficoltà attraversato dagli enti locali, nonostante la forte tassazione a carico dei cittadini. Riguardo, poi, alle società finanziarie, compresi gli intermediari, si registra, in termini relativi, la migliore performance: più 22,9 per cento (da 193 milioni a 237 milioni). Circa le società cosiddette non finanziarie, cioè le imprese che producono beni e servizi, l'incremento è del 4,2 per cento (da 3,8 miliardi a 3,9 miliardi). Salgono anche i depositi delle istituzioni senza scopo di lucro. Le risorse principali, oltre a quelle derivanti da vendite occasionali, provengono da contributi volontari, versati da amministrazioni pubbliche e famiglie.
In un anno, da gennaio 2012 a gennaio scorso, i depositi sono cresciuti del 4,8 per cento. Una percentuale in controtendenza rispetto ad altre regioni italiane, dove la capacità di accumulare risparmio si è ridotta a causa dell'acuirsi della crisi. In Puglia, da 48 miliardi 717 milioni di euro si sale a 51 miliardi 41 milioni. L'incremento è di due miliardi 324 milioni. In dettaglio, l'88,2 per cento appartiene alle famiglie (45 miliardi), il 7,8 per cento alle imprese (3,9 miliardi), appena l'1,9 per cento alle amministrazioni pubbliche (964 milioni), lo 0,9 per cento alle istituzioni senza scopo di lucro (473 milioni) e lo 0,5 per cento a società finanziarie (237 milioni).
In particolare, i risparmi delle famiglie (consumatrici e produttrici) sono aumentati del 7 per cento (da 42 a 45 miliardi). Il dato è senz'altro da interpretare: le possibili spiegazioni vanno ricercate nell'incertezza economica che ha frenato gli acquisti e gli investimenti, nonché nella maggiore preoccupazione per l'introduzione di nuove imposte e tasse. Così, molte famiglie hanno pensato di mettere da parte i propri risparmi. In economia, però, non è sempre un bene. Anzi, può, avere conseguenze negative sul tessuto produttivo locale.
Un grande economista britannico, John Maynard Keynes, sosteneva che: «ogni volta che risparmiate cinque scellini, togliete a un uomo il lavoro di una giornata». Questo "paradosso" riferito al risparmio spiega come una delle più classiche virtù (che è quella di accumulare denaro di scorta) può creare «danni», se lo stesso risparmio non viene fatto più ri-circolare nel grande circuito dei movimenti di spesa e di acquisti. Perciò, considerata la contrazione dei consumi sempre più marcata, continuare a risparmiare e spendere meno vuol dire fare ancora più male all'economia di quanto non ne possano provocare le decisioni del Governo e l'inasprimento della pressione fiscale.
«L'incertezza economica - spiega il presidente di Confartigianato Imprese Puglia, Francesco Sgherza - spinge le famiglie a risparmiare. Occorrono scelte chiare a favore del rilancio dei consumi, altrimenti non si riuscirà ad innescare l'agognata ripresa della produttività e dell'economia reale». Per il presidente, «è necessaria la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sui lavoratori, che ha frenato, soprattutto a livello psicologico, i consumi».
Intanto, i depositi della pubblica amministrazione sembrano finiti in una spirale. Nello stesso periodo, infatti, sono diminuiti del 39,7 per cento (da 1,6 miliardi a 964 milioni). Una contrazione che «certifica», in modo chiaro, lo stato di grave difficoltà attraversato dagli enti locali, nonostante la forte tassazione a carico dei cittadini. Riguardo, poi, alle società finanziarie, compresi gli intermediari, si registra, in termini relativi, la migliore performance: più 22,9 per cento (da 193 milioni a 237 milioni). Circa le società cosiddette non finanziarie, cioè le imprese che producono beni e servizi, l'incremento è del 4,2 per cento (da 3,8 miliardi a 3,9 miliardi). Salgono anche i depositi delle istituzioni senza scopo di lucro. Le risorse principali, oltre a quelle derivanti da vendite occasionali, provengono da contributi volontari, versati da amministrazioni pubbliche e famiglie.