Scuola e Lavoro
Gli studenti del liceo "Carlo Troya" alla scoperta del progetto "Senza Sbarre"
Incontro con don Riccardo Agresti e il prof. avv. Giuseppe Losappio ed i tutors, avv. Lucio de Benedictis ed il prof. avv. Tiberio Di Bari
Andria - mercoledì 12 giugno 2019
15.06
Nella mattinata di ieri, marted' 11 giugno 2019, i ragazzi del liceo "Carlo Troya" di Andria, coordinati dal tutor esperto avv. Lucio de Benedictis e dal prof. avv. Tiberio Di Bari, quasi a conclusione del PON - Alternanza scuola lavoro, sono stati ospiti presso la Masseria San Vittore che porta avanti il progetto diocesano "Senza Sbarre". Gli studenti hanno visto la partecipazione del Prof. Avv. Giuseppe Losappio: magistrale ed applauditissima la sua lezione sulla pena e sulla sua funzione rieducativa, mentre la convincente oratoria di don Riccardo Agresti, accompagnata dalla voce di uno dei suoi ospiti, lascia sempre un groppo in gola.
"San Vittore è una splendida location per un qualcosa che non ha uguali: è un luogo ameno - scrive sui social l'avv. Lucio De Benedictis in merito al progetto- dove si svolge un lungimirante progetto di inclusione di detenuti fonte di speranza per chi, riconoscendo i suoi errori, sta cercando di redimersi e di rendersi utile sia per la società che per se stesso. Lo Stato qui collabora con la Diocesi (qui rappresentata dal tenace don Riccardo Agresti e da don Vincenzo Giannelli) nel ricostruire l'uomo distrutto dalla dura esperienza carceraria, non con parole, ma facendolo lavorare (i detenuti coltivano terra, producono pasta, ecc.). Alcuni di loro la sera tornano in carcere sapendo però che la mattina dopo non vedranno i tre metri quadrati di una triste cella, ma campi coltivati ed andranno a lavorare, si sentiranno utili".
"San Vittore è una splendida location per un qualcosa che non ha uguali: è un luogo ameno - scrive sui social l'avv. Lucio De Benedictis in merito al progetto- dove si svolge un lungimirante progetto di inclusione di detenuti fonte di speranza per chi, riconoscendo i suoi errori, sta cercando di redimersi e di rendersi utile sia per la società che per se stesso. Lo Stato qui collabora con la Diocesi (qui rappresentata dal tenace don Riccardo Agresti e da don Vincenzo Giannelli) nel ricostruire l'uomo distrutto dalla dura esperienza carceraria, non con parole, ma facendolo lavorare (i detenuti coltivano terra, producono pasta, ecc.). Alcuni di loro la sera tornano in carcere sapendo però che la mattina dopo non vedranno i tre metri quadrati di una triste cella, ma campi coltivati ed andranno a lavorare, si sentiranno utili".