Vita di città
Giornata del Ricordo, il messaggio del Sindaco Bruno
"Abbiamo il dovere di non dimenticare", ha sottolineato la Prima cittadina rivolta agli studenti di Andria
Andria - sabato 11 febbraio 2023
3.43
"Cari ragazzi, non so se vi è stata raccontata una storia che ho ascoltato proprio tra i banchi di scuola, diversi anni or sono.
Alcuni anni dopo la II Guerra, a Bari, a pochi kilometri da noi, arrivarono decine di famiglie dai cognomi strani; anzi, per essere precisi, erano cognomi diversi da quelli che erano abituati a pronunciare i nostri nonni.
Erano cognomi gentili, dal suono inconsueto, appartenenti a persone che provenivano dal nord, dalla lontana Venezia Giulia. Di più. Essi erano italiani che fuggivano dall'orrore della guerra, una guerra di risentimento e di purga razziale, di reazione verso quegli Italiani accusati di avere avuto parte nella scellerata avventura del fascismo.
Per questo motivo, il maresciallo Tito li aveva banditi; o, meglio, aveva concesso loro il beneficio della fuga piuttosto che la morte nelle foibe, le strette e profonde cavità carsiche che si aprono nel territorio della ex Jugoslavia.
Così, con il passaggio dell'Istria alla nazione balcanica, non ci fu più posto per chi portava un cognome gentile ed italiano.
L'alternativa sarebbe stata la morte, gettati in un fosso, dopo essere stati legati col filo di ferro.
Una morte atroce, di una crudeltà inimmaginabile, che abbiamo scoperto del tutto solo pochi anni fa, quando fu possibile ai nostri storici accedere agli archivi segreti di quel regime ed ai nostri speleologi calarsi in quei budelli vertiginosi per trovare cataste di cadaveri scarnificati e privi di una sepoltura, cui si provvide, nella speranza di dare una parvenza di dignità a colori a cui era era stata brutalmente negata.
Allo stesso modo, venne istituita la giornata del Ricordo, che è una funzione della memoria.
Morti perché Italiani, uccisi perché diversi.
Tutti auspichiamo, almeno a parole, che queste tragedie non avvengano mai più.
Ma il male è banale, come ripeto spesso; così come banale è il rischio di fare il tifo per uno o per un altro assassinio.
L'Italia ripudia la guerra, l'odio razziale, la morte. Non dimentichiamolo. Memoria e ricordo non devono dividere e diventare le rispettive bandiere di una o dell'altra parte.
Abbiamo il dovere di non dimenticare. E di leggere nella storia, non di farci inghiottire dal marcio delle foibe di pseudo appartenenze politiche, a difendere quale crimine sia stato il peggiore, quale quello di destra o quello di sinistra.
Io a questo ribasso non ci sto. E chiedo a voi tutti di fare lo stesso.
Ripartiamo da qui. Dal rispetto della storia, senza necessariamente giudicarla.
Dal rispetto dei ruoli che ricopriamo, sempre al di sopra di becere divisioni".
Alcuni anni dopo la II Guerra, a Bari, a pochi kilometri da noi, arrivarono decine di famiglie dai cognomi strani; anzi, per essere precisi, erano cognomi diversi da quelli che erano abituati a pronunciare i nostri nonni.
Erano cognomi gentili, dal suono inconsueto, appartenenti a persone che provenivano dal nord, dalla lontana Venezia Giulia. Di più. Essi erano italiani che fuggivano dall'orrore della guerra, una guerra di risentimento e di purga razziale, di reazione verso quegli Italiani accusati di avere avuto parte nella scellerata avventura del fascismo.
Per questo motivo, il maresciallo Tito li aveva banditi; o, meglio, aveva concesso loro il beneficio della fuga piuttosto che la morte nelle foibe, le strette e profonde cavità carsiche che si aprono nel territorio della ex Jugoslavia.
Così, con il passaggio dell'Istria alla nazione balcanica, non ci fu più posto per chi portava un cognome gentile ed italiano.
L'alternativa sarebbe stata la morte, gettati in un fosso, dopo essere stati legati col filo di ferro.
Una morte atroce, di una crudeltà inimmaginabile, che abbiamo scoperto del tutto solo pochi anni fa, quando fu possibile ai nostri storici accedere agli archivi segreti di quel regime ed ai nostri speleologi calarsi in quei budelli vertiginosi per trovare cataste di cadaveri scarnificati e privi di una sepoltura, cui si provvide, nella speranza di dare una parvenza di dignità a colori a cui era era stata brutalmente negata.
Allo stesso modo, venne istituita la giornata del Ricordo, che è una funzione della memoria.
Morti perché Italiani, uccisi perché diversi.
Tutti auspichiamo, almeno a parole, che queste tragedie non avvengano mai più.
Ma il male è banale, come ripeto spesso; così come banale è il rischio di fare il tifo per uno o per un altro assassinio.
L'Italia ripudia la guerra, l'odio razziale, la morte. Non dimentichiamolo. Memoria e ricordo non devono dividere e diventare le rispettive bandiere di una o dell'altra parte.
Abbiamo il dovere di non dimenticare. E di leggere nella storia, non di farci inghiottire dal marcio delle foibe di pseudo appartenenze politiche, a difendere quale crimine sia stato il peggiore, quale quello di destra o quello di sinistra.
Io a questo ribasso non ci sto. E chiedo a voi tutti di fare lo stesso.
Ripartiamo da qui. Dal rispetto della storia, senza necessariamente giudicarla.
Dal rispetto dei ruoli che ricopriamo, sempre al di sopra di becere divisioni".