Commento
Gennaro Piccolo: “La Politica Ancella dei Popoli”
Riflessione del referente del Centro Igino Giordani di Andria
Andria - giovedì 22 marzo 2018
«Ad elezioni avvenute, parlando qua e là ancora di politica, spesso si colgono due atteggiamenti: di chi sente di avere la coscienza apposto per aver fatto tutto il proprio dovere con l'essere andato a votare, ma che dopo non ne vuole più sapere perché ora tocca ai politici, dando in tal modo un voto passivo, auto-espropriativo, che diventa quasi un fatto di abdicazione quinquennale; l'altro atteggiamento è di chi è molto arrabbiato per la sconfitta». Lo dichiara il referente del "Centro Igino Giordani" di Andria, Gennaro Piccolo, a poco più di due settimane dalle elezioni politiche.
«Credo fermamente sia giunto il momento che i due atteggiamenti possano e debbano essere corretti.
Per il primo: l'elettore non può più accontentarsi del 'nudo votare', ma deve poter fare qualcosa di più. Deve assumere l'iniziativa e svolgere col potere un dialogo in cui il voto sia solo la frase di un discorso più lungo e ampio.
Per ciascuno vale il principio che il dialogo può essere condotto con efficacia se lo si cerca non da isolati ma aggregati in gruppi che siano ricchi di idee, iniziative e proposte, e ciò perché il rapporto fra detentori del potere e cittadini è fortemente asimmetrico. Votare da isolati e colloquiare come singoli con i partiti e gli amministratori pubblici significa avere poca o nessuna possibilità di influire sull'andamento della Comunità politica. La classe dirigente –non per cattiveria ma per le durezze situazionali—è portata ad essere sensibile solo alla voce di interlocutori molto valiti: o singoli cittadini potenti (per consistenza economica o per influsso politico o per prestigio) o cittadini associati o attivi.
E' solo in forme corali e pubbliche che si può attuare sugli eletti un'adeguata azione di stimolo e di controllo, pena il continuare a lamentarci sterilmente; ad assistere che programmi e progetti vengono elaborati a tavolino svuotando ancor di più il rapporto tra politici e cittadini.
Per il secondo atteggiamento: ritrovare il "fascino" di ripartire dalla sconfitta, da un saper perdere che, se ben accolto, porta a contribuire nel recuperare una dimensione serena e alta della politica, così come dello sport e di altri aspetti della vita, non riducendo banalmente questo concetto ad una mortificante rassegnazione di fronte a un risultato avverso, restando così impigliati in posizioni aride, tentati dal dividersi, ma contenti di passare la 'palla' –come è saggio fare nel calcio—anziché volerla tenere per sé.
Attuare le diverse sfumature del 'saper perdere per saper vincere, significa apprezzare il valore del vincitore, riconoscere l'efficacia della sua strategia….mentre, di contro, i vincitori riconoscere con onestà qualche virtù degli sconfitti, qualche loro realizzazione positiva continuando a parlarsi gli uni con gli altri senza parlar male gli uni degli altri!
E noi cittadini?.....Qualche volta in più, cerchiamo di riportare alla mente e –mettere in pratica-- quel pensiero di John F. Kennedy: "Non chiedete sempre cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa voi potete fare per il vostro paese".
E' con queste realtà nel cuore che sarà più fruttuoso che vincitori e vinti sapremo leggere i segni di modi opportuni e a ciascuno possibili per fare tutta la propria parte e condividere fino in fondo con la propria gente e con l'umanità intera le sofferenze e le incertezze nella ricerca delle soluzioni e sperare così che la Politica la smetta di farci soffrire, di essere il nostro cilicio –come amava dire un Padre Costituente--, non più nostra Padrona….ma scopra tutta la Bellezza di essere Ancella dei Popoli.
E' un sogno? Sfido chiunque a farne uno più bello!»
«Credo fermamente sia giunto il momento che i due atteggiamenti possano e debbano essere corretti.
Per il primo: l'elettore non può più accontentarsi del 'nudo votare', ma deve poter fare qualcosa di più. Deve assumere l'iniziativa e svolgere col potere un dialogo in cui il voto sia solo la frase di un discorso più lungo e ampio.
Per ciascuno vale il principio che il dialogo può essere condotto con efficacia se lo si cerca non da isolati ma aggregati in gruppi che siano ricchi di idee, iniziative e proposte, e ciò perché il rapporto fra detentori del potere e cittadini è fortemente asimmetrico. Votare da isolati e colloquiare come singoli con i partiti e gli amministratori pubblici significa avere poca o nessuna possibilità di influire sull'andamento della Comunità politica. La classe dirigente –non per cattiveria ma per le durezze situazionali—è portata ad essere sensibile solo alla voce di interlocutori molto valiti: o singoli cittadini potenti (per consistenza economica o per influsso politico o per prestigio) o cittadini associati o attivi.
E' solo in forme corali e pubbliche che si può attuare sugli eletti un'adeguata azione di stimolo e di controllo, pena il continuare a lamentarci sterilmente; ad assistere che programmi e progetti vengono elaborati a tavolino svuotando ancor di più il rapporto tra politici e cittadini.
Per il secondo atteggiamento: ritrovare il "fascino" di ripartire dalla sconfitta, da un saper perdere che, se ben accolto, porta a contribuire nel recuperare una dimensione serena e alta della politica, così come dello sport e di altri aspetti della vita, non riducendo banalmente questo concetto ad una mortificante rassegnazione di fronte a un risultato avverso, restando così impigliati in posizioni aride, tentati dal dividersi, ma contenti di passare la 'palla' –come è saggio fare nel calcio—anziché volerla tenere per sé.
Attuare le diverse sfumature del 'saper perdere per saper vincere, significa apprezzare il valore del vincitore, riconoscere l'efficacia della sua strategia….mentre, di contro, i vincitori riconoscere con onestà qualche virtù degli sconfitti, qualche loro realizzazione positiva continuando a parlarsi gli uni con gli altri senza parlar male gli uni degli altri!
E noi cittadini?.....Qualche volta in più, cerchiamo di riportare alla mente e –mettere in pratica-- quel pensiero di John F. Kennedy: "Non chiedete sempre cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa voi potete fare per il vostro paese".
E' con queste realtà nel cuore che sarà più fruttuoso che vincitori e vinti sapremo leggere i segni di modi opportuni e a ciascuno possibili per fare tutta la propria parte e condividere fino in fondo con la propria gente e con l'umanità intera le sofferenze e le incertezze nella ricerca delle soluzioni e sperare così che la Politica la smetta di farci soffrire, di essere il nostro cilicio –come amava dire un Padre Costituente--, non più nostra Padrona….ma scopra tutta la Bellezza di essere Ancella dei Popoli.
E' un sogno? Sfido chiunque a farne uno più bello!»