Eventi e cultura
Festival della Disperazione ad Andria, bilancio positivo: «Questa V edizione è la migliore di sempre»
Oltre 10 giorni di fermento disperato, gli organizzatori: «Non solo una rassegna di appuntamenti culturali, ma un vero e proprio stato d'animo»
Andria - lunedì 2 agosto 2021
10.58
Bilanci della Disperazione: questa V edizione del Festival ad Andria è la migliore di sempre. Oltre dieci giorni di fermento disperato nella città federiciana, perché il Festival della Disperazione (21/31 luglio) non è solo una rassegna di appuntamenti culturali, ma un vero e proprio stato d'animo. Soprattutto in un periodo come questo.
«È stata un'edizione nata in maniera rocambolesca, non appena la pandemia ci ha lasciato uno spiraglio - afferma Gigi Brandonisio, il direttore artistico -. 'Un compromesso al ribasso' è stato il claim di questa edizione, nato dalla necessità di riadattare tutto per poter rispettare le regole anti covid. Il programma è stato ampio e variegato, con linee tematiche differenti ma che, in qualche modo, si sono intrecciate tra loro. Il tentativo è sempre quello di fare una proposta complessiva di qualità, che unisca l'intrattenimento all'approfondimento e alla riflessione. In questo senso non ci sono scelte azzardate ma scelte consapevoli. L'esperimento, che dura da cinque anni, è quello di convincere il pubblico a lasciarsi incuriosire dalle proposte, anche da quelle meno popolari, certi della positiva sorpresa che li attende. Non è un esperimento sempre riuscito ma oramai crediamo che il solco sia stato tracciato, pur rimandendo ancora molto da fare e da lavorare».
Un esprimenti riuscito proprio grazie al pubblico, che ha partecipato in maniera entusiastica. I dati raccontano che è l'edizione migliore delle cinque per numero di partecipanti il che conferma la crescita costante del Festival che oramai è diventato un appuntamento consolidato e atteso dal pubblico di appassionati. I dati ci dicono di una crescita impressionate delle presenza da fuori città: circa il 67% dei fruitori del festival è arrivato da ogni parte della Puglia ma anche da fuori regione come confermano le numerose presenze provenienti dalla Campania, dalla Basilicata, dal Lazio e, in misura minore, da altre regioni italiane come Toscana Lombardia ed emilia Romagna. Una flessione l'abbiamo registrata ad Andria, la città che ospita il Festival, ma su questo dato è presto per esprimere un giudizio.
Quel che preme sottolineare è che il Festival è tutt'altro che disperato: menti e realtà locali hanno fatto rete giorno dopo giorno per alimentare un fermento culturale. Si è dedicata particolare attenzione alla lotta contro la povertà educativa, grazie alla collaborazione della fondazione Guglielmo Minervini, con la quale si è garantito l'accesso a 200 ragazzi in difficoltà. "Nonostante l'aria di vacanza, molti ragazzi hanno partecipato. Per alcuni è stata una prima volta in assoluto, non solo al Festival ma in generale ad una manifestazione culturale. Credo sia stato un esperimento importante, sicuramente da ripetere con una pianificazione più ampia e ragionata.
Pochissimi festival partiti dal basso che riescono a diventare appuntamenti cosi attesi. Adesso la promessa per i prossimi anni qual è? «Non facciamo promesse, quelle le lasciamo alla politica. Il futuro di un Festival della Disperazione è sempre incerto e oggi non ci pensiamo troppo», conclude Gigi Brandonisio.
«È stata un'edizione nata in maniera rocambolesca, non appena la pandemia ci ha lasciato uno spiraglio - afferma Gigi Brandonisio, il direttore artistico -. 'Un compromesso al ribasso' è stato il claim di questa edizione, nato dalla necessità di riadattare tutto per poter rispettare le regole anti covid. Il programma è stato ampio e variegato, con linee tematiche differenti ma che, in qualche modo, si sono intrecciate tra loro. Il tentativo è sempre quello di fare una proposta complessiva di qualità, che unisca l'intrattenimento all'approfondimento e alla riflessione. In questo senso non ci sono scelte azzardate ma scelte consapevoli. L'esperimento, che dura da cinque anni, è quello di convincere il pubblico a lasciarsi incuriosire dalle proposte, anche da quelle meno popolari, certi della positiva sorpresa che li attende. Non è un esperimento sempre riuscito ma oramai crediamo che il solco sia stato tracciato, pur rimandendo ancora molto da fare e da lavorare».
Un esprimenti riuscito proprio grazie al pubblico, che ha partecipato in maniera entusiastica. I dati raccontano che è l'edizione migliore delle cinque per numero di partecipanti il che conferma la crescita costante del Festival che oramai è diventato un appuntamento consolidato e atteso dal pubblico di appassionati. I dati ci dicono di una crescita impressionate delle presenza da fuori città: circa il 67% dei fruitori del festival è arrivato da ogni parte della Puglia ma anche da fuori regione come confermano le numerose presenze provenienti dalla Campania, dalla Basilicata, dal Lazio e, in misura minore, da altre regioni italiane come Toscana Lombardia ed emilia Romagna. Una flessione l'abbiamo registrata ad Andria, la città che ospita il Festival, ma su questo dato è presto per esprimere un giudizio.
Quel che preme sottolineare è che il Festival è tutt'altro che disperato: menti e realtà locali hanno fatto rete giorno dopo giorno per alimentare un fermento culturale. Si è dedicata particolare attenzione alla lotta contro la povertà educativa, grazie alla collaborazione della fondazione Guglielmo Minervini, con la quale si è garantito l'accesso a 200 ragazzi in difficoltà. "Nonostante l'aria di vacanza, molti ragazzi hanno partecipato. Per alcuni è stata una prima volta in assoluto, non solo al Festival ma in generale ad una manifestazione culturale. Credo sia stato un esperimento importante, sicuramente da ripetere con una pianificazione più ampia e ragionata.
Pochissimi festival partiti dal basso che riescono a diventare appuntamenti cosi attesi. Adesso la promessa per i prossimi anni qual è? «Non facciamo promesse, quelle le lasciamo alla politica. Il futuro di un Festival della Disperazione è sempre incerto e oggi non ci pensiamo troppo», conclude Gigi Brandonisio.