Politica
Family Day, Di Terlizzi: «Diciamo No al DDL Cirinnà»
Il Coordinatore cittadino di Fratelli d'Italia AN parla di Unioni Civili
Andria - sabato 30 gennaio 2016
10.08
«Come sempre accade, le argomentazioni che toccano le coscienze di ciascuno, creano dibattito, confronto, alternarsi di opinioni e spesso come avviene nel nostro Paese lo schierarsi a prescindere come se la morale o la verità appartenesse solo ad una ristretta cerchia di intellettuali di una certa fazione politica». Comincia così la lunga nota del gruppo di Fratelli d'Italia AN Andria, tramite il portavoce cittadino Gaetano Di Terlizzi, in riferimento alle recenti discussioni in merito ad unioni civili e ddl Cirinnà. Nella giornata odierna, infatti, è previsto il Family Day a Roma. «Oggi è difficile poter liberamente esprimere una propria posizione in materia, perché il qualunquismo imperante di taluni, espresso attraverso dichiarazioni e attacchi personali, od addirittura il bersagliare in modo bieco luoghi che ospitano manifestazioni di confronto e discussione, come accaduto di recente nella nostra città, lasciano un senso di amarezza, di triste interpretazione della realtà. Il silenzio voluto ed il contraddittorio di alcuni, non è certo pari alla concretezza delle argomentazioni che tali vogliono rendere pubbliche. Così accade di essere etichettati con epiteti irripetibili, con accuse su social di basso profilo, con il rivangare nel passato, personale e discreto di un leader come l'On. Giorgia Meloni, che di certo non ha mai apostrofato alcuno con frasi cariche di uno scadente moralismo».
«Ecco il nostro Paese - prosegue Di Terlizzi - diviso come sempre tra quanti pensano di custodire lo scettro della morale, della cultura, dell'intelletto e chi invece in contrapposizione, vuole solo manifestare un'altra faccia della realtà. Grazie anche ad un Governo centrale, che timoroso di una deriva politica, oramai è pronto a sfornare qualsiasi riforma, legge o dictat in grado di unire tutti, purchè si vinca indiscriminatamente. E si rimanda poi il tutto all'aver letto o meno profondi testi di affermati filosofi, od acclarati sociologi, a voler rimarcare una differenza di concetto che in sostanza è di fatto del tutto assente. Fatta tale premessa - prosegue il portavoce cittadino andriese Di Terlizzi - sono certo che se ponessimo un interrogativo per chiedere a quanti oggi puntano il dito contro chi manifesta il proprio dissenso, di cosa realmente si discute nel merito, non otterremmo risposta alcuna, o saremmo inondati dai soliti concetti preconfezionati, da togliere dalla naftalina e rivendere all'occorrenza, senza comprendere in fondo la natura del problema. Ad oggi si afferma da parte di taluni che i figli di coppie omosessuali sono 100mila! Cifra che il mondo omosessuale sbandiera per sostenere la stepchild adoption inserita nel ddl Cirinnà sulle unioni civili. I dati Istat, invece, smentiscono la teoria dei 100mila figli di coppie omosessuali, come riportato dall'Avvenire, che ha smontato, cifre alla mano, questa ennesima bugia che il mainstream mediatico vorrebbe far passare come verità».
«Dall'ultimo censimento Istat - prosegue Di Terlizzi - infatti, datato 2011, sebbene non vi sia un numero preciso dei minori che vivono con coppie omosessuali, si evince che dei 16 milioni 648 mila nuclei familiari censiti quelli monogenitoriali sono 2 milioni 651 mila, mentre gli altri 13 milioni 997 mila sono i nuclei in cui è presente una coppia con uno o più figli. Tra queste le coppie eterosessuali sono 13 milioni 990 mila, quelle omosessuali 7513. Fra queste ultime 7513, ce ne sono 529 con figli. Sebbene, infatti, non sia possibile avere una stima precisa dei figli di coppie omosessuali, considerando la media nazionale di 1,5 figli a famiglia, la cifra totale passa da 529 a 793 e, anche ipotizzando che ogni coppia abbia due figli si arriva a 1.058. Se, poi, consideriamo anche il 15% di coppie gay con figli che non hanno voluto dichiarare il loro orientamento sessuale, la cifra complessiva risulta essere sempre molto al di sotto dei 100mila. Questi dati, quindi, allontanano la teoria dei sostenitori della stepchild adoption e avvalorano la tesi che l'articolo 5 del ddl Cirinnà sia stato inserito solo per consentire, attraverso vie traverse, l'utero in affitto. Potremmo dunque interrogarci sul perché la 'stepchild' apre la strada all'utero in affitto? Perché, legittimando l'adozione gay, indurrebbe alcune coppie omosessuali a ricorrere a questa pratica di sfruttamento. La proposta Cirinnà inoltre, presenta rischi di incostituzionalità, in quanto secondo la Corte costituzionale la regolamentazione delle unioni civili avrebbe dovuto essere 'diversa dal matrimonio' (sentenza n. 138/2010). Invece, anche nella nuova stesura, sono rimasti tutti i riferimenti agli articoli del Codice civile che disciplinano il matrimonio. Anche i nuovi emendamenti allo studio sono tutti da verificare sotto questo punto di vista. A ragion veduta si comprende di come esistano delle incongruenze di fatto, ad esempio per sciogliere le unioni civili omosessuali, il ddl Cirinnà fa riferimento alla disciplina della separazione e del divorzio (capo V del titolo VI del libro primo del Codice civile). Ma quelle leggi erano pensate per sciogliere un vincolo matrimoniale, non una «dichiarazione davanti all'ufficiale di stato civile ». Di fatto non si ha certezza su cosa succederebbe. Tutta da verificare anche la compatibilità del disegno di legge con la norma sul diritto al riconoscimento delle origini biologiche approvata nel giugno scorso».
«E da ultimo - dice ancora Di Terlizzi - quella che rappresenta un vero mercimonio che potrebbe ingenerarsi, ovvero il pensare di "affittare" l'utero di una donna, che porterà in grembo, vivrà le gioie ed i dolori di una gestazione, le sofferenze e le angosce, l'ansia e la preoccupazione, che una madre prova durante il quei nove mesi così ricchi di emozione. È la condizione che viene anche definita come surrogazione di maternità, che seppur legale in taluni stati esteri, potrebbe ingenerare una vera e propria condizione di mercimonio, con tanto di tariffario correlato, in modo particolare in paesi tristemente famosi per miseria e condizioni di vita difficoltose, come per altro già accaduto. Per tutto questo, lontano dal voler offendere le coscienze di quanti si sentiranno comunque delegittimati del proprio potere di sovrana moralità, di quanti si rifugeranno nell'attacco senza fine alcuno, ma solo mosso da visioni stereotipate, di quanti ritengono che oramai tutto possa essere sovvertito, anche il concetto più profondo di famiglia, noi diciamo no al DDL Cirinnà».
«Ecco il nostro Paese - prosegue Di Terlizzi - diviso come sempre tra quanti pensano di custodire lo scettro della morale, della cultura, dell'intelletto e chi invece in contrapposizione, vuole solo manifestare un'altra faccia della realtà. Grazie anche ad un Governo centrale, che timoroso di una deriva politica, oramai è pronto a sfornare qualsiasi riforma, legge o dictat in grado di unire tutti, purchè si vinca indiscriminatamente. E si rimanda poi il tutto all'aver letto o meno profondi testi di affermati filosofi, od acclarati sociologi, a voler rimarcare una differenza di concetto che in sostanza è di fatto del tutto assente. Fatta tale premessa - prosegue il portavoce cittadino andriese Di Terlizzi - sono certo che se ponessimo un interrogativo per chiedere a quanti oggi puntano il dito contro chi manifesta il proprio dissenso, di cosa realmente si discute nel merito, non otterremmo risposta alcuna, o saremmo inondati dai soliti concetti preconfezionati, da togliere dalla naftalina e rivendere all'occorrenza, senza comprendere in fondo la natura del problema. Ad oggi si afferma da parte di taluni che i figli di coppie omosessuali sono 100mila! Cifra che il mondo omosessuale sbandiera per sostenere la stepchild adoption inserita nel ddl Cirinnà sulle unioni civili. I dati Istat, invece, smentiscono la teoria dei 100mila figli di coppie omosessuali, come riportato dall'Avvenire, che ha smontato, cifre alla mano, questa ennesima bugia che il mainstream mediatico vorrebbe far passare come verità».
«Dall'ultimo censimento Istat - prosegue Di Terlizzi - infatti, datato 2011, sebbene non vi sia un numero preciso dei minori che vivono con coppie omosessuali, si evince che dei 16 milioni 648 mila nuclei familiari censiti quelli monogenitoriali sono 2 milioni 651 mila, mentre gli altri 13 milioni 997 mila sono i nuclei in cui è presente una coppia con uno o più figli. Tra queste le coppie eterosessuali sono 13 milioni 990 mila, quelle omosessuali 7513. Fra queste ultime 7513, ce ne sono 529 con figli. Sebbene, infatti, non sia possibile avere una stima precisa dei figli di coppie omosessuali, considerando la media nazionale di 1,5 figli a famiglia, la cifra totale passa da 529 a 793 e, anche ipotizzando che ogni coppia abbia due figli si arriva a 1.058. Se, poi, consideriamo anche il 15% di coppie gay con figli che non hanno voluto dichiarare il loro orientamento sessuale, la cifra complessiva risulta essere sempre molto al di sotto dei 100mila. Questi dati, quindi, allontanano la teoria dei sostenitori della stepchild adoption e avvalorano la tesi che l'articolo 5 del ddl Cirinnà sia stato inserito solo per consentire, attraverso vie traverse, l'utero in affitto. Potremmo dunque interrogarci sul perché la 'stepchild' apre la strada all'utero in affitto? Perché, legittimando l'adozione gay, indurrebbe alcune coppie omosessuali a ricorrere a questa pratica di sfruttamento. La proposta Cirinnà inoltre, presenta rischi di incostituzionalità, in quanto secondo la Corte costituzionale la regolamentazione delle unioni civili avrebbe dovuto essere 'diversa dal matrimonio' (sentenza n. 138/2010). Invece, anche nella nuova stesura, sono rimasti tutti i riferimenti agli articoli del Codice civile che disciplinano il matrimonio. Anche i nuovi emendamenti allo studio sono tutti da verificare sotto questo punto di vista. A ragion veduta si comprende di come esistano delle incongruenze di fatto, ad esempio per sciogliere le unioni civili omosessuali, il ddl Cirinnà fa riferimento alla disciplina della separazione e del divorzio (capo V del titolo VI del libro primo del Codice civile). Ma quelle leggi erano pensate per sciogliere un vincolo matrimoniale, non una «dichiarazione davanti all'ufficiale di stato civile ». Di fatto non si ha certezza su cosa succederebbe. Tutta da verificare anche la compatibilità del disegno di legge con la norma sul diritto al riconoscimento delle origini biologiche approvata nel giugno scorso».
«E da ultimo - dice ancora Di Terlizzi - quella che rappresenta un vero mercimonio che potrebbe ingenerarsi, ovvero il pensare di "affittare" l'utero di una donna, che porterà in grembo, vivrà le gioie ed i dolori di una gestazione, le sofferenze e le angosce, l'ansia e la preoccupazione, che una madre prova durante il quei nove mesi così ricchi di emozione. È la condizione che viene anche definita come surrogazione di maternità, che seppur legale in taluni stati esteri, potrebbe ingenerare una vera e propria condizione di mercimonio, con tanto di tariffario correlato, in modo particolare in paesi tristemente famosi per miseria e condizioni di vita difficoltose, come per altro già accaduto. Per tutto questo, lontano dal voler offendere le coscienze di quanti si sentiranno comunque delegittimati del proprio potere di sovrana moralità, di quanti si rifugeranno nell'attacco senza fine alcuno, ma solo mosso da visioni stereotipate, di quanti ritengono che oramai tutto possa essere sovvertito, anche il concetto più profondo di famiglia, noi diciamo no al DDL Cirinnà».