Cronaca
Escherichia coli nei reflui, «un fatto atteso, nessun allarme»
Lo riferisce l’Osservatorio Epidemiologico Regionale. Ieri il sequestro del depuratore di Bisceglie
Andria - giovedì 26 settembre 2013
17.12
«La presenza di Escherichia coli O26 nelle acque reflue di alcuni impianti di depurazione (Andria e Bisceglie) è da considerarsi un fatto atteso - riferiscono fonti dell'Osservatorio Epidemiologico Regionale - in relazione alla circolazione del patogeno sul territorio regionale, in particolare durante l'ultima stagione estiva».
Nel mese di agosto è stato evidenziato infatti un focolaio epidemico di 20 casi di sindrome emolitico uremica (una malattia causata dal batterio che tende a colpire principalmente i bambini) che è stato prontamente indagato e contenuto grazie alle misure di sanità pubblica messe in atto dalle autorità regionali. Ad oggi il focolaio è da considerarsi esaurito, in quanto non si osservano nuovi casi da più di un mese.
«La presenza dei batteri nei reflui può essere ragionevolmente considerata una conseguenza, e non la causa, della diffusione di un patogeno a tipica circolazione fecale-orale. Le verifiche eseguite in autocontrollo dall'ente gestore degli impianti e i controlli ufficiali dell'Agenzia Regionale per l'Ambiente evidenziano l'efficace abbattimento della carica batterica del refluo finale, immesso nel corpo recettore (mare, bacini idrici superficiali, sottosuolo) o riutilizzato, che ha valori nei limiti della norma. Il rispetto di tali limiti garantisce che non sussistano rischi per la salute pubblica; in particolare, i limiti in uso in Italia sono molto più "prudenti" rispetto a quelli di altre nazioni».
Secondo l'Osservatorio, nel caso del depuratore di Bisceglie il corpo recettore è il mare (con immissione dei reflui in punti molto distanti dalla costa), che determina un importantissimo effetto diluizione della carica batterica presente nel refluo, riducendo a zero il rischio per la salute dei bagnanti e dei cittadini in generale.
«Le indagini epidemiologiche eseguite hanno escluso qualsiasi associazione tra l'esposizione ad acque di balneazione e l'infezione da Escherichia coli O26; d'altronde, già in passato, uno studio multicentrico coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità in diverse località balneari aveva confermato l'assenza di una associazione tra balneazione e potenziale rischio di infezioni gastroenteriche».
Nel mese di agosto è stato evidenziato infatti un focolaio epidemico di 20 casi di sindrome emolitico uremica (una malattia causata dal batterio che tende a colpire principalmente i bambini) che è stato prontamente indagato e contenuto grazie alle misure di sanità pubblica messe in atto dalle autorità regionali. Ad oggi il focolaio è da considerarsi esaurito, in quanto non si osservano nuovi casi da più di un mese.
«La presenza dei batteri nei reflui può essere ragionevolmente considerata una conseguenza, e non la causa, della diffusione di un patogeno a tipica circolazione fecale-orale. Le verifiche eseguite in autocontrollo dall'ente gestore degli impianti e i controlli ufficiali dell'Agenzia Regionale per l'Ambiente evidenziano l'efficace abbattimento della carica batterica del refluo finale, immesso nel corpo recettore (mare, bacini idrici superficiali, sottosuolo) o riutilizzato, che ha valori nei limiti della norma. Il rispetto di tali limiti garantisce che non sussistano rischi per la salute pubblica; in particolare, i limiti in uso in Italia sono molto più "prudenti" rispetto a quelli di altre nazioni».
Secondo l'Osservatorio, nel caso del depuratore di Bisceglie il corpo recettore è il mare (con immissione dei reflui in punti molto distanti dalla costa), che determina un importantissimo effetto diluizione della carica batterica presente nel refluo, riducendo a zero il rischio per la salute dei bagnanti e dei cittadini in generale.
«Le indagini epidemiologiche eseguite hanno escluso qualsiasi associazione tra l'esposizione ad acque di balneazione e l'infezione da Escherichia coli O26; d'altronde, già in passato, uno studio multicentrico coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità in diverse località balneari aveva confermato l'assenza di una associazione tra balneazione e potenziale rischio di infezioni gastroenteriche».