Targa disastro ferroviario. <span>Foto Cosma Cacciapaglia</span>
Targa disastro ferroviario. Foto Cosma Cacciapaglia
Territorio

Disastro Ferroviario, anche a Terlizzi un giardino per ricordare le vittime della tragedia

Una targa commemorativa ricorda la strage sulla tratta Andria - Corato

Rimarrà per sempre impressa quella maledetta mattina del 12 luglio 2016 in cui lo scontro fatale fra due convogli ferroviari causò la dipartita di ventitré persone, fra cui due terlizzesi, i compianti Albino de Nicolo e Donata Pepe. Ieri pomeriggio per tenere vivo il loro ricordo, si è celebrata a Terlizzi, la cerimonia di intitolazione dei giardini di piazza Europa a tutte le vittime dell'incidente ferroviario, alla presenza dei familiari e delle autorità civili e militari.

A officiare la benedizione della targa commemorativa, il vescovo della diocesi, Mons. Domenico Cornacchia, «Certi eventi rimangono scolpiti nei nostri cuori a carattere di fuoco e in modo indelebile. Chi verrà dopo di noi deve fare memoria di certi disastri». Lo sguardo di Sua Eccellenza è rivolto a una necessaria e imprescindibile prevenzione al fine di «curare» certi errori. Un pensiero vola poi a tutte le morti bianche sul lavoro che continuano tragicamente a ripetersi.

Nella piazzetta antistante la stazione, presente anche il senatore Gino Perrone, originario di Corato, che, nello stringersi al lutto delle famiglie, ha sottolineato come «le istituzioni debbano apportare il massimo impegno perché certi eventi funesti non si verifichino più». Si brama sete di giustizia per la tragedia immane che è avvenuta.

La mamma della vittima Rossella Bruni, andriese, ha letto un pensiero commovente

"Rossella", un piccolo nome tatuato sul braccio, è ciò che rimane alla mamma di Rossella Bruni, la ragazza di Andria di soli ventidue anni scomparsa nell'incidente di ritorno a casa, dopo aver superato l'esame di filosofia. In un dolore straziante ma composto, la mamma, distrutta, apre la sua agenda nera sulla quale ha scritto, di proprio pugno, una lunga riflessione. Una consapevolezza, maturata giorno dopo giorno, di una perdita contro natura. «La morte di un figlio è un evento inumano e innaturale, così come è innaturale riconoscere il cadavere della propria figlia. Noi genitori ci sentiamo colpevoli di vivere quando i nostri figli giacciono dietro una pietra marmorea». È un gesto nobile intitolare la piazza ma – si chiede la signora – concretamente a cosa ci serve? Non vogliamo essere tristemente noti – risponde. Non ci saranno né più compleanni né sedute di laurea. Solo una imperitura laurea alla memoria. Non ci sarà alcun abito da sposa. Solo lapidi. Non ci saranno più regali se non fiori. «Mi sento un morto costretto a vivere. L'unico modo per scuotere le coscienze è mostrare una camera vuota». Tra lacrime amare, si lascia andare ad uno sfogo, «in certi casi Dio non interviene, gli piacciono le anime belle».
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