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Vita di città

Covid e restrizioni: «Se dovete lamentarvi, fatelo per le cose serie»

Lo sfogo di una giovane dottoressa del Pronto Soccorso di Bisceglie

Ogni qual volta si avvia una discussione inutile mi cadono le braccia. Il problema principale del giorno sarebbe il coprifuoco alle 22. Che poi il coprifuoco vero lo conoscono solo i nostri nonni. La gente non ce la fa più, ha bisogno di far ripartire la propria attività: innegabile.

Ma, dico, se dovete lamentarvi, fatelo per le cose serie. Vogliamo ancora impiegare tempo ed energie a discutere di cazzate? Non dite che non vi sentite tutelati dallo Stato e dal sistema sanitario se siete i primi ad incazzarvi per le futilità a ad infischiarvene del resto. Le cose a cui dare importanza sono altre e non dovete aspettare di capirlo a vostre spese.

Mi vengono in mente il signor D., il signor A. e tanti altri che prima di varcare la soglia dell'ospedale accompagnati da mogli e figli, non li hanno salutati, presi dal momento. Dopo, solo qualche parola al telefono, nella migliore delle ipotesi. Alcuni, da dentro, non rispondono perché piangerebbero, perché farebbero preoccupare chi li chiama, perché non ci riescono o perché un telefono non ce l'hanno.

E poi ci sei tu da fuori, che c'è così tanto da fare che non sai cosa fare prima, ma quando arriva il momento delle chiamate dei parenti sai che non puoi mostrare fretta…perché ciò che dici e come lo dici sono le uniche cose a cui possono aggrapparsi. Qualche volta gridano, spesso piangono. Alcuni chiedono scusa per il disturbo, quando dovresti essere tu a scusarti perché sì, fai il massimo, ma anche il massimo non basta. C'è chi ha perso la mamma e il papà in ospedali diversi, chi nello stesso giorno. Famiglie distrutte, spesso abbandonate a loro stesse.

Allora ripenso al momento in cui li hanno visti per l'ultima volta. Ah, quanto vorrei aver detto "volete salutarvi un attimo?". Un bacio, un abbraccio, un sorriso in cui raccogliere tutto ciò che si vorrebbe dire.

Penso al signor Z. e alla lacrima che gli ha rigato la guancia quando gli ho detto che avremmo trasferito sua moglie, fino ad allora accanto a lui, in un altro reparto.

Penso al signor D., stanco, che diceva "non ne esco" e non ne è uscito.

Penso al signor T., signor D., signor B., signor F. e tanti altri che ho paura di dimenticare, giovani, forti e coraggiosi, a cui abbiamo fatto promesse che non abbiamo mantenuto.

Penso ad una signora che viveva da sola in casa e, quando le hanno detto che sarebbe stata intubata, ha risposto "ora tornerò da capo sola".

E poi mi chiedo. Davvero vogliamo continuare a prenderci in giro?

- Una giovane dottoressa del Pronto soccorso covid di Bisceglie
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