Cronaca
Confiscati definitivamente i beni appartenuti al boss Riccardo Sgaramella
Si tratta di immobili di un valore paria a circa 1.5 milioni di euro
Andria - martedì 29 giugno 2021
12.37
È giunta all'epilogo oggi, con la notifica del Decreto Decisorio di Confisca definitivo emesso dall'Ufficio di Prevenzione del Tribunale di Trani ad opera dei Carabinieri della Compagnia di Andria, l'attività dei militari nei confronti del noto boss di Andria Riccardo Sgaramella detto "Salotto".
I beni definitivamente acquisiti, per un valore di circa 1.5 milioni di euro, riguardano l'agriturismo "Regina delle volpi" con annesso ippodromo ed una azienda agricola intestate fittiziamente al fratello, per la produzione e commercializzazione di ortofrutta.
I beni sequestrati sono risultati essere il frutto dell'attività di riciclaggio dello Sgaramella a seguito di indagini svolte dai Carabinieri che dimostrarono come l'uomo aveva reinvestito i proventi illeciti provenienti dalle attività legate al traffico di stupefacenti nell'acquisto di attività commerciali non direttamente riconducibili a lui ma bensì intestate ai suoi familiari.
Gli accertamenti patrimoniali eseguiti dai Carabinieri di Andria, da cui è derivata l'odierna confisca definitiva, evidenziarono in particolare come l'uomo avesse nel tempo mantenuto un tenore di vita notevolmente superiore alle sue possibilità economiche ai limiti della sopravvivenza.
Sono trascorsi 9 anni dal 2012 quando venne effettuato il primo sequestro a cui seguì la restituzione dei beni da parte della Corte di Appello di Bari. Nel 2017 i nuovi accertamenti consentirono di far emettere un nuovo provvedimento di sequestro da parte delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Trani, confermato in appello nell'ottobre del 2020 e divenuto definitivo lo scorso 3 marzo.
Riccardo Sgaramella, attualmente sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, è ritenuto esponente di spicco del gruppo criminale mettente capo al defunto Agostino Pastore, ritenuto capo dell'omonimo clan ed assassinato nel settembre del 2000. Lo Sgaramella, inizialmente imputato, nell'indagine Castel del Monte, per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, nonché componente della cosiddetta "squadra grossa", è stato condannato con sentenza del novembre del 2008 per il solo reato di traffico di sostanze stupefacenti ed assolto per il reato mafioso (condanna divenuta definitiva nel giugno del 2012). Inoltre lo stesso è stato condannato nell'ottobre 2019 alla pena di 10 anni per il reato di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.
I beni definitivamente acquisiti, per un valore di circa 1.5 milioni di euro, riguardano l'agriturismo "Regina delle volpi" con annesso ippodromo ed una azienda agricola intestate fittiziamente al fratello, per la produzione e commercializzazione di ortofrutta.
I beni sequestrati sono risultati essere il frutto dell'attività di riciclaggio dello Sgaramella a seguito di indagini svolte dai Carabinieri che dimostrarono come l'uomo aveva reinvestito i proventi illeciti provenienti dalle attività legate al traffico di stupefacenti nell'acquisto di attività commerciali non direttamente riconducibili a lui ma bensì intestate ai suoi familiari.
Gli accertamenti patrimoniali eseguiti dai Carabinieri di Andria, da cui è derivata l'odierna confisca definitiva, evidenziarono in particolare come l'uomo avesse nel tempo mantenuto un tenore di vita notevolmente superiore alle sue possibilità economiche ai limiti della sopravvivenza.
Sono trascorsi 9 anni dal 2012 quando venne effettuato il primo sequestro a cui seguì la restituzione dei beni da parte della Corte di Appello di Bari. Nel 2017 i nuovi accertamenti consentirono di far emettere un nuovo provvedimento di sequestro da parte delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Trani, confermato in appello nell'ottobre del 2020 e divenuto definitivo lo scorso 3 marzo.
Riccardo Sgaramella, attualmente sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno, è ritenuto esponente di spicco del gruppo criminale mettente capo al defunto Agostino Pastore, ritenuto capo dell'omonimo clan ed assassinato nel settembre del 2000. Lo Sgaramella, inizialmente imputato, nell'indagine Castel del Monte, per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, nonché componente della cosiddetta "squadra grossa", è stato condannato con sentenza del novembre del 2008 per il solo reato di traffico di sostanze stupefacenti ed assolto per il reato mafioso (condanna divenuta definitiva nel giugno del 2012). Inoltre lo stesso è stato condannato nell'ottobre 2019 alla pena di 10 anni per il reato di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso.