Cronaca
Confermata in secondo grado la confisca di beni ai danni di Lapenna
Operazione dei Carabinieri del 2011 per un valore di circa 1,5 milioni di euro
Andria - martedì 7 ottobre 2014
13.12
La Corte d'Appello di Bari ha confermato in secondo grado il sequestro anticipato di beni mobili ed immobili del valore di 1,5 milioni di euro ai danni del 39enne Emanuele Lapenna, andriese pluripregiudicato, ritenuto vicino al clan Campanale. Il 3 marzo 2011 i Carabinieri di Andria eseguirono il decreto di sequestro nei confronti non solo di Emanuele ma anche di Giuseppe Lapenna 38enne anch'egli pluripregiudicato andriese. L'intero patrimonio posto sotto sequestro aveva un valore di circa 2 milioni di euro. Il provvedimento venne adottato a conclusione di una più ampia indagine patrimoniale, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che dimostrò che i Lapenna avevano intestato ai familiari più stretti e a prestanome di fiducia le proprietà che venivano acquistate, secondo le indagini, con i proventi del traffico delle sostanze stupefacenti.
Ma il ricorso proposto dal 39enne andriese, sulla scorta di un provvedimento analogo del 2013 a carico del fratello 38enne, è stato in gran parte bocciato ed i Giudici hanno inteso accogliere il dispositivo di primo grado ed ha emesso sui beni a lui riconducibili un provvedimento che prevede la confisca di secondo grado eseguita quest'oggi dagli stessi carabinieri.
Il patrimonio sequestrato consiste in una masseria di lusso ubicata in una tenuta di 76 ettari di bosco, in contrada Bosco di Spirito e comprensiva degli arredi, degli elettrodomestici e delle suppellettili di pregio nonchè monili in oro, gioielli ed orologi, tre appartamenti ubicati nella Città di Andria, due terreni, un fabbricato rurale, due autovetture ed un motociclo, il tutto, come detto, per un valore di 1,5 milioni di euro. Gli accertamenti patrimoniali, eseguiti dai Carabinieri di Andria e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari utilizzando la norma introdotta con il Pacchetto Sicurezza che consente di aggredire i patrimoni di tutti i soggetti che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose, avevano evidenziato come il 39enne, nel tempo, aveva mantenuto un tenore di vita notevolmente superiore alle proprie reali possibilità economico-finanziarie e capacità reddituali.
Lo stesso infatti aveva intestato ai familiari le proprietà acquistate con i proventi di attività delittuose. Le indagini hanno inoltre evidenziato che Emanuele Lapenna aveva sempre dichiarato redditi imponibili nulli ovvero ai limiti della soglia di povertà, a conferma della palese sproporzione tra quanto dichiarato rispetto al valore economico dei beni sottoposti a sequestro. L'intero patrimonio confiscato è attualmente affidato all'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Gestione dei Beni confiscati alla criminalità organizzata con sede in Reggio Calabria.
Ma il ricorso proposto dal 39enne andriese, sulla scorta di un provvedimento analogo del 2013 a carico del fratello 38enne, è stato in gran parte bocciato ed i Giudici hanno inteso accogliere il dispositivo di primo grado ed ha emesso sui beni a lui riconducibili un provvedimento che prevede la confisca di secondo grado eseguita quest'oggi dagli stessi carabinieri.
Il patrimonio sequestrato consiste in una masseria di lusso ubicata in una tenuta di 76 ettari di bosco, in contrada Bosco di Spirito e comprensiva degli arredi, degli elettrodomestici e delle suppellettili di pregio nonchè monili in oro, gioielli ed orologi, tre appartamenti ubicati nella Città di Andria, due terreni, un fabbricato rurale, due autovetture ed un motociclo, il tutto, come detto, per un valore di 1,5 milioni di euro. Gli accertamenti patrimoniali, eseguiti dai Carabinieri di Andria e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari utilizzando la norma introdotta con il Pacchetto Sicurezza che consente di aggredire i patrimoni di tutti i soggetti che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose, avevano evidenziato come il 39enne, nel tempo, aveva mantenuto un tenore di vita notevolmente superiore alle proprie reali possibilità economico-finanziarie e capacità reddituali.
Lo stesso infatti aveva intestato ai familiari le proprietà acquistate con i proventi di attività delittuose. Le indagini hanno inoltre evidenziato che Emanuele Lapenna aveva sempre dichiarato redditi imponibili nulli ovvero ai limiti della soglia di povertà, a conferma della palese sproporzione tra quanto dichiarato rispetto al valore economico dei beni sottoposti a sequestro. L'intero patrimonio confiscato è attualmente affidato all'Agenzia Nazionale per l'Amministrazione e la Gestione dei Beni confiscati alla criminalità organizzata con sede in Reggio Calabria.