Religioni
Chiesa, cosa dici di te stessa?
Riflessione di don Ettore Lestingi, presidente della Commissione Liturgica diocesana
Andria - lunedì 10 ottobre 2022
07.30
Martedì 11 ottobre la Chiesa, e forse l'intera umanità, ricorda il 60° Anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II. Un evento non solo dalla portata storica, ma direi anche cosmica, visto che "persino la luna si è affrettata questa sera a guardare a questo spettacolo" (Papa Giovanni XXIII).
Con il Concilio Vaticano II la Chiesa, sospinta dallo Spirito e spinta dal movimento biblico e liturgico, dopo secoli di cammino lungo la storia, ha avuto il coraggio di spogliarsi delle incrostazioni e scuotere dai propri sandali la polvere accumulatasi a causa del suo immobilismo da Museo, per rivestirsi di quella freschezza e franchezza che ha segnato l'inizio della sua presenza nel mondo. Una Chiesa, stanca, obsoleta, sempre più lontana dalla vita degli uomini, notevolmente in ritardo rispetto all'evolversi dei tempi. Don Tonino Bello direbbe: "Una Chiesa che rincorre su un monopattino il mondo che corre come una Spider".
Molte furono le voci profetiche che si sollevarono in quella stagione, da molti definita come una rinnovata Pentecoste. Basti ricordare la domanda che il Cardinale Joseph Suenens pose ai Padri Conciliari, attorno cui poi si sviluppò tutta l'opera di rinnovamento della Chiesa: "Chiesa, cosa dici di te stessa?". Dalla risposta a questa domanda nacquero le Quattro Costituzioni Pastorali che ridisegnarono il volto, l'identità e la missione della Chiesa nel mondo: "Io sono la Chiesa in ascolto" (Dei Verbum); "Io sono la Chiesa in preghiera" (Sacrosantum Concilium) "Io sono la Chiesa, Mistero di comunione" (Lumen Gentium); "Io sono la Chiesa compagna dell'uomo" (Gaudium et Spes). Per riscoprire il vero volto della Chiesa bastò ritornare alle origini, a quel sommario che troviamo nel Libro degli Atti degli Apostoli, che così narra: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno". (Atti, 2,42-45).
Tornare alle origini, alla Tradizione viva, non ha comportato un andare in dietro, ma un andare in profondità, cogliendo e ravvivando l'essenziale dell'essere Chiesa. E così la Chiesa pose tra le mani dei fedeli la Sacra Scrittura, finalmente convinta che "L'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo" (S. Girolamo). Il rinnovamento e la riforma liturgica si ispirarono al principio: "Non l'uomo per la Liturgia, ma la Liturgia per l'uomo" (Paolo VI). La struttura gerarchica della Chiesa da piramidale diventò cristocentrica e il suo campo di azione andò oltre i confini delle sagrestie. Finalmente una Chiesa viva, bella e giovane.
Ora è da chiedersi: dopo sessant'anni che ne è di questa Chiesa? Se il Concilio Vaticano II rispose alla domanda: "Chiesa, cosa dici di te stessa?", oggi è la Chiesa stessa che pone a noi la domanda: "E voi chi dite che io sia?". Questa domanda è alla base della stagione che stiamo vivendo con l'intuizione profetica di Papa Francesco che non teme di mettere "la Chiesa alla sbarra" per ascoltare le osservazioni e le istanze che salgono da un mondo che apparentemente è indifferente alla Chiesa, ma che di essa ha bisogno ed è per questo che prova quasi una rabbia nel vederla non più "fondersi nel mondo, come sale e lievito quanto piuttosto confondersi con esso".
Il cammino sinodale che la Chiesa in tutte le sue articolazioni sta vivendo ha come obiettivo il recupero delle origini quale garanzia per il suo futuro. Una Chiesa con più Parola di Dio e meno parole umane, che celebri i misteri di Cristo nella bellezza della nobile semplicità, una bellezza che non seduce, ma conduce a Colui che nella Liturgia è significato, offerto e ricevuto: Gesù Cristo. Una Chiesa segno e strumento di comunione in un mondo segnato da lacerazioni, divisioni e guerre… Una Chiesa che più che profumare di incenso, odori di popolo, avendo come programma da attuare in ogni tempo e in ogni luogo quanto si afferma nel Proemio della Gaudium et Spes: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vii è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore".
Una Chiesa così, dal volto materno e maestra di vita, come non potrebbe affascinare?
Con il Concilio Vaticano II la Chiesa, sospinta dallo Spirito e spinta dal movimento biblico e liturgico, dopo secoli di cammino lungo la storia, ha avuto il coraggio di spogliarsi delle incrostazioni e scuotere dai propri sandali la polvere accumulatasi a causa del suo immobilismo da Museo, per rivestirsi di quella freschezza e franchezza che ha segnato l'inizio della sua presenza nel mondo. Una Chiesa, stanca, obsoleta, sempre più lontana dalla vita degli uomini, notevolmente in ritardo rispetto all'evolversi dei tempi. Don Tonino Bello direbbe: "Una Chiesa che rincorre su un monopattino il mondo che corre come una Spider".
Molte furono le voci profetiche che si sollevarono in quella stagione, da molti definita come una rinnovata Pentecoste. Basti ricordare la domanda che il Cardinale Joseph Suenens pose ai Padri Conciliari, attorno cui poi si sviluppò tutta l'opera di rinnovamento della Chiesa: "Chiesa, cosa dici di te stessa?". Dalla risposta a questa domanda nacquero le Quattro Costituzioni Pastorali che ridisegnarono il volto, l'identità e la missione della Chiesa nel mondo: "Io sono la Chiesa in ascolto" (Dei Verbum); "Io sono la Chiesa in preghiera" (Sacrosantum Concilium) "Io sono la Chiesa, Mistero di comunione" (Lumen Gentium); "Io sono la Chiesa compagna dell'uomo" (Gaudium et Spes). Per riscoprire il vero volto della Chiesa bastò ritornare alle origini, a quel sommario che troviamo nel Libro degli Atti degli Apostoli, che così narra: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno". (Atti, 2,42-45).
Tornare alle origini, alla Tradizione viva, non ha comportato un andare in dietro, ma un andare in profondità, cogliendo e ravvivando l'essenziale dell'essere Chiesa. E così la Chiesa pose tra le mani dei fedeli la Sacra Scrittura, finalmente convinta che "L'ignoranza della Scrittura è ignoranza di Cristo" (S. Girolamo). Il rinnovamento e la riforma liturgica si ispirarono al principio: "Non l'uomo per la Liturgia, ma la Liturgia per l'uomo" (Paolo VI). La struttura gerarchica della Chiesa da piramidale diventò cristocentrica e il suo campo di azione andò oltre i confini delle sagrestie. Finalmente una Chiesa viva, bella e giovane.
Ora è da chiedersi: dopo sessant'anni che ne è di questa Chiesa? Se il Concilio Vaticano II rispose alla domanda: "Chiesa, cosa dici di te stessa?", oggi è la Chiesa stessa che pone a noi la domanda: "E voi chi dite che io sia?". Questa domanda è alla base della stagione che stiamo vivendo con l'intuizione profetica di Papa Francesco che non teme di mettere "la Chiesa alla sbarra" per ascoltare le osservazioni e le istanze che salgono da un mondo che apparentemente è indifferente alla Chiesa, ma che di essa ha bisogno ed è per questo che prova quasi una rabbia nel vederla non più "fondersi nel mondo, come sale e lievito quanto piuttosto confondersi con esso".
Il cammino sinodale che la Chiesa in tutte le sue articolazioni sta vivendo ha come obiettivo il recupero delle origini quale garanzia per il suo futuro. Una Chiesa con più Parola di Dio e meno parole umane, che celebri i misteri di Cristo nella bellezza della nobile semplicità, una bellezza che non seduce, ma conduce a Colui che nella Liturgia è significato, offerto e ricevuto: Gesù Cristo. Una Chiesa segno e strumento di comunione in un mondo segnato da lacerazioni, divisioni e guerre… Una Chiesa che più che profumare di incenso, odori di popolo, avendo come programma da attuare in ogni tempo e in ogni luogo quanto si afferma nel Proemio della Gaudium et Spes: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vii è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore".
Una Chiesa così, dal volto materno e maestra di vita, come non potrebbe affascinare?