Cronaca
Centro Ricerche Bonomo: cancelli chiusi dal 1 luglio, ex dipendenti protestano
Una lettera inviata al Presidente della BAT a novembre non ha trovato risposta
Andria - lunedì 25 gennaio 2016
18.04
Una lettera inviata a novembre e senza risposta oltre a cancelli chiusi ormai da sei mesi senza praticamente prospettiva futura. E' la nuova situazione di stallo a cui si assiste per quel che riguarda il Centro Ricerche Bonomo di Andria ormai passato dalla gestione diretta della Provincia di Barletta Andria Trani alla gestione della Fondazione Bonomo in cui, comunque, il socio unico è proprio la BAT. Quindi ormai ex dipendenti che da luglio scorso sono sostanzialmente senza lavoro in attesa di nuovi sviluppi e di possibili incontri che, tuttavia, tardano ad arrivare. Ed è proprio la richiesta di incontro del Presidente della Provincia BAT, Francesco Spina che, ad ora, è andata disattesa nonostante una lettera inviata il 19 novembre scorso. Gli ex lavoratori della Fondazione si sono incontrati nei giorni scorsi davanti all'ingresso del Centro ricerche, a Castel del Monte (foto allegate) ed hanno stabilito di rendere note proprio diverse osservazioni: «A tutt'oggi quella lettera non ha ricevuto alcuna risposta - dicono i lavoratori - il cancello del Centro ricerche ha chiuso i battenti il 1° luglio scorso e le preoccupazioni, oltre che per il lavoro e l'auspicata stabilità occupazionale, riguardano anche la struttura (edifici, centro pilota, laboratori, impianti, attrezzature, vialetti, aiuole, verde)».
«Nell'agosto 2014, quando il Centro tornò operativo grazie ai progetti ottenuti dalla Fondazione, la struttura si presentava piuttosto degradata dopo anni di abbandono - dicono ancora i lavoratori - Negli 11 mesi in cui è rimasta aperta, gli stessi lavoratori hanno provveduto volontariamente a piccoli interventi di manutenzione, specialmente dopo le abbondanti nevicate che avevano piegato e spezzato i rami di diversi alberi e reso problematico l'accesso e la circolazione di mezzi e persone al suo interno. Vista dall'esterno, oggi la struttura appare nuovamente preda dell'incuria ed è facile immaginare cosa possa esserci all'interno, soprattutto con riferimento agli impianti e alle attrezzature e considerate umidità, basse temperature e l'assenza di riscaldamento. Si tratta pur sempre di un complesso privato nella disponibilità del "pubblico": se un giorno il Centro riaprisse, quanto costerebbero alle casse pubbliche i necessari interventi per renderlo nuovamente accessibile e pienamente operativo? Si avverte e si diffonde il timore che il completamento del processo di statalizzazione dell'Istituto Tecnico Agrario rappresenti il "de profundis" per la Fondazione "Bonomo": parte del personale in servizio nella scuola, infatti, è assunto dalla Fondazione con contratti a tempo determinato. Forse qualche unità potrebbe essere stabilizzata dallo Stato, ma gli altri contratti non potranno essere rinnovati».
Una preoccupazione che riguarda proprio uno dei passaggi essenziali di questa vicenda: e cioè la vita della Fondazione stessa: «La Fondazione, perciò, già priva di lavoratori per il Centro Ricerche, resterebbe un contenitore vuoto, che non avrebbe più ragione di esistere - ricordano i lavoratori - Come conseguenza estrema, potrebbe verificarsi l'eventualità che l'intera struttura, donata dalla benemerita famiglia Bonomo alla Provincia di Bari per farne un Centro di ricerche avanzate in agricoltura, in mancanza di progetti finalizzati, torni nel possesso della famiglia proprietaria, la quale potrà farne quello che crede, compatibilmente con i vincoli urbanistici e paesaggistici in vigore nell'area di Castel del Monte. Questo significherebbe, su un piano di interesse più generale, per Andria e il territorio della Provincia la scomparsa di un'istituzione che per alcuni decenni ha rappresentato un autentico fiore all'occhiello nel campo della ricerca per la gestione post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli freschi, la trasformazione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari e l'utilizzazione dei sottoprodotti e degli scarti di produzione delle aziende agroalimentari».
«Nell'agosto 2014, quando il Centro tornò operativo grazie ai progetti ottenuti dalla Fondazione, la struttura si presentava piuttosto degradata dopo anni di abbandono - dicono ancora i lavoratori - Negli 11 mesi in cui è rimasta aperta, gli stessi lavoratori hanno provveduto volontariamente a piccoli interventi di manutenzione, specialmente dopo le abbondanti nevicate che avevano piegato e spezzato i rami di diversi alberi e reso problematico l'accesso e la circolazione di mezzi e persone al suo interno. Vista dall'esterno, oggi la struttura appare nuovamente preda dell'incuria ed è facile immaginare cosa possa esserci all'interno, soprattutto con riferimento agli impianti e alle attrezzature e considerate umidità, basse temperature e l'assenza di riscaldamento. Si tratta pur sempre di un complesso privato nella disponibilità del "pubblico": se un giorno il Centro riaprisse, quanto costerebbero alle casse pubbliche i necessari interventi per renderlo nuovamente accessibile e pienamente operativo? Si avverte e si diffonde il timore che il completamento del processo di statalizzazione dell'Istituto Tecnico Agrario rappresenti il "de profundis" per la Fondazione "Bonomo": parte del personale in servizio nella scuola, infatti, è assunto dalla Fondazione con contratti a tempo determinato. Forse qualche unità potrebbe essere stabilizzata dallo Stato, ma gli altri contratti non potranno essere rinnovati».
Una preoccupazione che riguarda proprio uno dei passaggi essenziali di questa vicenda: e cioè la vita della Fondazione stessa: «La Fondazione, perciò, già priva di lavoratori per il Centro Ricerche, resterebbe un contenitore vuoto, che non avrebbe più ragione di esistere - ricordano i lavoratori - Come conseguenza estrema, potrebbe verificarsi l'eventualità che l'intera struttura, donata dalla benemerita famiglia Bonomo alla Provincia di Bari per farne un Centro di ricerche avanzate in agricoltura, in mancanza di progetti finalizzati, torni nel possesso della famiglia proprietaria, la quale potrà farne quello che crede, compatibilmente con i vincoli urbanistici e paesaggistici in vigore nell'area di Castel del Monte. Questo significherebbe, su un piano di interesse più generale, per Andria e il territorio della Provincia la scomparsa di un'istituzione che per alcuni decenni ha rappresentato un autentico fiore all'occhiello nel campo della ricerca per la gestione post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli freschi, la trasformazione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari e l'utilizzazione dei sottoprodotti e degli scarti di produzione delle aziende agroalimentari».