Religioni
Auguri a te, non più marito e non più padre…
Gli auguri di Natale di don Ettore Lestingi, parroco della chiesa Madonna della Grazia, alla comunità cittadina
Andria - martedì 18 dicembre 2018
Il Natale che ci apprestiamo a vivere, anche se derubato della sua essenzialità e del suo nucleo centrale, resta sempre una occasione per riflessioni alte, per il fatto stesso che provoca e riaccende domande che toccano il cuore, e soprattutto il cuore ferito. E così si scatena una solidarietà anche di tipo verbale che trova nella parola "auguri" la sua espressione più semplice ed immediata.
E allora … "Buon Natale a chi stasera sta male Buon Natale a un viaggiatore spaziale Buon Natale al mio portinaio che non può mai dormire Buon Natale a lui Buon Natale a chi sta chiuso a pagare. Buon Natale a chi sta in guerra a pregare Buon Natale a tutti i bambini del mondo senza Natale Buon Natale a te".
Solo per citare alcune frasi.
Quest'anno gli auguri di Buon Natale voglio rivolgerli a tutti quei mariti privati della paternità, a causa di separazioni.
E lo faccio perché, contemplando gli attori della meravigliosa storia del Natale, ho volto lo sguardo su Giuseppe, soprattutto nell'attimo in cui si è sentito estromesso da un grande progetto di amore e poi chiamato ad essere padre di un figlio che non era e non sarà suo. Demitizzando un po' la figura del santo, credo che anche Giuseppe in quell'attimo avrà provato l'amarezza della solitudine e lo smarrimento dell'incertezza. Di lui sappiamo poi che, illuminato dalla Parola, ha compreso e accettato quello che era il progetto di Dio su quella giovane coppia.
Ma quell'attimo fu struggente per lui. Ad un tratto solo, non più compreso nei dialoghi, non più al centro di una storia … fuori!
Ed ecco che la mente corre verso quegli uomini, non più mariti e non più padri, che ormai vivono fuori: fuori da ogni comprensione famigliare, fuori da ogni legame affettivo, fuori da ogni forma di tutela … fuori dal cuore …fuori di casa.
E li vedi brancolare, mendicare, umiliarsi, chiedere spiegazioni e sostegno in un contesto sociale ed ecclesiale sordo ad ogni domanda di aiuto.
Che cosa augurare a questi "uomini soli".
Che anche per loro ci sia il calore di un focolare, l'abbraccio riconciliante, la tutela da parte di politiche capaci di guardare volti, dietro cui si nascondono storie, amarezze, sofferenze ed intervenire con forme anche minime di tutela e di attenzione. In questo noi come Chiesa possiamo essere il "tafano" (Socrate) che scuote il cavallo (la società), adoperando strategie di accoglienza con quella "sorprendente fantasia" che solo chi è adombrato, provocato e sospinto dalla Spirito sa e può mettere in atto.
Allora, buon Natale a te, marito separato e padre negato. E se tocca a te umiliarti per recuperare i tuoi affetti, non temere i giudizi degli altri, fallo con lo slancio di chi vuole a tutti i costi riprendersi ciò che è suo: la propria famiglia, l'unica cosa bella che un uomo può creare.
E se hai bisogno di accoglienza, bussa alle porte della nostra Chiesa.
E allora … "Buon Natale a chi stasera sta male Buon Natale a un viaggiatore spaziale Buon Natale al mio portinaio che non può mai dormire Buon Natale a lui Buon Natale a chi sta chiuso a pagare. Buon Natale a chi sta in guerra a pregare Buon Natale a tutti i bambini del mondo senza Natale Buon Natale a te".
Solo per citare alcune frasi.
Quest'anno gli auguri di Buon Natale voglio rivolgerli a tutti quei mariti privati della paternità, a causa di separazioni.
E lo faccio perché, contemplando gli attori della meravigliosa storia del Natale, ho volto lo sguardo su Giuseppe, soprattutto nell'attimo in cui si è sentito estromesso da un grande progetto di amore e poi chiamato ad essere padre di un figlio che non era e non sarà suo. Demitizzando un po' la figura del santo, credo che anche Giuseppe in quell'attimo avrà provato l'amarezza della solitudine e lo smarrimento dell'incertezza. Di lui sappiamo poi che, illuminato dalla Parola, ha compreso e accettato quello che era il progetto di Dio su quella giovane coppia.
Ma quell'attimo fu struggente per lui. Ad un tratto solo, non più compreso nei dialoghi, non più al centro di una storia … fuori!
Ed ecco che la mente corre verso quegli uomini, non più mariti e non più padri, che ormai vivono fuori: fuori da ogni comprensione famigliare, fuori da ogni legame affettivo, fuori da ogni forma di tutela … fuori dal cuore …fuori di casa.
E li vedi brancolare, mendicare, umiliarsi, chiedere spiegazioni e sostegno in un contesto sociale ed ecclesiale sordo ad ogni domanda di aiuto.
Che cosa augurare a questi "uomini soli".
Che anche per loro ci sia il calore di un focolare, l'abbraccio riconciliante, la tutela da parte di politiche capaci di guardare volti, dietro cui si nascondono storie, amarezze, sofferenze ed intervenire con forme anche minime di tutela e di attenzione. In questo noi come Chiesa possiamo essere il "tafano" (Socrate) che scuote il cavallo (la società), adoperando strategie di accoglienza con quella "sorprendente fantasia" che solo chi è adombrato, provocato e sospinto dalla Spirito sa e può mettere in atto.
Allora, buon Natale a te, marito separato e padre negato. E se tocca a te umiliarti per recuperare i tuoi affetti, non temere i giudizi degli altri, fallo con lo slancio di chi vuole a tutti i costi riprendersi ciò che è suo: la propria famiglia, l'unica cosa bella che un uomo può creare.
E se hai bisogno di accoglienza, bussa alle porte della nostra Chiesa.