Cronaca
Assolti dall'accusa di detenzione di armi da guerra, per vendicare l'omicidio di Vito Capogna
Il 18 ottobre la sentenza del Tribunale di Trani, in composizione collegiale
Andria - mercoledì 20 ottobre 2021
Erano accusati di aver detenuto, in concorso tra loro, un fucile Kalashnikov AK47, nonché ulteriori cinque armi da guerra, al fine di vendicare la morte di Vito Capogna, avvenuta in Andria, al quartiere Europa il 25 luglio 2019, condotta aggravata dall'utilizzo del c.d. "metodo mafioso" ai sensi dell'art. 416 bis.1 c.p.
Per questo motivo, in data 8 giugno 2020, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, richiedeva ed otteneva nei confronti di Valerio Capogna (difeso di fiducia dagli avv.ti Vincenzo Papepo e Vincenzo Desiderio), Cristina Antonia Capogna (difesa di fiducia dagli avv.ti Vincenzo Papepo e Francesco Di Marzio), Vito Davide D'Avanzo (difeso di fiducia dall'avv. Francesco Pollice) e Nicola Santovito (difeso di fiducia dall'avv. Fabio Bisceglie), l'emissione di un provvedimento cautelare custodiale, eseguito tra Andria e Taranto dai Carabinieri della Compagnia di Andria. Al D'Avanzo ed al Santovito erano contestate, altresì, le condotte di detenzione e porto in luogo pubblico di un'arma comune da sparo, sempre aggravate dall'utilizzo del metodo mafioso.
All'esito del giudizio celebratosi dinanzi al Tribunale di Trani in composizione collegiale, Presidente dott.ssa Rossella Volpe, all'udienza del 18 ottobre 2021, il Collegio ha assolto Cristina Antonia Capogna, Vito Davide D'Avanzo e Nicola Santovito dall'imputazione di detenzione del fucile Kalashnikov AK47, nonché ulteriori cinque armi da guerra per non aver commesso il fatto. Condanna solo per Valerio Capogna, del reato continuato di detenzione di armi, alla pena di tre anni di reclusione e di 5mila euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Il D'Avanzo ed il Santovito sono stati prosciolti, altresì, dall'accusa di detenzione e porto in luogo pubblico dell'arma comune da sparo perché il fatto non sussiste.
E' caduto definitivamente il teorema della Procura DDA Bari, quindi, che quelle armi fossero destinate per vendicare l'omicidio di Vito Capogna, essendo stata esclusa dal Tribunale di Trani sia l'aggravante del metodo mafioso (art. 416 1 c.p.) che quella del nesso teleologico (art. 61 n. 2 c.p.).
Tra novanta giorni ci sarà il deposito delle motivazioni.
Per questo motivo, in data 8 giugno 2020, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, richiedeva ed otteneva nei confronti di Valerio Capogna (difeso di fiducia dagli avv.ti Vincenzo Papepo e Vincenzo Desiderio), Cristina Antonia Capogna (difesa di fiducia dagli avv.ti Vincenzo Papepo e Francesco Di Marzio), Vito Davide D'Avanzo (difeso di fiducia dall'avv. Francesco Pollice) e Nicola Santovito (difeso di fiducia dall'avv. Fabio Bisceglie), l'emissione di un provvedimento cautelare custodiale, eseguito tra Andria e Taranto dai Carabinieri della Compagnia di Andria. Al D'Avanzo ed al Santovito erano contestate, altresì, le condotte di detenzione e porto in luogo pubblico di un'arma comune da sparo, sempre aggravate dall'utilizzo del metodo mafioso.
All'esito del giudizio celebratosi dinanzi al Tribunale di Trani in composizione collegiale, Presidente dott.ssa Rossella Volpe, all'udienza del 18 ottobre 2021, il Collegio ha assolto Cristina Antonia Capogna, Vito Davide D'Avanzo e Nicola Santovito dall'imputazione di detenzione del fucile Kalashnikov AK47, nonché ulteriori cinque armi da guerra per non aver commesso il fatto. Condanna solo per Valerio Capogna, del reato continuato di detenzione di armi, alla pena di tre anni di reclusione e di 5mila euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Il D'Avanzo ed il Santovito sono stati prosciolti, altresì, dall'accusa di detenzione e porto in luogo pubblico dell'arma comune da sparo perché il fatto non sussiste.
E' caduto definitivamente il teorema della Procura DDA Bari, quindi, che quelle armi fossero destinate per vendicare l'omicidio di Vito Capogna, essendo stata esclusa dal Tribunale di Trani sia l'aggravante del metodo mafioso (art. 416 1 c.p.) che quella del nesso teleologico (art. 61 n. 2 c.p.).
Tra novanta giorni ci sarà il deposito delle motivazioni.