Vita di città
«Andria è una città abusiva», la denuncia di Vincenzo Santovito
Il presidente di Libera associazione civica: «Uno scempio urbanistico fuori da ogni regola»
Andria - mercoledì 7 settembre 2016
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«Andria è una città abusiva per il 40 per cento del suo territorio e questi sono dati storici e certificati». A dichiararlo è Vincenzo Santovito, presidente della Libera associazione civica andriese. «Bene ha fatto - spiega - nel suo intervento il professor Riccardo Suriano a focalizzare il problema edilizio, architettonico ed urbanistico strutturale. Sin dalla metà degli anni '50, migliaia di andriesi vivevano in case e grotte prive di ogni servizio igienico-sanitario. Ci voleva Benedetto Croce per scuotere le coscienze dei politici quando recandosi a Matera vide con i propri occhi come tanti bambini perivano respirando aria ammuffita».
«Quanto accaduto nella nostra città - prosegue Santovito - è stato un fenomeno mostruoso; uno scempio urbanistico fuori da ogni regola. Chi governava gestiva ed amministrava a proprio piacimento tutto il territorio. Chi aveva stretta necessità di un'alcova non risparmiava di affrontare rischi e sacrifici economici. Non a caso, dopo il primo condono edilizio (legge 47/1985) il fenomeno abusivismo riprendeva in modo ancor più diffuso. Si costruiva nei luoghi più disparati e nessuno si assumeva le responsabilità politiche ed amministrative di demolire o acquisire al patrimonio comunale i manufatti posti sotto sequestro amministrativo, come previsto dalla suddetta legge».
«Nel contempo - dice - si continuava a costruire nell'attesa di un altro condono che avvenne nel 1995. Intanto alcuni cittadini, uomini e donne, in stato di gravidanza, varcavano le mura del penitenziario. Mi soffermo a questo breve periodo storico del quale anch'io sono stato una vittima di quel sistema parassitario. Fui preso di mira e mi additarono come "il Re degli abusivi" mentre ero proprio io a chiedere la demolizione dei manufatti costruiti abusivamente. Intanto proponevo sempre di adottare la legge nr. 40/86 sui piani di recupero e la legge sulla previsione ed adozione dei piani regolatori (legge nr. 56/80 e nr. 167). Nessuno voleva vedere la luce e tutti si nascondevano nel buio e brancolavano nell'assoluto silenzio. Tutti attendevano e nessuno si muoveva. Si aspettava una pioggia di piena estate per dissetare i campi, riempire i pozzi ed allontanare l'incubo della peste. Non v'è ignoranza più grave che quella di reputarci sapienti e in possesso della verità».
«Chi si addice a tale comportamento - conclude - si impersona nel nostro Dio. Coloro che si accingono a trattare affari politici devono possedere l'arte del buon governare cioè la scienza del bene. I politici sono coloro che possiedono una certa empirica abilità di governo. Non coloro che nel reggere le sorti dello Stato si ispirano a quella legge del giusto e del bene che vive nella coscienza come norma di vita. Meglio avere coscienza della propria ignoranza che essere ignoranti senza avere coscienza. Non tutti possono onorarsi di fregiarsi di un nome illustre come Fenarete. Chi agisce nel credere nella Giustizia non rimane inerme e restare nel ludibrio».
«Quanto accaduto nella nostra città - prosegue Santovito - è stato un fenomeno mostruoso; uno scempio urbanistico fuori da ogni regola. Chi governava gestiva ed amministrava a proprio piacimento tutto il territorio. Chi aveva stretta necessità di un'alcova non risparmiava di affrontare rischi e sacrifici economici. Non a caso, dopo il primo condono edilizio (legge 47/1985) il fenomeno abusivismo riprendeva in modo ancor più diffuso. Si costruiva nei luoghi più disparati e nessuno si assumeva le responsabilità politiche ed amministrative di demolire o acquisire al patrimonio comunale i manufatti posti sotto sequestro amministrativo, come previsto dalla suddetta legge».
«Nel contempo - dice - si continuava a costruire nell'attesa di un altro condono che avvenne nel 1995. Intanto alcuni cittadini, uomini e donne, in stato di gravidanza, varcavano le mura del penitenziario. Mi soffermo a questo breve periodo storico del quale anch'io sono stato una vittima di quel sistema parassitario. Fui preso di mira e mi additarono come "il Re degli abusivi" mentre ero proprio io a chiedere la demolizione dei manufatti costruiti abusivamente. Intanto proponevo sempre di adottare la legge nr. 40/86 sui piani di recupero e la legge sulla previsione ed adozione dei piani regolatori (legge nr. 56/80 e nr. 167). Nessuno voleva vedere la luce e tutti si nascondevano nel buio e brancolavano nell'assoluto silenzio. Tutti attendevano e nessuno si muoveva. Si aspettava una pioggia di piena estate per dissetare i campi, riempire i pozzi ed allontanare l'incubo della peste. Non v'è ignoranza più grave che quella di reputarci sapienti e in possesso della verità».
«Chi si addice a tale comportamento - conclude - si impersona nel nostro Dio. Coloro che si accingono a trattare affari politici devono possedere l'arte del buon governare cioè la scienza del bene. I politici sono coloro che possiedono una certa empirica abilità di governo. Non coloro che nel reggere le sorti dello Stato si ispirano a quella legge del giusto e del bene che vive nella coscienza come norma di vita. Meglio avere coscienza della propria ignoranza che essere ignoranti senza avere coscienza. Non tutti possono onorarsi di fregiarsi di un nome illustre come Fenarete. Chi agisce nel credere nella Giustizia non rimane inerme e restare nel ludibrio».