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Religioni

"Al servizio dell'umanità": le parole di Don Geremia Acri

Gli auguri di buona Pasqua dai volontari di Casa Accoglienza di Andria

Ecco il messaggio pasquale di Don Geremia Acri e dei volontari di Casa Accoglienza:

«Vicini alla Pasqua guardiamo con meraviglia al gesto di Gesù mentre lava i piedi ai suoi discepoli, gesto riservato agli schiavi. L'amore di Dio che da ricco si è fatto povero e uomo, non conosce barriere e limiti e mentre si inginocchia mostra tangibilmente cosa significa servire l'uomo. È il Signore stesso che, parlando, di sé dice: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire". In queste essenziali parole del "Rabbì" sono racchiuse alcune accortezze che coinvolgono e tracciano la "vera" strada del servizio. Servire "è una dimensione dell'intera esistenza", non una briciola, o un attimo del nostro tempo o del nostro agire. Il servizio coinvolge la persona, non solamente le sue azioni. Il servire non si ferma, unicamente, alle modalità concrete, ma dovrebbe interessare la totalità del nostro modo di pensare, di considerare e di ragionare. Il comportamento del farsi servire contrasta con il servire. Nelle parole del Maestro c'è un "ma" ("…non è venuto per essere servito, ma per servire"). I due comportamenti non possono "con-vivere" e tentare di farlo è pura illusione: l'una dominerà sempre l'altra, se si è egoisti, lo si è sempre e ovunque. Servire significa, praticamente, vivere sentendosi custode e responsabile dell'altro. La responsabilità nei confronti del prossimo-dell'altro non è solo questione di generosità, ma sguardo accorto e accurato, capace di vedere, di sentire e di capire, come lo sguardo del "buon samaritano" che si è accorto del ferito, non è passato oltre ma si è fermato. "Servire e Accogliere" due azioni che indicano quel vedere " che va oltre le apparenze", che si accorge, si preoccupa e si occupa, si sente coinvolto e responsabile. Sarebbe meraviglio se questi due verbi fossero, accolti e magari trasformati in programma 'politico' dai tanti Amministratori, alle cui mani, intelligenza e sapienza è affidato il compito di costruire percorsi di risurrezione per le nostre Città e Paese. Città per la quali oggi possiamo intonare il lamento di Dio per la sua Vigna: "Aspettavo giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendevo rettitudine ed ecco grida di oppressi". (cfr. Isaia 5). E ancora: " Perché hai aperto brecce nella sua cinta e ne fa vendemmia ogni passante? La devasta il cinghiale del bosco e vi pascolano le bestie della campagna". (cfr. salmo 79). Parole forti non per cedere a geremiadi lamentazioni, ma per provocare una scossa nelle coscienze, per uscire dal torpore di una politica smarrita e ricordare che si è amministratori non di sé e dei propri interessi, ma del bene di un'intera comunità che da tempo vorrebbe ascoltare da chi la governa parole come queste: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata" (Isaia, 62,4). La Pasqua ci faccia riscoprire la bellezza e la grandezza del servizio e, soprattutto per quanti hanno responsabilità (pubbliche, politiche, ecclesiali, dirigenziali) e che hanno deciso di mettersi al "servizio del bene comune e di tutti", diventi evento che trasformi ogni 'comportamento' di potere in servizio. Perché l'unico potere che Dio ha affidato all'uomo è servire è essere Ministri (ministro: dal latino minister -stri "servitore", minor agg., minus avv. "minore, meno"). Buona Pasqua!».
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