Commento
16 marzo 1978, l'eccidio di via Fani ed il rapimento di Aldo Moro
La commemorazione dell'avv. Giovanna Bruno, Presidente “Centro Studi Aldo Moro” Bat
BAT - venerdì 16 marzo 2018
"...se mi chiedete fra qualche tempo che cosa accadrà, io dico: può esservi qualche cosa di nuovo. Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo; ma, cari amici, non è possibile: oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà".
Sono le parole di Aldo Moro, pronunciate il 28 febbraio del 1978, durante il suo ultimo discorso politico ai gruppi parlamentari riuniti di Camera e Senato della Democrazia Cristiana, di cui era Presidente.
L' avv. Giovanna Bruno, Presidente del "Centro Studi Aldo Moro" Bat, ricorda questo triste giorno della storia dell'Italia Repubblicana.
"Di lì a pochi giorni, intorno alle ore 9.00 del 16 marzo 1978, la strage di via Fani: 3 poliziotti e 2 carabinieri barbaramente trucidati da un commando delle BR. Erano gli uomini della scorta del grande statista, rapito e tenuto prigioniero per 55 giorni, in quella che i terroristi chiamavano la "prigione del popolo".
Ogni anno, direi ogni momento della vita democratica del nostro Paese, dovremmo ricordare. E non già o non solo perché parliamo di storia, ma maggiormente perché questa storia è ancora tutta aperta, è corrente, come se quella vicenda e il suo triste epilogo non avessero mai avuto fine.
Si tratta di una tragedia privata (quella delle famiglie delle vittime e di Moro) che si intreccia inesorabilmente con una tragedia pubblica: cioè la violenza esercitata sulla nostra democrazia, che da quel momento non ha più conosciuto pace. Restando incompiuta.
Come sarebbe stata l'Italia oggi se non ci fosse stato quell'evento non è dato saperlo né possiamo immaginarlo: ma sappiamo per certo come è l'Italia oggi, con la sua crisi valoriale, morale, economica, partitica, sociale, umana.
Una crisi che non è nuova, si badi bene, ma dalla quale da quel 1978 sembra non essere mai usciti.
Con una aggravante: la democrazia di oggi è priva di uomini dello spessore di Aldo Moro, è priva di lungimiranza, è svuotata dei suoi contenuti tipici basati sul confronto e non sulla sopraffazione, sulla costruzione e non sulla distruzione.
In questi 40 anni tante, troppe volte si è parlato del "caso Moro", con tutto il suo carico di ombre, di sospetti, di misteri irrisolti, di verità scoperte e non dette o di verità ancora da scoprire.
Un po' meno siamo abituati a parlare di Aldo Moro politico, del suo modo di concepire la politica come intelligenza degli avvenimenti, come capacità di preparare il futuro senza sfuggire le difficoltà del presente.
Proprio per questo motivo ho pensato di partire da quel passaggio del discorso di Moro ai gruppi parlamentari: perché in quelle parole c'è tutto il senso di chi sente la responsabilità di interpretare i segni dei tempi, di dare delle dritte, di immaginare ed incarnare degli scenari. Con coerenza e credibilità. La credibilità...ve n'è ancora in questo nostro tempo?
Chi è che non veda nel pensiero moroteo una grandissima attualità con la storia politica di questi giorni? Dove sta andando il nostro Paese? L'esito delle recenti elezioni ha di certo sancito una rivoluzione politica che era già abbondantemente in atto, un sommovimento profondo che getta semi di smarrimento profondo da un lato e per certi versi di speranza viva dall'altro.
Ci sono, in questo tempo che ci è dato da vivere, uomini delle istituzioni capaci di far luce in questi avvenimenti? Di mettere da parte i posizionamenti personali, le rivendicazioni di bandiera, le aspirazioni sia pur legittime, per mettere al centro la Comunità, le persone, gli uomini, il Paese reale? Di farlo nel rispetto di quanto il popolo ha sancito nelle urne?
Ci sono rappresentanti capaci di superare il linguaggio degli slogan e di arrivare dritti alla soluzione delle problematiche sollevate in campagna elettorale?
Il popolo si è espresso e non può essere giudicato. Ma guidato sì, questo è obbligo di tutti, nessuno escluso e ciascuno per ciò che gli sarà dato di fare.
Non so quale sarà l'esito del dilemma di oggi: auspico che a prevalere siano le forze sane, quelle pensanti, quelle che studiano, che approfondiscono, che si sacrificano e che servono il bene comune.
E' alla luce di questo quadro e dei suoi scenari incerti, che emerge prepotentemente la mancanza di uomini come Aldo Moro, emerge la nostalgia di una concezione della politica che non parte dai disegni personali di potere ma da una più alta coscienza storica. Dal compito che la storia ci assegna qui e ora, nell'assolvere il quale sta la grandezza e la moralità della politica.
Buon lavoro, Italia. Coraggio!"
Sono le parole di Aldo Moro, pronunciate il 28 febbraio del 1978, durante il suo ultimo discorso politico ai gruppi parlamentari riuniti di Camera e Senato della Democrazia Cristiana, di cui era Presidente.
L' avv. Giovanna Bruno, Presidente del "Centro Studi Aldo Moro" Bat, ricorda questo triste giorno della storia dell'Italia Repubblicana.
"Di lì a pochi giorni, intorno alle ore 9.00 del 16 marzo 1978, la strage di via Fani: 3 poliziotti e 2 carabinieri barbaramente trucidati da un commando delle BR. Erano gli uomini della scorta del grande statista, rapito e tenuto prigioniero per 55 giorni, in quella che i terroristi chiamavano la "prigione del popolo".
Ogni anno, direi ogni momento della vita democratica del nostro Paese, dovremmo ricordare. E non già o non solo perché parliamo di storia, ma maggiormente perché questa storia è ancora tutta aperta, è corrente, come se quella vicenda e il suo triste epilogo non avessero mai avuto fine.
Si tratta di una tragedia privata (quella delle famiglie delle vittime e di Moro) che si intreccia inesorabilmente con una tragedia pubblica: cioè la violenza esercitata sulla nostra democrazia, che da quel momento non ha più conosciuto pace. Restando incompiuta.
Come sarebbe stata l'Italia oggi se non ci fosse stato quell'evento non è dato saperlo né possiamo immaginarlo: ma sappiamo per certo come è l'Italia oggi, con la sua crisi valoriale, morale, economica, partitica, sociale, umana.
Una crisi che non è nuova, si badi bene, ma dalla quale da quel 1978 sembra non essere mai usciti.
Con una aggravante: la democrazia di oggi è priva di uomini dello spessore di Aldo Moro, è priva di lungimiranza, è svuotata dei suoi contenuti tipici basati sul confronto e non sulla sopraffazione, sulla costruzione e non sulla distruzione.
In questi 40 anni tante, troppe volte si è parlato del "caso Moro", con tutto il suo carico di ombre, di sospetti, di misteri irrisolti, di verità scoperte e non dette o di verità ancora da scoprire.
Un po' meno siamo abituati a parlare di Aldo Moro politico, del suo modo di concepire la politica come intelligenza degli avvenimenti, come capacità di preparare il futuro senza sfuggire le difficoltà del presente.
Proprio per questo motivo ho pensato di partire da quel passaggio del discorso di Moro ai gruppi parlamentari: perché in quelle parole c'è tutto il senso di chi sente la responsabilità di interpretare i segni dei tempi, di dare delle dritte, di immaginare ed incarnare degli scenari. Con coerenza e credibilità. La credibilità...ve n'è ancora in questo nostro tempo?
Chi è che non veda nel pensiero moroteo una grandissima attualità con la storia politica di questi giorni? Dove sta andando il nostro Paese? L'esito delle recenti elezioni ha di certo sancito una rivoluzione politica che era già abbondantemente in atto, un sommovimento profondo che getta semi di smarrimento profondo da un lato e per certi versi di speranza viva dall'altro.
Ci sono, in questo tempo che ci è dato da vivere, uomini delle istituzioni capaci di far luce in questi avvenimenti? Di mettere da parte i posizionamenti personali, le rivendicazioni di bandiera, le aspirazioni sia pur legittime, per mettere al centro la Comunità, le persone, gli uomini, il Paese reale? Di farlo nel rispetto di quanto il popolo ha sancito nelle urne?
Ci sono rappresentanti capaci di superare il linguaggio degli slogan e di arrivare dritti alla soluzione delle problematiche sollevate in campagna elettorale?
Il popolo si è espresso e non può essere giudicato. Ma guidato sì, questo è obbligo di tutti, nessuno escluso e ciascuno per ciò che gli sarà dato di fare.
Non so quale sarà l'esito del dilemma di oggi: auspico che a prevalere siano le forze sane, quelle pensanti, quelle che studiano, che approfondiscono, che si sacrificano e che servono il bene comune.
E' alla luce di questo quadro e dei suoi scenari incerti, che emerge prepotentemente la mancanza di uomini come Aldo Moro, emerge la nostalgia di una concezione della politica che non parte dai disegni personali di potere ma da una più alta coscienza storica. Dal compito che la storia ci assegna qui e ora, nell'assolvere il quale sta la grandezza e la moralità della politica.
Buon lavoro, Italia. Coraggio!"