Una tomba cimiteriale contestata: Niccolò Montenegro
Una diatriba tra il governo piemontese e la diocesi, per la sepoltura di questo eroe mazziniano
martedì 28 novembre 2017
La quinta puntata dei preziosi appunti che l'architetto Vincenzo Zito ha offerto ai lettori di AndriaViva riguarda una storia anch'essa particolare e ai più sconosciuta. Una diatriba sorta tra il governo piemontese e la diocesi di Andria, circa la sepoltura di un eroe mazziniano, Niccolò Montenegro:
"Figlio di Giuseppe, esattore della fondiaria e fervente oppositore del regime borbonico, Niccolò Montenegro nacque in Andria il 20 marzo 1839. Mandato a studiare giurisprudenza a Napoli aderì al movimento mazziniano e, successivamente, prese parte alla spedizione dei Mille nel corpo dei volontari guidato dal concittadino Federico Priorelli. Dopo l'Unità svolse un'intensa attività pubblicistica a carattere politico liberale. A Barletta nel 1875 fondò La Giovine Italia, giornale popolare educativo. Morì a Brindisi il 12 maggio 1879 ma l'atto di morte è stato redatto in Andria il giorno successivo, dove il suo cadavere fu subito trasportato per la sepoltura.
Non appena si diffuse la notizia della sua sepoltura nel cimitero di Andria, il parroco di S. Domenico si premurò di segnalare al sindaco D. Riccardo Marchio come "il defunto Nicola Montenegro fino alle ultime ore di sua vita, con piena coscienza ha rifiutato appartenere alla nostra Sacrosanta Religione Cattolica" e che pertanto non avrebbe potuto avere sepoltura nel camposanto.
Alla nota del parroco fece seguito una lettera del vicario del vescovo il quale, preso atto che il Montenegro era stato nel frattempo sepolto, chiedeva al sindaco di disotterrare il suo cadavere per spostarlo nell'attiguo cimitero dei neonati senza battesimo, degli impenitenti e delle persone di altra credenza.
Della questione fu interessato anche il sottoprefetto di Barletta. I tempi però erano cambiati: al governo borbonico, che riconosceva la religione cattolica come religione di stato, era succeduto il governo piemontese che, dopo aver confiscato i beni degli ordini religiosi, con la presa di Roma era entrato in rotta di collisione col papa, il quale si era dichiarato prigioniero degli italiani.
Il sindaco, quindi, rispose al vescovo che il cimitero era di proprietà del municipio e che a norma di legge la competenza in materia di sepoltura apparteneva all'Autorità Civile. Successivamente il sottoprefetto di Barletta, venuto a conoscenza della questione e che il vescovo aveva interdetto la cappella comunale, in una lettera al sindaco confermava l'esclusiva competenza dell'Autorità Municipale precisando che, in caso di future indebite ingerenze, si dovrebbe farne denunzia al potere Giudiziario per il procedimento di legge.
Così la vicenda si concluse con la concessione perpetua di un suolo comunale ubicato, forse di proposito, proprio nei pressi della cappella comunale, nel quale fu sepolto Niccolò Montenegro. Sulla sua tomba fu eretto il monumento funebre tutt'ora esistente".
"Figlio di Giuseppe, esattore della fondiaria e fervente oppositore del regime borbonico, Niccolò Montenegro nacque in Andria il 20 marzo 1839. Mandato a studiare giurisprudenza a Napoli aderì al movimento mazziniano e, successivamente, prese parte alla spedizione dei Mille nel corpo dei volontari guidato dal concittadino Federico Priorelli. Dopo l'Unità svolse un'intensa attività pubblicistica a carattere politico liberale. A Barletta nel 1875 fondò La Giovine Italia, giornale popolare educativo. Morì a Brindisi il 12 maggio 1879 ma l'atto di morte è stato redatto in Andria il giorno successivo, dove il suo cadavere fu subito trasportato per la sepoltura.
Non appena si diffuse la notizia della sua sepoltura nel cimitero di Andria, il parroco di S. Domenico si premurò di segnalare al sindaco D. Riccardo Marchio come "il defunto Nicola Montenegro fino alle ultime ore di sua vita, con piena coscienza ha rifiutato appartenere alla nostra Sacrosanta Religione Cattolica" e che pertanto non avrebbe potuto avere sepoltura nel camposanto.
Alla nota del parroco fece seguito una lettera del vicario del vescovo il quale, preso atto che il Montenegro era stato nel frattempo sepolto, chiedeva al sindaco di disotterrare il suo cadavere per spostarlo nell'attiguo cimitero dei neonati senza battesimo, degli impenitenti e delle persone di altra credenza.
Della questione fu interessato anche il sottoprefetto di Barletta. I tempi però erano cambiati: al governo borbonico, che riconosceva la religione cattolica come religione di stato, era succeduto il governo piemontese che, dopo aver confiscato i beni degli ordini religiosi, con la presa di Roma era entrato in rotta di collisione col papa, il quale si era dichiarato prigioniero degli italiani.
Il sindaco, quindi, rispose al vescovo che il cimitero era di proprietà del municipio e che a norma di legge la competenza in materia di sepoltura apparteneva all'Autorità Civile. Successivamente il sottoprefetto di Barletta, venuto a conoscenza della questione e che il vescovo aveva interdetto la cappella comunale, in una lettera al sindaco confermava l'esclusiva competenza dell'Autorità Municipale precisando che, in caso di future indebite ingerenze, si dovrebbe farne denunzia al potere Giudiziario per il procedimento di legge.
Così la vicenda si concluse con la concessione perpetua di un suolo comunale ubicato, forse di proposito, proprio nei pressi della cappella comunale, nel quale fu sepolto Niccolò Montenegro. Sulla sua tomba fu eretto il monumento funebre tutt'ora esistente".