Un viaggio nel mondo della scenografia: intervista al giovane andriese Riccardo Sgaramella
Laureato in Scenografia alla NABA di Milano, l’artista 23enne vanta importanti collaborazioni con professionisti di fama internazionale
sabato 30 gennaio 2021
5.08
L'arte della scenografia, come è noto, insieme alle musiche e alle coreografie è uno degli elementi essenziali di uno spettacolo e questo sin dai tempi della tragedia greca. Un'attività che ha incuriosito fin dalla più tenera età il 23enne andriese Riccardo Sgaramella che, grazie alla sua spiccata sensibilità artistica e all'acquisizione di competenze tecniche molto dettagliate, l'ha trasformata in un vera e propria professione.
Laureato in Scenografia alla NABA di Milano, ha eseguito uno stage nel settore "Regia" del Teatro alla Scala di Milano seguendo le produzioni "Idomeneo" di Mozart e il Dittico di Salieri/Puccini di cui faceva parte l'opera "Gianni Schicchi" per la regia di Woody Allen. Mentre l'anno scorso ha svolto uno stage per l'opera "Tosca" per poi lavorare come assistente regia per lo show del World Economy Congress, a Dubai dove ha collaborato con grandi professionisti internazionali.
Riccardo Sgaramella ci porta dietro le quinte per farci conoscere il suo lavoro, raccontandoci alcuni momenti salienti del suo percorso formativo: da quando ha mosso i suoi primi passi nel mondo della scenografia fino al giorno in cui si è affacciato, per la prima volta, sulle assi del palcoscenico della Scala di Milano, nutrendosi di preziosi consigli da parte di grandi professionisti che da anni lavorano nel prestigioso teatro.
Ciao Riccardo, parlami un po' di te. Qual è stata la tua esperienza formativa?
Ho studiato pittura e scultura, poi mi sono avvicinato intorno ai 16 anni al mondo della scenografia per puro caso, da piccolo mi è sempre piaciuto il teatro e il musical, ma mai avrei pensato di poterci entrare a lavorare. Ho deciso così di studiare scenografia teatrale a Milano, ricevendo un'ottima formazione e il confronto con luoghi dove il teatro è ad alti livelli.
Nel teatro non sempre il pubblico comprende l'impegno che c'è nel realizzare spazi inerenti alla narrazione. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa attività?
Sono sempre stato curioso, mi sono sempre chiesto cosa ci fosse dietro ogni cosa che fosse inerente con l'arte, in particolar modo come fosse possibile che su palcoscenico ci fossero delle costruzione che sembravano pezzi staccati dalla vita reale e trasformati in qualcosa di magico. Ho deciso quindi di scoprire a fondo cosa nascondessero quelle meraviglie.
In che modo sei arrivato alla Scala di Milano e cosa hai provato a lavorare in uno dei teatri più prestigiosi del mondo?
Ho avuto l'opportunità di sostenere uno stage durante il terzo anno di Accademia nell'ufficio regia della Scala, un grande passo per la mia formazione e per la scoperta dell'ambito della regia. Mi hanno insegnato molto i professionisti che lavorano da anni in Scala, gli sono molto riconoscente. Cosa io abbia provato ad entrarci faccio fatica a spiegarlo, sono sempre incredulo di aver avuto questa grande opportunità. È inspiegabile, è un luogo che ti strega con la sua bellezza e la sua imponenza.
Qual è stata la collaborazione che ti ha segnato maggiormente?
Sono giovane e ancora al primo scalino della vita professionale, ma fortunatamente ho avuto già delle intense esperienze lavorative; sicuramente sono rimasto molto colpito, in senso positivo, dal lavoro per il WEC fatto a settembre 2019 ad Abu Dhabi con la regista Santambrogio.
Com'è, in genere, il rapporto scenografo/regista?
Fino ad ora ho avuto questo rapporto solo con un regista in modo diretto, il direttore artistico Riccardo Confalone della scuola Sipario di Andria, con cui ho un bellissimo rapporto e a livello lavorativo ci capiamo al volo, mi basta uno sguardo per capire che sto facendo un buon lavoro.
C'è stata una scenografia che ti ha dato particolare soddisfazione nell'idearlo?
Tra le poche ideate e realizzate, c'è quella per il musical di Tarzan che, causa COVID, è in stand-by. Spero di vederla finita in palco al più presto.
Cosa credi sia davvero importante per uno scenografo, qual è la dote migliore che possa avere? La curiosità nell'osservare tutto, delle cose più quotidiane a quelle più particolari, crearsi un bagaglio visivo.
Progetti futuri?
Qualcosa bolle in pentola, siamo sempre sul filo del rasoio a causa della situazione ma sono fiducioso che presto vedremo qualcosa realizzarsi.
Cosa ti senti di consigliare a coloro che intendono intraprendere come professione il lavoro dello scenografo?
Dico solo che la cosa importante è seguire i propri sogni, non abbattersi, e tenere sempre a fuoco l'obiettivo, a prescindere dalla professione, che sia dello scenografo o di qualsiasi altro ambito artistico.
Laureato in Scenografia alla NABA di Milano, ha eseguito uno stage nel settore "Regia" del Teatro alla Scala di Milano seguendo le produzioni "Idomeneo" di Mozart e il Dittico di Salieri/Puccini di cui faceva parte l'opera "Gianni Schicchi" per la regia di Woody Allen. Mentre l'anno scorso ha svolto uno stage per l'opera "Tosca" per poi lavorare come assistente regia per lo show del World Economy Congress, a Dubai dove ha collaborato con grandi professionisti internazionali.
Riccardo Sgaramella ci porta dietro le quinte per farci conoscere il suo lavoro, raccontandoci alcuni momenti salienti del suo percorso formativo: da quando ha mosso i suoi primi passi nel mondo della scenografia fino al giorno in cui si è affacciato, per la prima volta, sulle assi del palcoscenico della Scala di Milano, nutrendosi di preziosi consigli da parte di grandi professionisti che da anni lavorano nel prestigioso teatro.
Ciao Riccardo, parlami un po' di te. Qual è stata la tua esperienza formativa?
Ho studiato pittura e scultura, poi mi sono avvicinato intorno ai 16 anni al mondo della scenografia per puro caso, da piccolo mi è sempre piaciuto il teatro e il musical, ma mai avrei pensato di poterci entrare a lavorare. Ho deciso così di studiare scenografia teatrale a Milano, ricevendo un'ottima formazione e il confronto con luoghi dove il teatro è ad alti livelli.
Nel teatro non sempre il pubblico comprende l'impegno che c'è nel realizzare spazi inerenti alla narrazione. Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa attività?
Sono sempre stato curioso, mi sono sempre chiesto cosa ci fosse dietro ogni cosa che fosse inerente con l'arte, in particolar modo come fosse possibile che su palcoscenico ci fossero delle costruzione che sembravano pezzi staccati dalla vita reale e trasformati in qualcosa di magico. Ho deciso quindi di scoprire a fondo cosa nascondessero quelle meraviglie.
In che modo sei arrivato alla Scala di Milano e cosa hai provato a lavorare in uno dei teatri più prestigiosi del mondo?
Ho avuto l'opportunità di sostenere uno stage durante il terzo anno di Accademia nell'ufficio regia della Scala, un grande passo per la mia formazione e per la scoperta dell'ambito della regia. Mi hanno insegnato molto i professionisti che lavorano da anni in Scala, gli sono molto riconoscente. Cosa io abbia provato ad entrarci faccio fatica a spiegarlo, sono sempre incredulo di aver avuto questa grande opportunità. È inspiegabile, è un luogo che ti strega con la sua bellezza e la sua imponenza.
Qual è stata la collaborazione che ti ha segnato maggiormente?
Sono giovane e ancora al primo scalino della vita professionale, ma fortunatamente ho avuto già delle intense esperienze lavorative; sicuramente sono rimasto molto colpito, in senso positivo, dal lavoro per il WEC fatto a settembre 2019 ad Abu Dhabi con la regista Santambrogio.
Com'è, in genere, il rapporto scenografo/regista?
Fino ad ora ho avuto questo rapporto solo con un regista in modo diretto, il direttore artistico Riccardo Confalone della scuola Sipario di Andria, con cui ho un bellissimo rapporto e a livello lavorativo ci capiamo al volo, mi basta uno sguardo per capire che sto facendo un buon lavoro.
C'è stata una scenografia che ti ha dato particolare soddisfazione nell'idearlo?
Tra le poche ideate e realizzate, c'è quella per il musical di Tarzan che, causa COVID, è in stand-by. Spero di vederla finita in palco al più presto.
Cosa credi sia davvero importante per uno scenografo, qual è la dote migliore che possa avere? La curiosità nell'osservare tutto, delle cose più quotidiane a quelle più particolari, crearsi un bagaglio visivo.
Progetti futuri?
Qualcosa bolle in pentola, siamo sempre sul filo del rasoio a causa della situazione ma sono fiducioso che presto vedremo qualcosa realizzarsi.
Cosa ti senti di consigliare a coloro che intendono intraprendere come professione il lavoro dello scenografo?
Dico solo che la cosa importante è seguire i propri sogni, non abbattersi, e tenere sempre a fuoco l'obiettivo, a prescindere dalla professione, che sia dello scenografo o di qualsiasi altro ambito artistico.