Un tirocinio universitario presso la Comunità “Senza Sbarre” a Castel del Monte

Una studentessa di Sociologia e Criminologia all’ Università degli Studi “G. D’Annunzio” ha narrato questa esperienza

giovedì 29 agosto 2024 14.52
Uno studio tra gli ultimi, quello che ha svolto Maraya Musti, studentessa di Sociologia e Criminologia all' Università degli Studi "G. D'Annunzio" Chieti-Pescara. Ha effettuato il suo tirocinio curricolare presso la Comunità San Vittore, con il progetto diocesano "Senza Sbarre". Maraya non solo ha vissuto una esperienza senza uguali, ma ha voluto raccontarcela attraverso le sue emozioni.

"…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato"
Questo è uno stralcio dell' articolo 27 della nostra Costituzione, ed è proprio su questo concetto, sulla spiritualità e sulla provvidenza, che la Comunità San Vittore pone le sue radici.
Io sono convinta che il mio approccio a questa esperienza è stato frutto del destino. Stavo attraversando un periodo difficile della mia vita, sotto vari punti di vista, anche per la scelta dell' ente in cui svolgere le ore di tirocinio previste.
Una di quelle mattine, faccio un altro tentativo nel controllare la lista degli enti convenzionati con la mia università e per la prima volta noto "Associazione Amici di San Vittore" e paradossalmente, pur avendo sede nella mia città natale, non ero molto informata su questa realtà.
Da lì inizia a balenarmi in mente l'idea di provare a fare un tentativo e contattare Don Riccardo Agresti per avere delle informazioni in più.
Mi si apre un mondo, la mia mente inizia ad essere confusa ed eccitata al solo pensiero di poter vivere un'esperienza simile, ma allo stesso tempo ero pronta a mettermi in gioco in questa nuova avventura.
Il mio tirocinio inizia a marzo, conosco la dott.ssa Francesca Di Ciommo, assistente sociale della comunità: lei mi ha preso per mano e mi ha guidato in tutto questo percorso. Grazie a lei sono cresciuta molto, sia caratterialmente che professionalmente, la sua tenacia e i suoi modi di fare e di affrontare tutto ciò che accade nella comunità sono stati fonte d'ispirazione.
Ho iniziato a conoscere i ragazzi e le loro storie di vita, ho avuto modo interfacciarmi con loro e conoscerli a fondo, senza pregiudizi ed entrando in punta di piedi nella loro quotidianità. In Masseria si respira libertà e armonia ogni giorno, questa per me è la corretta rappresentazione di "pena rieducativa". I ragazzi si impegnano quotidianamente per riscattare le loro vite, lavorando e facendo un percorso interiore di revisione critica del loro passato, per poter capire e rendersi conto dei loro sbagli e per poter lasciarli indietro, mentre loro andranno avanti, sempre di più fino ad acquisire consapevolezza di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Il pilastro fondamentale di questa realtà è Don Riccardo Agresti, colui che ci ha creduto sin dall'inizio al progetto diocesano "Senza Sbarre" e ha dato vita alla comunità, pur di dare una possibilità di riscatto a questi ragazzi. Don Riccardo, con la sua personalità e la sua dedizione, si impegna ogni giorno della sua vita per guidare spiritualmente ed essere di supporto a coloro che ne hanno bisogno. Avendo vissuto sulla mia pelle la quotidianità della comunità, posso affermare che l'operato di Don Riccardo non è scontato e non è affatto facile, lui si presta in tutte le mansioni necessarie che ruotano attorno a questa realtà, dal punto di vista lavorativo, organizzativo, rieducativo e non solo.
Altro simbolo di dedizione e impegno sono Nunzia e Marilena, che con la loro passione affiancano l'ambito di produzione di taralli insieme agli utenti e hanno sempre avuto una parola di supporto e interesse nei miei confronti in questi mesi.
Al termine di questo percorso ne esco più ricca, ho acquisito la capacità di saper scindere l'anima della gente dal loro operato, sono diventata più consapevole del mio percorso accademico e capace di affrontare diverse situazioni che non credevo di saper gestire.
A volte basta solo mettersi nei panni dell'altro per accrescere i propri orizzonti.