Studenti alla scoperta dell'industria agro-alimentare con il giornalista Stefano Liberti

L'autore ha presentato il suo ultimo libro, "I signori del cibo", presso l'Istituto Tecnico Agrario "Riccardo Lotti-Umberto I"

mercoledì 20 dicembre 2017 1.44
A cura di Antonio D'Oria
"Non c'è nulla di locale, niente di fresco: tutto viene da decine di migliaia di chilometri di distanza. Penso che questi baracchini polverosi straboccanti di scatolette, casse e sacchi d'importazione sono l'immagine più vivida e brutale di quello che sto cercando di ricostruire con i miei viaggi per il mondo: una specie di showroom del dominio delle aziende-locusta sull'industria del cibo. Osservo la carne gelatinosa in scatola e penso a tutta la strada che ha dovuto percorrere per arrivare qui dagli allevamenti nella pampa argentina - ammesso e non concesso che la materia prima venga da lì. Guardo i cereali tedeschi e m'immagino che sono fatti di mais probabilmente proveniente dagli Stati Uniti, arrivato al porto di Rotterdam, ritrasformato e ricaricato su un altro cargo diretto verso l'Africa subsahariana".

Presenta così il suo ultimo libro "I signori del cibo - Viaggio nell'industria alimentare che sta distruggendo il pianeta" (Minimum Fax) il giornalista Stefano Liberti, ospite dell'Istituto Tecnico Agrario "Riccardo Lotti-Umberto I" nella mattinata di lunedì 18 dicembre; l'incontro si è svolto nell'auditorium dell'Istituto ed è stato organizzato in collaborazione con la libreria SonicArt di Corato e con la docenza dell'Istituto. Alla presenza di professori e studenti, con i quali ha intrattenuto un ricco e significativo dibattito, Stefano Liberti ha esposto gli interessanti dettagli del suo ultimo lavoro, un reportage che segue la filiera di quattro prodotti alimentari – la carne di maiale, la soia, il tonno in scatola e il pomodoro concentrato – per osservare cosa accade in un settore divorato dall'aggressività della finanza che ha deciso di trasformare il pianeta in un gigantesco pasto. Si tratta di un'indagine globale durata due anni, dall'Amazzonia brasiliana dove le sconfinate monoculture di soia stanno distruggendo la più grande fabbrica di biodiversità della Terra ai mega-pescherecci che setacciano e saccheggiano gli oceani per garantire scatolette di tonno sempre più economiche, dagli allevamenti industriali di suini negli Stati Uniti a un futuristico mattatoio cinese, fino alle campagne della Puglia, dove i lavoratori ghanesi raccolgono i pomodori che prima coltivavano nelle loro terre in Africa. Un'inchiesta che fa luce sui giochi di potere che regolano il mercato del cibo, dominato da pochi colossali attori sempre più intenzionati a controllare ciò che mangiamo e a macinare profitti monumentali. In tutto questo, uno sguardo al futuro: secondo previsioni dell'Onu, nel 2050 saremo 9 miliardi di persone sulla Terra. Come ci sfameremo, se le risorse sono sempre più scarse e gli abitanti di paesi iperpopolati come la Cina stanno repentinamente cambiando abitudini alimentari? La finanza globale, insieme alle multinazionali del cibo, ha fiutato l'affare: l'overpopulation business.

Senza dubbio si è trattato di un incontro fruttuoso per studenti che stanno intraprendendo un percorso nel settore tecnico-agrario, molti dei quali provenienti da famiglie di imprenditori agricoli e desiderosi di lavorare la terra. L'occasione si è rivelata dunque un'esperienza di crescita per questi ragazzi che hanno ripercorso, assieme all'autore, un viaggio nell'industria agro-alimentare, all'interno della quale si assiste ad una "guerra" all'abbassamento dei prezzi sul cibo. Bisognerebbe invece, come più volte sottolineato dagli studenti nel corso del dibattito, tornare a spendere di più sul cibo, ma con la consapevolezza di una qualità migliore. In virtù di questa battaglia al sottocosto, il giornalista Liberti si sofferma sulla considerazione odierna del cibo come "merce", dunque non più connotato per il suo valore primario di nutrimento. In riferimento al consumatore, si tende soprattutto a sottovalutare l'imprescindibile legame tra il cibo e la salute, e così quasi nessuno si accerta della provenienza reale dei prodotti che acquistiamo. Per Liberti è dunque necessaria una consapevolezza unita all'informazione, la sola che ci consente di riflettere sul concetto di cibo come merce. L'autore ha altresì mostrato ai presenti un video molto significativo intitolato "The Meatrix" (visibile in basso).
Al termine dell'incontro, il momento delle firme da parte dell'autore sulle copie del suo libro in possesso degli studenti.

Note biografiche sull'autore
Stefano Liberti (Roma, 6 settembre 1974) è un giornalista e scrittore italiano. Ex giornalista de il manifesto, ha pubblicato i suoi reportage su diverse riviste italiane (Geo, L'Espresso, Ventiquattro) ed estere (El País semanal, Le Monde diplomatique). Nel 2004 ha pubblicato insieme a Tiziana Barrucci, Lo Stivale meticcio - L'immigrazione in Italia oggi per i tipi di Carocci Editore. Nel 2007 è stato il primo giornalista a incontrare i tre tecnici Eni ostaggi del Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger (Mend) in Nigeria. Li ha intervistati e diffuso sul TG1 un video in cui lamentavano di essere stati abbandonati. Nel 2007 ha vinto il Premio Luchetta come miglior giornalista italiano sezione Quotidiani e periodici. Nel 2009 ha vinto il premio Indro Montanelli per la scrittura con il libro "A sud di Lampedusa", in cui raccontava i suoi cinque anni di viaggio sulle rotte dei migranti dall'Africa all'Europa. Nel 2010 ha vinto il premio L'Anello Debole con il reportage "L'inferno dei bimbi stregoni", girato a Kinshasa nel maggio 2009 che racconta il fenomeno dei bambini accusati di stregoneria e abbandonati dalle famiglie. Nel 2011, ha pubblicato per Minimum fax il libro "Land grabbing", sull'accaparramento delle terre su scala mondiale. Il libro è diventato un caso ed è stato tradotto in tedesco, francese, inglese e spagnolo. Sempre in quell'anno, ha seguito le varie fasi della guerra in Libia e, insieme a una troupe della CNN e ai due colleghi Gabriele Del Grande e Alfredo Bini, è stato il primo giornalista a entrare nella città di Misurata sotto assedio. Come regista ha lavorato tra il 2007 e il 2008 al programma televisivo C'era una volta di Rai 3. Nel 2012 ha realizzato insieme ad Andrea Segre il documentario "Mare chiuso".