Sindaco Bruno ricorda l'eccidio delle Sorelle Porro
“Il 7 marzo facciamo memoria della follia umana"
venerdì 8 marzo 2024
5.03
Il Sindaco Giovanna Bruno, ieri 7 marzo, in occasione della ricorrenza dell'eccidio delle Sorelle Porro ha voluto deporre una corona di fiori alla memoria di queste due innocenti vittime della libertà.
Il 7 marzo del 1946 un episodio di inaudita e feroce violenza macchiò Andria e la sua storia per sempre. Nello scenario di un secondo dopoguerra dilaniato dalla fame, dalla miseria, dalla disoccupazione, dalle gravi condizioni economiche in cui versavano i braccianti andriesi che li condussero ad una serie di rivendicazioni politiche, Luisa e Carolina Porro, colpevoli solo di appartenere ad un ceto sociale privilegiato, furono massacrate da una folla inferocita e incontrollabile dopo che si udì uno sparo proveniente dal Palazzo Porro in piazza Municipio. Era la vigilia del discorso che Giuseppe Di Vittorio avrebbe pronunciato di lì a poco sulla condizione dei braccianti disoccupati: quello sparo scatenò la ferocia della folla, percepito come un avvertimento contro le turbolenze di quei giorni. Uomini e donne trascinarono le due sorelle fuori dal Palazzo e le massacrarono. Un eccidio in piena regola, con corpi vituperati e trascinati per un giorno intero, per finire esanimi lungo via Bovio e che solo la pietà umana l'8 marzo fece condurre al Cimitero.
In Tribunale, davanti al giudice, le sorelle sopravvissute, Stefania e Vincenza, assistite dall'Avv. Onofrio Jannuzzi, Senatore della Repubblica e Sindaco di Andria, dichiararono di non riconoscere alcun imputato perché avevano già perdonato.
«Vogliamo fare memoria questa mattina di una pagina di storia che non è molto lontana nel tempo – ha commentato il sindaco Giovanna Bruno durante l'omaggio alle stele apposta all'esterno di Palazzo Porro – Quel 7 marzo del 1946 la città di Andria si macchiava di sangue per mano umana: era la follia della guerra, della povertà, della lotta tra le classi sociali e la famiglia Porro viveva proprio qui, di fronte a Palazzo di città dove si svolgeva l'attività politica. A noi che non abbiamo vissuto quegli anni spetta il compito di fare memoria, per sottolineare che la follia e l'incoscienza umana non sono purtroppo archiviate nei libri di storia ma sono molti frequenti e ricorrenti e dobbiamo sempre essere in grado di decifrare quando il male incalza e si impossessa delle nostre menti, portando anche morte e scompiglio. Pensiamo alle guerre intorno a noi, alla continua prevaricazione sociale, all'odio razziale ed alla violenza di genere. Tutto questo fanno gli uomini, gli stessi uomini che quel 7 marzo in una vicenda dai contorni tristi, uccisero queste donne, trascinate per terra, malmenate e ridotte in fin di vita fino all'ultimo respiro. Andria non dimentica».
Il 7 marzo del 1946 un episodio di inaudita e feroce violenza macchiò Andria e la sua storia per sempre. Nello scenario di un secondo dopoguerra dilaniato dalla fame, dalla miseria, dalla disoccupazione, dalle gravi condizioni economiche in cui versavano i braccianti andriesi che li condussero ad una serie di rivendicazioni politiche, Luisa e Carolina Porro, colpevoli solo di appartenere ad un ceto sociale privilegiato, furono massacrate da una folla inferocita e incontrollabile dopo che si udì uno sparo proveniente dal Palazzo Porro in piazza Municipio. Era la vigilia del discorso che Giuseppe Di Vittorio avrebbe pronunciato di lì a poco sulla condizione dei braccianti disoccupati: quello sparo scatenò la ferocia della folla, percepito come un avvertimento contro le turbolenze di quei giorni. Uomini e donne trascinarono le due sorelle fuori dal Palazzo e le massacrarono. Un eccidio in piena regola, con corpi vituperati e trascinati per un giorno intero, per finire esanimi lungo via Bovio e che solo la pietà umana l'8 marzo fece condurre al Cimitero.
In Tribunale, davanti al giudice, le sorelle sopravvissute, Stefania e Vincenza, assistite dall'Avv. Onofrio Jannuzzi, Senatore della Repubblica e Sindaco di Andria, dichiararono di non riconoscere alcun imputato perché avevano già perdonato.
«Vogliamo fare memoria questa mattina di una pagina di storia che non è molto lontana nel tempo – ha commentato il sindaco Giovanna Bruno durante l'omaggio alle stele apposta all'esterno di Palazzo Porro – Quel 7 marzo del 1946 la città di Andria si macchiava di sangue per mano umana: era la follia della guerra, della povertà, della lotta tra le classi sociali e la famiglia Porro viveva proprio qui, di fronte a Palazzo di città dove si svolgeva l'attività politica. A noi che non abbiamo vissuto quegli anni spetta il compito di fare memoria, per sottolineare che la follia e l'incoscienza umana non sono purtroppo archiviate nei libri di storia ma sono molti frequenti e ricorrenti e dobbiamo sempre essere in grado di decifrare quando il male incalza e si impossessa delle nostre menti, portando anche morte e scompiglio. Pensiamo alle guerre intorno a noi, alla continua prevaricazione sociale, all'odio razziale ed alla violenza di genere. Tutto questo fanno gli uomini, gli stessi uomini che quel 7 marzo in una vicenda dai contorni tristi, uccisero queste donne, trascinate per terra, malmenate e ridotte in fin di vita fino all'ultimo respiro. Andria non dimentica».