Silenzio, verde e opere d'arte: ecco il Cimitero di Andria
Realizzato nel 1839, il camposanto cittadino è uno dei più grandi della regione
giovedì 19 ottobre 2017
Qualcuno ha voluta definirla una "piccola città silenziosa dentro la città pulsante", il cimitero di Andria è uno dei camposanti più grandi dell'intera regione.
Sorto nel intorno al 1839 con vari stadi di ampliamento che parte dalla zona retrostante il "Cappellone" (Chiesa frontale l'attuale ingresso) con l'edificazione di cappelle di famiglie nobili e campi d'inumazione nella zona centrale, per poi espandersi gradualmente verso la via Macchie di Rose, oggi si estende su di una superficie totale di circa 10 ettari (100.000 mq), situato in contrada Macchie di Rose, all'estrema periferia cittadina, tra via Corato e via Santa Lucia.
Luogo ameno e triste per antonomasia ma allo stesso tempo pieno di ricordi, il cimitero è uno spazio urbano a se stante, con fabbricati, strade, verde e con tante opere d'arte.
In quello di Andria vi lavorano circa 10 unità, tra giardinieri, affossatori, amministrativi che coprono orari di apertura al pubblico sia durante il giorno che nel pomeriggio, apertura che si allunga in concomitanza del mese di novembre.
A seguito dell'editto napoleonico che prescriveva l'inumazione dei defunti in aree poste fuori alla città, solo intorno al 1839 l'Università di Andria pensò di realizzare un campo santo nell'attuale area su un progetto dell'architetto Domenico Recchia, che rilevò i lavori fino a quel momento eseguiti dall'impresa di Corrado Casiero.
Prezioso, per la ricostruzione di una parte della storia del cimitero di Andria, è il libro che l'allora giovane architetto Teresa D'Avanzo pubblicò su "Federico Santacroce, l'attività dell'Architetto fra Andria e Barletta", della Fondazione Porta Sant'Andrea.
Ebbene pochi sanno che, in quell'epoca, oltre a quel progetto, un altro imprenditore del luogo, Nicola Grossi, pensò di realizzare, su autorizzazione comunale, accanto al camposanto di Andria, un altro campo funebre destinato a raccogliere "gli eretici, i nati morti ed i pubblici impenitenti". La porta d'accesso per queste persone, fu quella che guardava verso la chiesetta di Santa Lucia.
Ebbene, se della facciata monumentale e del progetto di realizzazione di un apposita area recintata fu designato proprio l'architetto Santacroce, pochi sanno che in quel periodo furono realizzate alcune delle cappelle gentilizie che per decenni furono gli unici fabbricati presenti nel campo santo di Andria, essendo la maggior parte del popolo inumata sotto terra. Solo dopo alcuni anni dalla realizzazione del cimitero di Andria, si avviarono le prime opere edilizie per la realizzazione delle cappelle funerarie delle Arciconfraternite e Confraternite cittadine, che avevano tra i loro scopi statutari proprio quello della pietà nei confronti dei defunti.
Ma di queste e di altre notizie daremo presto altri ragguagli nel corso di successivi articoli giornalistici.
Sorto nel intorno al 1839 con vari stadi di ampliamento che parte dalla zona retrostante il "Cappellone" (Chiesa frontale l'attuale ingresso) con l'edificazione di cappelle di famiglie nobili e campi d'inumazione nella zona centrale, per poi espandersi gradualmente verso la via Macchie di Rose, oggi si estende su di una superficie totale di circa 10 ettari (100.000 mq), situato in contrada Macchie di Rose, all'estrema periferia cittadina, tra via Corato e via Santa Lucia.
Luogo ameno e triste per antonomasia ma allo stesso tempo pieno di ricordi, il cimitero è uno spazio urbano a se stante, con fabbricati, strade, verde e con tante opere d'arte.
In quello di Andria vi lavorano circa 10 unità, tra giardinieri, affossatori, amministrativi che coprono orari di apertura al pubblico sia durante il giorno che nel pomeriggio, apertura che si allunga in concomitanza del mese di novembre.
A seguito dell'editto napoleonico che prescriveva l'inumazione dei defunti in aree poste fuori alla città, solo intorno al 1839 l'Università di Andria pensò di realizzare un campo santo nell'attuale area su un progetto dell'architetto Domenico Recchia, che rilevò i lavori fino a quel momento eseguiti dall'impresa di Corrado Casiero.
Prezioso, per la ricostruzione di una parte della storia del cimitero di Andria, è il libro che l'allora giovane architetto Teresa D'Avanzo pubblicò su "Federico Santacroce, l'attività dell'Architetto fra Andria e Barletta", della Fondazione Porta Sant'Andrea.
Ebbene pochi sanno che, in quell'epoca, oltre a quel progetto, un altro imprenditore del luogo, Nicola Grossi, pensò di realizzare, su autorizzazione comunale, accanto al camposanto di Andria, un altro campo funebre destinato a raccogliere "gli eretici, i nati morti ed i pubblici impenitenti". La porta d'accesso per queste persone, fu quella che guardava verso la chiesetta di Santa Lucia.
Ebbene, se della facciata monumentale e del progetto di realizzazione di un apposita area recintata fu designato proprio l'architetto Santacroce, pochi sanno che in quel periodo furono realizzate alcune delle cappelle gentilizie che per decenni furono gli unici fabbricati presenti nel campo santo di Andria, essendo la maggior parte del popolo inumata sotto terra. Solo dopo alcuni anni dalla realizzazione del cimitero di Andria, si avviarono le prime opere edilizie per la realizzazione delle cappelle funerarie delle Arciconfraternite e Confraternite cittadine, che avevano tra i loro scopi statutari proprio quello della pietà nei confronti dei defunti.
Ma di queste e di altre notizie daremo presto altri ragguagli nel corso di successivi articoli giornalistici.